Back to the Outback – Ritorno alla natura: recensione del film Netflix
Un nuovo film Netflix dedicato all'infanzia che cerca di trattare l'argomento della cattività e della ricerca di sé. Un'imitazione di Madagascar, che però non ne conserva la scrittura ormai diventata cult, e che propone una visione distorta del mondo animale e umano.
Disponibile su Netflix dal 10 dicembre 2021 Back to he Outback – Ritorno alla natura, il film d’animazione per bambini e famiglie diretto da Harry Cripps e Claire De Chenu.
Il film tratta di un gruppo di animali da zoo australiani, considerati paurosi e mostruosi, che decidono di scappare dal parco in cui vivono e fanno da sfoggio per il pubblico per tornare nell’outback, zone remote dell’entroterra australiano. Assieme al gruppo degli animali in rivolta – fra cui Maddie, un serpente velenoso (doppiata da Isla Fischer), una tarantola, una lucertola e uno scorpione – è presente anche Pretty Boy, un koala che è invece felice di vivere nello zoo, poiché considerato una celebrità a livello mondiale per il suo aspetto tenero. Gli animali vengono però ostacolati da Chaz (cui presta la voce Eric Bana), che lavora nel parco e insegue il gruppo per sbarazzarsene.
Una imitazione di Madagascar targata Netflix: gli effetti negativi della produzione in serie, anche nei film per bambini
Il film, che si propone di intrattenere bambini e famiglie e insieme trattare la tematica della cattività e la libertà, risulta essere invece quasi l’opposto. Viene utilizzata la solita dialettica che vede animali umanizzati (va bene nelle fiabe, che hanno comunque una attinenza alla realtà molto più concreta) e il loro rapporto con gli umani è decisamente strutturato su remissività e speranza, quasi ciecamente. La trama e la sua struttura narrativa sono una copia molto chiara e nitida della serie cinematografica Madagascar (Stati Uniti, 2005) – portandone con sé un riciclo molto naif dei dialoghi e le battute -, con la differenza che la sceneggiatura di quest’ultima aveva una coerenza limpida – comprensibile quindi sia da bambini che adulti – ai fini della trama e del suo svolgimento. La nuova pellicola di Netflix, al contrario, puntando al lieto fine (presunto braccio d’aiuto verso l’incasso) finisce per non produrre nessun tipo di reale presa di coscienza degli eventi. La posizione degli animali da zoo non è sottolineata abbastanza da riflessioni consone dei personaggi (sempre al contrario di Madagascar) e il film si risolve senza approfondire davvero il complesso rapporto fra uomo e animale; cosa possibile persino per un target infantile e senza fare utilizzo di drammaticità.
Back to he Outback – Ritorno alla natura: personaggi stereotipati nel film d’animazione di Harry Cripps e Claire De Chenu
I personaggi sono letteralmente degli stereotipi che propongono una visione molto distorta del funzionamento di zoo e bioparchi. Inoltre questi non hanno abbastanza spessore narrativo: questo è solo accennato nel conflitto interiore fra l’essere considerato un mostro o accettarsi e amarsi così come si è; un discorso affrontato con superficialità e risolto con troppa facilità. Al contrario anziano di sedici anni Madagascar, dove era messa in scena con maestria la difficoltà di essere un leone, carnivoro, amico di una zebra, riuscendo nell’intento con intelligenza e cura. Il finale, invece, che vorrebbe essere un lieto fine ha piuttosto l’aspetto di una finta remissione, confondendo e bloccando lo spettatore da una riflessione approfondita. Se era la leggerezza ad avere il ruolo di prua del film, il risultato è invece quello di un film piatto e vacuo, che scorre senza curarsi dello spettatore fra battute già sentite ed eventi che risultato poco realistici persino per un film animato di fantasia per bambini. Il target del film dovrebbe raggiungere non soltanto i neonati (per i quali un prodotto simile risulterebbe comunque non adatto) ma più ampiamente le famiglie; e questo scopo non è raggiunto da Back to the Outback – Ritorno alla natura, poiché è sorretto da una scrittura piatta e priva di complessità, elementi necessari anche – e soprattutto – nelle immagini dedicate all’infanzia.