Assassinio sul Nilo: recensione del film di Kenneth Branagh
Tornano le indagini dell’investigatore Hercule Poirot dirette da Kenneth Branagh con protagonisti Gal Gadot e Armie Hammer.
Kenneth Branagh, dopo Assassinio sull’Orient Express, torna a dirigere i misteri e gli intrighi nati dalla penna di Agata Christie con Assassinio sul Nilo, tratto dal romanzo Poirot sul Nilo, che arriva nelle sale il 10 febbraio, distribuito da The Walt Disney Company Italia, con un ricco cast: oltre allo stesso Branagh nei panni del celebre investigatore Hercule Poirot, troviamo Gal Gadot, Armie Hammer, Emma Mackey, Tom Bateman, Annette Bening, Russell Brand, Ali Fazal, Dawn French, Rose Leslie, Sophie Okonedo, Jennifer Saunders e Letitia Wright.
Passione, gelosia, desiderio: i protagonisti di Assassinio sul Nilo
1937. Nel torrido Egitto, sull’affascinante Nilo, a bordo del lussuoso battello Karnak, si consuma un omicidio anticipato da funesti episodi, dai turbamenti della bellissima coppia di novelli sposi protagonista, in una luna di miele che non promette nulla di buono sin dall’inizio. Torrido come la passione che si vede in una delle prime scene del film in un nightclub dove Simon Doyle (Hammer) e Jaqueline de Bellefort (Mackey) si esibiscono in un sensuale “ballo proibito” sotto gli occhi di un attento Poirot che osserva il primo atto di una storia di amore e gelosia che entra nel vivo con l’entrata pomposa che spetta a ogni femme fatale che si rispecchi di Linnet Ridgeway (Gadot), bellissima e raffinata ereditiera. Un fascino al quale Simon non potrà resistere rompendo presto il fidanzamento con Jaqueline per sposare poco più di un mese dopo Linnet. Un duro colpo per la de Bellefort legata alla rivale da una vecchia amicizia e da un amore bruciante per Simon – “Morirò se non sposo Simon” – e che medita vendetta tormentando con la sua presenza scomoda i due sposini in luna di miele.
Citando Salome Otterbourne (Okonedo), carismatica cantante blues ospite sul Karnak, se si vuole raccontare una tragedia basta far innamorare il protagonista e il gioco è fatto, e Assassinio sul Nilo è un esempio calzante di questo assunto. Kenneth Branagh costruisce un intricato e affascinante gioco all’ultima accusa per un delitto che vede protagonisti la passione, il desiderio, diverse forme d’amore: quello accecante, corroso dalla gelosia di Jaqueline de Bellefort, quello romantico tra Linnet e Simon, quello deluso ma dignitoso di Lord Windlesham (Brand), ex fidanzato respinto di Linnet, quello sincero tra Bouc (Bateman) e Rosalie (Wright). E poi quello nostalgico che ha lasciato ferite più profonde di un colpo di pistola di Hercule Poirot che si evince da alcuni flashback.
La legge della natura tra vittime e predatori
Kenneth Branagh con una messa in scena sontuosa, attraverso inquadrature che esaltano ogni dettaglio, ogni sguardo e movimento dei protagonisti e ogni particolare come se la camera fosse proprio lo sguardo attento e preciso di Poirot, racconta le bassezze umane, la patina che viene via dai volti di ogni personaggio, che dietro la facciata per bene nasconde i sentimenti più bassi, fragilità che appartengono a ogni persona ma che in alcune possono diventare il detonatore per il più disumano dei gesti. Il regista caratterizza in maniera puntuale i suoi personaggi dando allo spettatore una visione di insieme completa per permettergli, come in ogni giallo che si rispetti, di mettersi al fianco dell’investigatore valutando ogni indizio, ogni movente, ogni sospettato.
Sul fondo del suggestivo Nilo si muovono creature che si dividono in vittime e predatori, immagini costanti con le quali il regista anticipa metaforicamente quello succederà, rappresentando attraverso la legge della natura anche quella spesso crudele degli uomini, e sottolineando il netto contrasto tra la bellezza e luminosità della superficie e l’oscurità degli abissi. Così nelle vite esclusive dei protagonisti si nasconde un lato oscuro, e tra lusso e passioni proibite, con l’imponente e misterioso panorama egiziano che fa da sfondo, si consuma presto una tragedia che vede tutti (i vivi) sospettati. Dietro porte sottili, grate socchiuse e vetri sfaccettati si muovono i personaggi che Poirot osserva mentre i suoi ragionamenti, le sue analisi, le sue osservazioni gradualmente portano al nome dell’assassino, senza risparmiare colpi di scena.
Il Poirot di Kenneth Branagh è più compiaciuto di quello dei romanzi e delle precedenti trasposizioni filmiche ed è chiaro che l’attore e regista nordirlandese si diverte nei panni dell’investigatore con gli iconici baffi a manubrio, non risparmiandosi momenti di umorismo, marcando le ossessioni del suo personaggio, metodico e ordinato, tanto da arrivare a fargli sistemare in maniera simmetrica anche il piede della vittima, strappando una risata e rompendo solo per un momento la tensione.
Assassinio sul Nilo è puro e godibile intrattenimento sostenuto da un ottimo cast e da una buona dose di tensione, un avvincente racconto delle conseguenze dei più bassi istinti, delle miserie umane che solo scrittori come Agata Christie hanno saputo raccontare e che Kenneth Branagh riesce a rappresentare con coerenza e passione sul grande schermo.