Cannes 2019 – Bacurau: recensione del film

Recensione dal Festival di Cannes 2019 del film Bacurau, diretto da Mendonca Filho che punta il dito sulla politica sociale dell'entroterra brasiliano.

Tre anni dopo Aquarius il regista Mendonca Filho torna a Cannes con Bacurau, un thriller surreale e confuso ambientato in un piccolo paese dell’entroterra brasiliano. Insieme a Juliano Dornelles, Filho invita il pubblico a vivere un’avventura folle che punta il dito sulla scena politica e sociale in un modo assolutamente anticonvenzionale.

“È molto tardi nella notte, è l’ora del bacurau. Si festeggia la paura e il terrore. I fantasmi infestano la valle. Nell’aria fluttuano gli incantesimi di un malvagio stregone”. Teresa, interpretata da Barbara Colen, torna al paese natale per assistere ai funerali della nonna. Si ricongiunge con la sua famiglia e riprende contatto con le sue origini, fino a quando una serie di strani eventi minacciano la serenità quotidiana. Il villaggio viene preso di mira da una squadra d’assalto pesantemente armata, capeggiata dal personaggio di Udo Kier. Quest’ultimo è convinto di procedere con una specie di annientamento metodico, incoraggiando i suoi uomini a eliminare uno dopo l’altro gli abitanti di Bacurau, attuando un vero e proprio massacro militarizzato apparentemente insensato.

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Bacurau è un ibrido di genere senza una vera direzione da seguire

Lo spettatore si ritrova ad assistere a una sorta di macabro reality show in cui la vita non ha alcun valore e il male prende forma senza una ragione chiara. Questi turisti killer sembrano personaggi di un videogioco che sconfina nella realtà dando forma a un western contaminato e parabolico. Non esiste una figura centrale, infatti Bacurau è un film corale a cui, tuttavia, manca uniformità. La regia è libera, sperimentale e coraggiosa, forse troppo. Infatti questo spingersi oltre i limiti senza una strategia incide sull’equilibrio, danneggiando la struttura narrativa del film.

Dopo un inizio ironico e ordinario, il film entra nel regno del surreale e della fantascienza realizzando un frullato di generi che non legano bene tra loro. Si riconosce un omaggio al cinema di John Carpenter, allo spaghetti western di Sergio Leone (il camion che trasporta le bare è una citazione a Per un pugno di dollari) e allo stile pulp e splatter di Quentin Tarantino. Sparatorie, parti del corpo mutilate e fiumi di sangue sono i responsabili del ritmo abbastanza dinamico di Bacurau che però mette da parte l’emozione.

Lo spettatore è in un certo senso violentato da immagini provocatorie, ma non viene coinvolto a un livello più profondo. Colpisce la stravaganza della composizione e del registro stilistico, ma non si riesce a partecipare emotivamente a quanto accade. Bacurau non è nient’altro che un violento racconto popolare in cui i numerosi personaggi si muovono disordinati, come un circo ambulante senza un domatore. Senza una figura centrale, la coralità dovrebbe essere guidata verso una direzione precisa, ma questo non accade.

Interessante lo spazio dedicato al folklore locale che permette di approfondire l’identità culturale di un paese come il Brasile, con le sue zone d’ombra. Filho opta per una forma di cinema libero, ma se si vuole lanciare un messaggio occorre offrire gli strumenti per una valida interpretazione. Altrimenti il tutto si riduce a un esercizio di stile del regista che, in questo caso, firma un ibrido di genere insolito che ruota intorno alle tensioni interne di un popolo umile.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.5