Benvenuti a Marwen: recensione
Tra finzione e realtà, plastica e carne, Benvenuti a Marwen racconta di una storia incredibile con un po' di confusione, ma molta tenerezza.
Nel 2010 esce un documentario: Marwencol. Parla di un uomo, un reduce da un pestaggio dettato dall’odio che, oltre alla perdita di alcune abilità motorie, lo condanna ad una consistente perdita di memoria, il quale lo costringe a dover affrontare da capo una nuova vita. Un artista che, impossibilitato ormai nel tenere ferma la mano dopo le percosse subite, non si dedicherà più alle proprie illustrazioni, ma farà confluire la propria arte nella fotografia, ricreando un mondo immaginario con bambole e ricostruzioni, ma allo stesso tempo vicino al suo trascorso.
Una storia che, già di per sé, ha dell’incredibile. Quel tipo di incredibile che ha sempre attratto la fantasia e filmografia di Robert Zemeckis, che si trova dunque a rimaneggiare con le dinamiche del cinema di finzione la storia di Mark Hogancamp. È così che prende forma Benvenuti a Marwen, che in tutto ripercorre la riabilitazione attraverso la gestazione del trauma affrontato dalla vittima, che cercherà costantemente, attraverso le riproduzioni miniaturizzate, di elaborare il dolore. L’impedimento primo di Mark di potersi approcciare con coraggio ai gesti di ogni giorno, con la necessità di venir sempre protetto da quelle bambole che ha vestito, pettinato e curato, è il medesimo che lo spinge nella creazione di storie che alimentino le proprie capacità artistiche – così da poter realizzare le proprie foto – e che gli permettano di confrontarsi con ciò che realmente accade, anche e soprattutto quando i nervi tornano a quella notte di assoluta e vuota violenza.
Benvenuti a Marwen – La compenetrazione tra finzione di plastica e realtà
La città inventata di Marwen, che diventa il loco principale in cui comprendere le idiosincrasie sviluppate dopo la serata di terrore di Mark, è specchio dell’esistenza dell’uomo, che Zemeckis racconta alternando continuamente le due dimensioni, quella del suo capitano Hogi, con cicatrice sul volto, e quella in cui è complicato anche solo pensare di poter affrontare in un tribunale gli individui che lo hanno distrutto. Carne e plastica convivono con montaggi che si compenetrano e legano insieme le narrazioni speculari di ciò che accade nel mondo reale e ciò che accade sui territori di Marwen, insieme alle persone che abitano quest’ultimo e i loro corrispettivi umani.
È un continuo rimando tra miniature e personaggi, simulazioni e vita vera. E, come nella cittadina belga – frutto dell’invenzione di Mark – sono le donne a proteggere Hogi e le loro case, così le donne nella realtà del protagonista sono le principali fonti di assestamento – ma soprattutto riassestamento – di un’esistenza spezzata. Benvenuti a Marwen ne presenta la premura, l’attenzione riposta nelle ferite ancora brucianti, la temerarietà che le fa diventare le migliori combattenti sul campo. Un affetto femminile che, come il resto, sussiste con la sua doppiezza: sia il saper dare pace, a proprio modo, alla vita di Mark, sia il saper donare delicatezza all’intero film. Salvatrici di paesi immaginari e di anime reali che stanno soffrendo. Angeli, ma soprattutto guerriere, che possono contribuire a rimettere in sesto la confusione di un individuo.
Benvenuti a Marwen – Poco entusiasmo, ma abbastanza cuore
Non un film completamente ben narrato, che perde e si perde troppo, come se non sapesse poi bene come gestire questo spostarsi di ambito in ambito, situazione in situazione, dissimulazione e verità, che sono però alla base per il sostegno dell’opera. Che rende nebulosi passaggi e collegamenti e, dunque, le proprie risoluzioni. Ma al contempo una pellicola che sanguina come fa ancora il cuore del proprio protagonista, una tristezza velata che non permette a nessuno di non provare compassione e di affezionarsi tanto al personaggio principale quanto ai suoi comprimari. Merito anche di uno Steve Carell che si dedica con dolcezza al proprio Mark, comprendendone le insicurezze nel profondo e restituendole con tenerezza.
Benvenuti a Marwen non sarà emozionante o entusiasmante come storia e tecnica visiva sembravano promettere, ma ha comunque abbastanza cuore e perizia cinematografica da poter avvicinarsi a un largo numero di pubblico. Una pellicola stropicciata come il suo protagonista, e che, dalle stesse incertezze, può trovare la voglia di aprire i propri cancelli e accogliere con calore nella ridente cittadina di Marwen.
Benvenuti a Marwen, prodotto da ImageMovers, Universal Pictures e DreamWorks e distribuito da Universal Pictures, sarà nelle sale dal prossimo 10 gennaio.