Venezia 76 – Babyteeth: recensione
Recensione di Babyteeth, film in concorso a Venezia 76 che racconta la malattia unendo al tono drammatico momenti di delicata ironia.
Milla ha 15 anni, ha un tumore e un’enorme paura di morire, oltre che di perdere i capelli dopo la chemio. I suoi genitori non riescono a gestire la notizia e contribuiscono ad appesantire la situazione. Solo l’amore per lo spacciatore Moses darà un motivo di vita alla giovane protagonista di Babyteeth, film australiano presentato in concorso a Venezia 76. La regista esordiente (prima ha firmato la regia di cortometraggi, serie tv e spettacoli teatrali) è Shannon Murphy che sceglie di adattare per il cinema la pièce teatrale di Rita Kalnejais, per raccontare la malattia da un nuovo punto di vista. Si tratta di un dramma con alcuni momenti da commedia, che farà piangere e ridere con grande delicatezza. Il film mette da parte l’evoluzione della malattia come spesso il cinema ci ha abituati a vedere, scava nei sentimenti senza entrare nel teen movie d’amore e rivede il significato della frase “è la scelta più giusta” dirigendola verso l’anti-convenzionale.
Dolceamaro è la parola d’ordine per Babyteeth
La notizia dolorosa di una persona cara che ha una malattia e che presto potrebbe non esserci più, è devastante. Chi vive la malattia cerca di accettare e combattere allo stesso tempo, chi la vive indirettamente prova a respingere la tristezza e a sentirsi meno inadeguato. Qui vediamo il cancro dagli occhi sognanti di una violinista in erba con le idee confuse e un tumulto di sentimenti contrastanti dentro. La voglia di vivere è troppa e la protagonista di questa storia la ritrova in un giovane senza regole, con un passato di abusi alle spalle e una madre che lo ha disconosciuto a causa della sua dipendenza. Un’anima abbandonata a sé stessa che fa battere il cuore di Milla. In fondo entrambi hanno dei problemi, come dice la stessa protagonista quando vede Moses per la prima volta alla fermata del metrò.
Babyteeth: la malattia e come calarsi nei problemi degli altri
Il colpo di fulmine per il ragazzo spacciatore e tossicomane più grande di lei porterà il caos nella vita della ragazzina e in quella della sua famiglia. Lui ha 23 anni e di certo non si presenta bene: tatuaggio in faccia e capelli raccolti in un codino, figura difficile da far accettare ai genitori di Babyteeth, il soprannome della protagonista, perché ha come caratteristica ancora alcuni denti da latte. Una cena per farli conoscere prende pieghe surreali quando i due giovani ragazzi, lei con i capelli tagliati maldestramente, lui con gli occhi rossi e un abbigliamento trasandato, cercano di spiegare la loro stramba amicizia. Ad aggiungere surrealismo c’è la madre della protagonista, strafatta di xanax perché non dorme più per quello che stanno vivendo.
Babyteeth: la malattia vista da un’angolatura originale
Se il primo approccio è respingente, i due genitori vogliono solo fare la scelta più giusta: non capiscono cosa loro figlia trovi in questo ragazzo problematico, ma vedere gli occhi di Milla brillare e capire quanto sia importante per lei frequentare quel giovane scombussolato porta i due coniugi a fare “i genitori peggiori del mondo” come loro stessi dicono. Peggiori forse agli occhi degli altri. Dall’estetica pop e con personaggi di contorno divertenti (la donna incinta che mangia il ghiacciolo regala un siparietto strepitoso), Babyteeth ha una grande forza, quella di mettere in scena la condivisione del dolore, il prodigarsi per chi è in difficoltà, ma soprattutto l’accettazione delle scelte altrui anche quando si pongono contro qualsiasi tipo di logica e morale.
Una sceneggiatura in punta di piedi saprà aprirvi il cuore, come le interpretazioni: oltre i due protagonisti sullo schermo, Eliza Scanlen e Toby Wallace, ci sono due grandi comprimari, Ben Mendelsohn (visto anche in The King a Venezia) e Essie Davis, i due genitori che con la loro immensa fragilità sono i veri fari di speranza del film.