Ava: recensione del film con Jessica Chastain

Ripescato da Netflix dalle sabbie mobili della distribuzione cinematografica in epoca pandemica, lo spy-thriller di Tate Taylor con Jessica Chastain, John Malkovich e Colin Farrell, conferma le cattive voci di corridoio giunte da oltreoceano, laddove non meno di qualche prima era stato rispedito al mittente. Disponibile sulla piattaforma statunitense dal 15 gennaio.  

Una seconda possibilità non la si nega a nessuno, quella di Ava è arrivata da Netflix che lo ha sottratto alle sabbie mobili che lo stavano lentamente inghiottendo per proporlo ai propri abbonati a partire dal 15 gennaio. Dopo una brevissima apparizione nelle sale americane nell’agosto 2020, durante la quale raccolse critiche piuttosto negative, il film ha dovuto alzare bandiera bianca a causa delle note restrizioni pandemiche che hanno definitivamente chiuso le porte della distribuzione cinematografica. Una mazzata ulteriore per un progetto che tra l’altro era già nato sotto una cattiva stella quando all’epoca del concepimento, due anni or sono, aveva incontrato delle problematiche di natura produttiva. Originariamente, infatti, avrebbe dovuto intitolarsi Eve e a dirigerlo era stato chiamato Matthew Newton, costretto però a tirarsi indietro per via delle preoccupazioni personali relative ad accuse di violenze domestiche che lo avevano travolto. Il testimone è poi passato nelle mani di Tate Taylor, ma nemmeno il suo intervento ha potuto cambiare le sorti avverse che il destino aveva già scritto per la pellicola.

Ava: un super cast e un regista affidabile non bastano a risollevare le sorti di uno spy-thriller debole e prevedibile

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Ciononostante, il broadcaster a stelle e strisce ha voluto comunque farsene carico, accogliendola nel proprio catalogo con la speranza che sull’opera in questione potesse cambiare il vento. Ma il vento non è cambiato, anche se nei primi giorni del suo rilascio sulla piattaforma è rientrato (almeno in Italia) nella Top 10 dei prodotti più visti. Ad aiutarlo forse il cast di all stars a disposizione capitanato da Jessica Chastain, nel quale figurano altri nomi di peso come quelli di John Malkovich, Colin Farrell e della rediviva Geena Davis, oltre alla presenza dietro la macchina da presa del regista di The Help e La ragazza del treno. Presenze, queste, che sono sicuramente in grado di attirare l’attenzione dello spettatore di turno, compreso quello netflixiano sempre alla ricerca di contenuti da consumare per trascorrere le giornate di clausura forzata. Peccato che il thriller di spionaggio del regista e attore statunitense deluderà le loro aspettative come ha deluso le nostre, confermando le voci di corridoio lontanamente benevoli giunte da oltreoceano.

Su Ava pesa l’inconsistenza, la fragilità strutturale e la prevedibilità di una sceneggiatura che ha davvero pochissimo da offrire agli amanti del genere

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Al di là delle problematiche varie con le quali ha dovuto fare i conti prima, durante e dopo il rilascio, su Ava pesa l’inconsistenza e la debolezza strutturale di una sceneggiatura che ha davvero pochissimo, per non dire nulla, da offrire agli amanti del genere e soprattutto del buon cinema d’intrattenimento. Le disavventure, gli intrighi e l’odissea umana vissuta dalla killer interpretata dalla Chastain, alle prese con i dubbi morali, casini vari in famiglia e una missione non andata secondo i piani dell’organizzazione per la quale lavora e che ora la vuole morta, sono le basi narrative e drammaturgiche sulle quali si regge un plot che ha il gusto inconfondibile di una minestra riscaldata. Lo script firmato da Newton è rimasto invariato anche in seguito al suo abbandono della nave, nave che di conseguenza è andata a picco, sprofondando negli abissi della mediocrità a causa di una serie di crepe piuttosto vistose che non hanno fatto altro che imbarcare acqua.

In Ava l’anima drammatica e quella action-thriller non riescono a coesistere

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In Ava il problema più grosso e insormontabile sta alla radice. Si è cercato di fare coesistere due anime, quella drammatica e quella action-thriller, ma a conti fatti senza successo. La figura tormentata e instabile della protagonista, che prova a riconquistare gli affetti e rimettere insieme i pezzi di una vita andata in frantumi a causa dell’alcol e delle droghe, non riesce a dare spessore al racconto. Al contrario, genera un cortocircuito al suo interno, facendo letteralmente a spallate con la  narrazione extra-familiare che vede l’ennesimo agente segreto incastrato dall’organizzazione che per la quale lavora, che la vuole togliere dalla circolazione. Déjà-vù? Of course.  Se a questo aggiungiamo che di assassine belle, iper-addestrate e letali al cinema e sul piccolo schermo ne abbiamo viste a flotte (dalle Nikita e Anna bessoniane alla Lorraine Broughton di Atomica bionda, passando per le protagoniste di Hanna, Salt, Nome in codice: Nina e la Sydney Bristow di Alias) e che, salvo rarissime eccezioni, sono state “oggetto” di palesi tentativi di replicare in chiave femminile le spy-story incentrate su personaggi del sesso opposto, allora la strada si fa ancora più in salita. Non a caso i riferimenti vanno sempre agli stessi nomi che vengono puntualmente clonati e utilizzati a uso e consumo di quei progetti che si intende portare avanti. Il ché non rende giustizia e serve davvero a poco.

Le scene d’azione di Ava offrono qualche sussulto, ma in circolazione c’è sicuramente di meglio

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Motivi per cui Ava è destinato a scomparire ben presto dai radar di quegli spettatori che come noi hanno voluto concedergli il beneficio del dubbio, sperando in qualcosa che potesse in qualche modo regalare qualche emozione e scarica di adrenalina. Purtroppo non è stato così per un film fortemente derivativo, poco originale e prevedibile nell’intreccio mistery, al quale non ha giovato il contributo di attori di caratura che, al contrario, ne escono a testa bassa. La linea gialla è meccanica, di facilissima lettura, tenuta insieme alla buona per tenere in piede una spy-story che presenta dinamiche e sviluppi che si sciolgono velocemente come neve al sole. Sull’altro frangente, quelle poche scene d’azione degne di nota stampate sulla timeline (una contro tutti nello studio del generale e fuga dal grattacielo di Riyadh, il corpo a corpo nel parco di notte in quel di Boston e quello nella camera d’albergo in stile Knockout – Resa dei conti che vide protagonisti Gina Carano e Michael Fassbender) offrono qualche sussulto dal punto di vista del coinvolgimento, ma nulla in grado di alzare l’asticella. Il cliffhanger buttato lì in zona cesarini ha voluto lasciare uno spiraglio aperto con un secondo capitolo, ma visti i risultati poco incoraggianti, le vicissitudini produttive-distributive e le scarse qualità emerse, difficilmente rivedremo il tormentato e ammaccato personaggio della Chastain tornare nuovamente sullo schermo.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2
Sonoro - 2.5
Emozione - 1

1.8