Venezia 75 – Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità (At Eternity’s Gate): recensione del film
Il mondo visto con gli occhi di Van Gogh, in questo interessantissimo film sulla vita del tormentato artista.
Sul grande Vincent Van Gogh sono stati creati più di 30 tra film e documentari e non poteva essere altrimenti data la statura del pittore nato a Zundert nel 1853 e morto in circostanze misteriose nel 1890, una delle figure più mastodontiche, osannate e studiate della storia dell’arte.
Ora, in questo Festival veneziano, arriva ciò che Julian Schnabel (pittore oltre che regista) vuole raccontarci del tormentato percorso esistenziale ed artistico del genio olandese, con un cast di prima grandezza che comprende Willem Dafoe, Oscar Isaac, Rupert Friend, Mads Mikkelsen, Emmanuelle Seigner e Niels Arestrup.
Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità (At Eternity’s Gate) si candida ad essere una delle pellicole maggiormente considerate dalla Giuria di un Festival di grande qualità e originalità, dove il bellissimo e coraggioso film di Schnabel può aspirare a riconoscimenti significativi.
Ma come fuggire al cliché? Al Deja vu? Come evitare di essere ridondanti e ripetitivi? Schnabel sceglie la strada della soggettività, di un racconto in prima persona che abbia in Van Gogh il narratore della propria tragedia umana e della propria evoluzione esistenziale ed artistica.
Lo fa grazie ad una fotografia meravigliosa di Benoît Delhomme, che valorizza ogni istante degli stupendi paesaggi, del volto di un Willem Dafoe sofferente, vivido, perfetto nel donarci l’immagine di un uomo perso dentro sé stesso, incapace di dominare i proprio sentimenti, la propria anima malata, turbolenta, sensibile oltre ogni immaginazione all’universo e ciò che era ai suoi occhi.
Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità deve però molto della sua perfetta riuscita all’ottima sceneggiatura scritta da Schnabel assieme a Jean-Claude Carrière e Louise Kugelberg, che rasenta la perfezione nella cura con cui costruisce ogni frase, ogni dialogo, con cui riesce a donare l’essenza dell’opera e della visione di questa strana, triste e tormentata anima che con i suoi quadri ha cambiato il mondo dell’arte.
Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità: il mondo con gli occhi di Van Gogh
Ma il film di Schnabel è qualcosa di più che una serie di straordinari piani sequenza, è il tentativo riuscitissimo di guidarci dietro i suoi occhi, sotto la sua pelle, dentro la sua testa, di farci vedere anche solo per un istante il mondo come lo vedeva lui.
Più di tutto è riuscito il modo in cui viene descritto la sua relazione con il mondo circostante, il rapporto strettissimo con il fratello Theo (un ottimo Rupert Friend), l’amicizia incostante e fallimentare con un Gauguin che Oscar Isaac dipinge in modo magistrale come suo alter-ego, come tutto ciò che egli ama e ad un tempo invidia di quel mondo con il quale non sa o non vuole fino in fondo avere a che fare.
Dio, la trascendenza, il rapporto tra sé stesso e una natura che lo avvolge e compenetra fino all’ultimo brandello della sua anima, il senso della pittura e della sua esistenza in relazione ad essa, le crepe dentro una mente geniale e allo stesso tempo fragilissima. Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità è tutto questo, quasi un quadro in movimento.
Ma nulla di tutto questo sarebbe stato possibile senza la chiara visione, la grande maestria di Schnabel nel concepire un percorso, un iter cinematografico, perfettamente calibrato, mai ridondante od eccessivo, mai colto in fallo nel tentativo di separare l’uomo dall’artista o di limitarsi a creare un elogio della pazzia creativa.
Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità invece riesce a rendere eloquente e chiaro il precario equilibrio di Van Gogh, il suo fondersi totale con l’arte che lo porta ad esclamare con piena e sincera certezza “Io sono la pittura!“.
Il cinema ha sovente abusato della presunta “dannazione” degli artisti, presentandola come una sorta di fisima, di auto-illusione, quasi di vezzo. Il film di Schnabel invece ce ne mostra il lato oscuro, sofferente, l’isolamento sociale, la sensazione di inadeguatezza e fragilità che significò per Van Gogh vedere e sentire ciò che gli altri, i piccoli borghesi, falsi artisti, il gregge umano ignorante che lo circondava, prendevano per fantasia di un matto o uno squilibrato.
Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità: un film dalla forza dirompente ed immediata
Il film di Julian Schnabel riscrive completamente i canoni del cinema biografico, mette le basi per una nuova estetica e narrativa cinematografica, spezza la lunga catena del già visto e già sentito, mostra come plausibilità, universalità e capacità evocativa siano più vere della verità ufficiali, nel momento in cui riescono a farsi comprendere.
Straordinario nella forza viscerale che comunica allo spettatore, riesce a dire tutto ciò che serve senza dire tutto ciò che c’è, a farci perdere dentro il mondo di Van Gogh, anche solo per un istante a volte si pensa di poter afferrare la verità, la sua verità.
Lontano dall’essere celebrativo o narcisista, Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità vive della perfetta alternanza tra alto e basso, dentro e fuori, chiaro e scuro, con una natura che più che perfetto ambiente o sfondo, è coprotagonista del dramma dell’uomo e delle sue emozioni, motore del moto incessante della macchina da presa e dell’umana azione al suo interno.
Un film dalla forza dirompente ed immediata, veloce e deciso, ma allo stesso tempo con l’umiltà di proporre ciò che sa essere non la verità su Van Gogh ma la propria verità, una verità, una delle tante, una delle molte.
Van Gogh – Sulla soglia dell’eternità è al cinema dal 3 gennaio 2019 con Lucky Red.