Bastardi a mano armata: recensione del film con Marco Bocci
La recensione di Bastardi a mano armata, il film di Gabriele Albanesi con Marco Bocci e Fortunato Cerlino nel cast.
È una storia di vendetta quella che ruota attorno a Bastardi a mano armata, il film di Gabriele Albanesi, prodotto da Minerva Pictures con Rai Cinema, in collaborazione con Amazon Prime Video e in coproduzione con la brasiliana Boccato Production, disponibile a partire dall’11 febbraio su Sky Primafila Premiere, Apple TV, The Film Club, Rakuten TV, Chili, IoRestoInSala e Google Play.
Una crime story dalle buone potenzialità che, nonostante voglia ispirarsi ai grandi titoli del genere thriller, non riesce a decollare pienamente, fin troppo ancorata ai suoi cliché.
La trama di Bastardi a mano armata
Chi è il vero cattivo e chi il protagonista della storia? Sul continuo ribaltamento della situazione, Bastardi a mano armata incentra la sua suspense. Tutto ciò che ci è dato sapere è che un uomo (Marco Bocci) di cui viene rivelato inizialmente solo il cognome, Diotallevi – e questo basta -, può liberarsi dalle prigioni algerine solo a patto di portare a termine un compito da uno sconosciuto mandante.
All’apparenza semplice – trovare dei documenti in una villa delle campagne romane – si rivela più difficile, e soprattutto più falso, del previsto. A frapporsi tra Sergio – questo il suo nome – e il vero obiettivo (ritrovare la figlia usata come merce di scambio nella contrattazione) è una famiglia borghese, apparentemente perfetta (sul modello di quella di Parasite) che nasconde tanti, anche troppi, sporchi segreti.
Sarà l’arrivo di un “ospite” inaspettato (Fortunato Cerlino) ad aprire una crepa nella verità e a fare luce, a suo modo, sul passato.
L’azione di Bastardi a mano armata si svolge tutta all’interno di una villa
La narrazione, tranne che in pochissimi casi e quasi sempre con l’aiuto di flashback, si sviluppa per intero nella villa in cui la “perfetta” famigliola viene tenuta in ostaggio da Sergio. Una casa che trasuda ricchezza ma anche tanta ipocrisia. Il cinema ci ha abituati a film claustrofobici, girati solo in una location, spesso anche in un’unica stanza, dove i personaggi vengono spinti a rivelare ciò che sono davvero (Carnage, Perfetti sconosciuti, The Place, The Hateful Eight).
Una scelta stilistica condita, in Bastardi a mano armata, da una buona cifra di violenza ma che rivela, se non fosse per pochi e rari colpi di scena, uno sviluppo abbastanza prevedibile. C’è da dire però che i personaggi non sono mai davvero soli sulla scena. Come in un gioco a scatole cinesi, c’è sempre qualcuno che osserva, che sia in giardino, dallo spiraglio di una porta o poco più in là di una vetrata.
Una strategia che Gabriele Albanesi sfrutta discretamente in Bastardi a mano armata traducendo, al pari dell’uso di una fluida steady, che nulla è come sembra.
L’impeccabile interpretazione di Fortunato Cerlino e Amanda Campana e l’abuso dei cliché thriller
Sebbene Bastardi a mano armata scorra per tutta la sua ora e mezza senza momenti di noia, resta bloccato nel suo schema di thriller d’annata senza azzardare slanci creativi.
Dalla fotografia fredda e desaturata all’entrata in scena fin troppo teatrale di Caligola (Cerlino), dalle morti innocenti al riscatto e all’ultima spinta di coraggio dell’uomo vittima solo degli intoppi sfortunati che la vita gli ha messo davanti.
Sono questi alcuni degli elementi che inevitabilmente rallentano il film rendendolo più statico del voluto.
Degna di nota la presenza scenica di Fortunato Cerlino (Gomorra) e della giovane Amanda Campana (Summertime di Netflix). Entrambi sanno tener banco conquistando tutta l’attenzione di Bastardi a mano armata.