Biagio: recensione
Durante il Festival Internazionale del film di Roma, soprattutto nei giorni passati, abbiamo assistito a numerose proiezioni inerenti le problematiche dei clochard. Biagio di Pasquale Scimeca è forse il film che meno di tutti si concentra sull’ambito documentaristico e che più di tutti rispecchia non solo tematiche religiose ma anche forti richiami alla tradizione del mondo classico letterario. Il protagonista affronta una vera e propria conversione che non fa a meno di riecheggiare memorie francescane e agostiniane.La storia è molto semplice ma di grande impatto visivo grazie ad un’efficace fotografia dei splendidi altipiani siciliani. Biagio è un uomo comune al quale non manca nulla, forse solo una cosa, la felicità. Questo sentimento inacquisibile nel mondo materiale e consumistico lo porta ad avvinarsi all’ascesi più totale, un cammino tortuoso e impervio attraverso le valli e i monti del palermitano. Durante questa esperienza a tratti mistica fatta di fame, sete e freddo, ma anche di incredibile vicinanza con la natura, Biagio arriva a scoprire sensazioni, odori e sentimenti mai provati fino a quel punto della sua vita. L’incontro con persone povere lo portano ad avere un cambiamento radicale, fino quasi a sfiorare la tanto agognata felicità interiore. Il cammino di Biagio giungerà fino ad Assisi, patria di San Francesco, primo tra i santi ad essersi spogliato delle ricchezza materiali e ad aver abbracciato la vita povera, ricca di preziosi influssi spirituali. Riuscirà ad abbracciare di nuovo la sua famiglia ma non più la vita di prima, rimarrà chiuso in una comunità per persone disagiate pregando e intimando la salvezza divina.
Senza dubbio appartenente alla cosiddetta categoria di nicchia, Biagio è l’ennesima testimonianza di quanto sia produttivo e moralmente saggio il trasbordo da una vita ricca di denaro ad una vita ricca di emozioni. Le stesse che prova il protagonista portandosi la terra umida verso il naso, smuovendo le foglie bagnate all’alba, sentendo il freddo che gli penetra nelle ossa restando comunque sorridente e pronto ad accogliere la morte, vista ormai non più come una punizione ma quasi come una madre misericordiosa. La vita ci insegna a non disprezzare i beni materiali che possediamo e a volte avremmo tutti bisogno di riacquisire quello stato primordiale e quasi selvaggio per assaporare quel senso di libertà che ci viene purtroppo sempre più privato dalla modernità. Trovare conforto nella natura e nell’ascesi può essere una via per tornare a sorridere, Biagio è la prova che attraverso la penitenza del corpo l’essere umano può giungere ad una gioia olistica suprema. Bello spunto.