Black Widow: recensione del film Marvel con Scarlett Johansson
La recensione di Black Widow, il nuovo film Marvel con Scarlett Johansson, in uscita il 7 luglio al cinema ed il 9 luglio su Disney+.
Si è fatta attendere oltre un anno ma alla fine ce l’ha fatta: Black Widow è pronta a tornare in mezzo a noi e salutare in maniera degna i fan della Marvel. Premesso che colmare la voragine emotiva provocata da Avengers: Endgame sarebbe stata per chiunque una vera missione impossibile, possiamo dire che il film diretto da Cate Shortland è riuscito in parte nell’impresa. Qualora ve lo steste chiedendo: sì, ne è valsa la pena aspettare tutto questo tempo, poiché stiamo parlando di uno dei film solisti più belli di sempre in casa Marvel.
Black Widow, il bellissimo e atteso tributo a Natasha Romanoff
Da oltre dieci anni, il MCU ci ha abituato a gag, scene d’azione e dinamiche adrenaliniche capaci di farci sorridere e rimanere col fiato sospeso: ebbene, Black Widow è tutto questo ma anche molto di più. Ambientato dopo gli eventi di Captain America: Civil War, Black Widow è uno standalone atipico, poiché riserva solo un accenno alle origini dell’eroe protagonista, per poi concentrarsi su uno spaccato della sua vita, consapevole di rivolgersi ad un pubblico che conosce già il destino del personaggio. La sceneggiatura firmata da Eric Pearson racconta il lato più intimo della eroina che, ancora prima di essere un membro degli Avengers è una donna capace di reagire con forza e coraggio ai drammi che hanno costellato la sua infanzia, a differenza dei suoi colleghi che provengono da realtà ben più agiate. Se i bambini di oggi hanno l’imbarazzo della scelta nel decidere chi voler diventare tra Spider-Man, Thor, Iron Man e via dicendo, le bambine non possono che sognare di essere come Black Widow che non ha bisogno di uno scudo o di un’armatura particolare per affrontare a testa alta il nemico, poiché la forza essenziale la trova direttamente dentro di lei.
Nonostante all’interno del film le venga detto di non pensare più al passato, Natasha dimostra quanto invece proprio il passato meriti di rimanere ben impresso nella mente delle persone poiché, nel bene e nel male, è da lì che veniamo ed è proprio ciò che ci ha portato ad essere quello che siamo nel presente. Senza le sofferenze che hanno segnato i primi anni della sua esistenza, infatti, probabilmente Natasha non sarebbe diventata la donna così compassionevole che oggi tutti conosciamo ed ammiriamo.
Come ogni film Marvel che si rispetti, anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un villain specifico: umanamente parlando, si tratta di un personaggio minuscolo, verso il quale risulta impossibile provare qualsiasi tipo di empatia. Un uomo che manifesta tutto il suo spregio verso il genere femminile, provando piacere nel comandare un ampio numero di donne come fossero marionette senza identità, giocattoli da sfruttare a suo piacimento, togliendo loro ogni qualsivoglia dignità per compensare la frustrazione che prova per il fatto che nessuno sceglierebbe di stargli accanto se questa vicinanza non gli venisse imposta. Un uomo talmente superficiale da non considerare un aspetto decisivo, ovvero che lui ha il potere di controllare la mente delle persone ma non il loro cuore.
Le presenze maschili sono ridotte al minimo: ad emergere è soprattutto il potenziale dell’unione tra le donne sottomesse al patriarca di turno, le stesse che combattono a testa alta seguendo il motto “nolite te bastardes carborundorum” (dal latino, “non consentire che i bastardi ti annientino“, per citare un’altra serie TV, The Handmaid’s Tale, che racconta proprio il riscatto femminile rispetto ad un nemico comune maschile). Da questo punto di vista, acquisisce ancora più valore la scelta di Scarlett Johansson di ricoprire per la prima volta il ruolo di produttrice esecutiva proprio per questo film.
Due figlie, due sorelle, due Vedove Nere
Dal punto di vista della colonna sonora, anche in questo caso la Marvel risulta impeccabile, scegliendo di inserire brani del passato e sonorità che si sposano perfettamente con i sentimenti che caratterizzano ciascuna sequenza del film. Il frangente in cui la versione acustica di Smell Like Teen Spirit fa da sottofondo alle immagini che mostrano l’indottrinamento delle Vedove Nere, emana estrema bellezza in tutta la sua drammaticità. Le scene d’azione, un mix tra Jason Bourne e la tradizione Marvel, con un pizzico di Fast and Furious, risultano coreografate alla perfezione e perfetta si dimostra anche la scelta degli interpreti che vanno ad affiancare i vari protagonisti: non si può neanche parlare di personaggi secondari poiché la loro presenza arricchisce estremamente la narrazione. Ed il riferimento in questo caso non è solo a Florence Pugh nel ruolo di Yelena, ma anche a David Harbour in quello di Red Guardian e a Rachel Weisz in quello di Melina, per non parlare del Taskmaster, la cui storia avvalora ulteriormente l’epilogo del film.
Natasha è una donna, una avenger ed anche una sorella, come ci ricorda costantemente il film. Nonostante i tanti legami che vengono raccontati nel corso dell’opera, a dominare è il rapporto tra Natasha e Yelena. Il pubblico segue la complicità tra le due sorelle quando erano due bambine e poi le ritrova a distanza di oltre vent’anni, quando sono ormai due donne formate e segnare in maniera indelebile dagli eventi del passato. Dopo qualche attimo trascorso ad “annusarsi” e rimanere sul chi va là, ogni barriera tra le due crolla e Natasha torna ad essere una splendida sorella maggiore e Yelena è libera di mostrare il suo lato più infantile e tenero. Florence Pugh è bravissima nell’alternare proprio le forze e le debolezze del personaggio. Con l’ingresso nel mondo dei cinecomics, l’attrice britannica si distacca nettamente dalle sue due precedenti opere, Midsommar e Piccole Donne, confermando ulteriormente la propria versatilità interpretativa. Lei, David Harbour e Rachel Weisz sono i protagonisti delle irresistibili scene da ridere che trovano spazio soprattutto a metà film. A questo punto non rimane che vedere cosa le riserverà il MCU per il futuro (magari anche lei avrà modo di sfoggiare qualche “posa”, in onore della sorella) ma con questo riuscitissimo spy-thriller, Yelena ha fatto capire di voler restare ancora un bel po’ al centro della scena.
Il senso di sorellanza, poi, si incrocia con quello di famiglia, lì dove per famiglia si intende quel porto sicuro a cui tornare, anche venti anni dopo, consapevole di trovare sostegno e comprensione, indipendentemente dal fatto che alla base ci sia un legame biologico o meno.
Black Widow, il personaggio di Scarlett Johansson meritava un finale diverso?
Per più di dieci anni, il pubblico ha guardato i film Marvel con l’ingenua convinzione che alla fine tutti i protagonisti di questo universo rimanessero illesi e avessero l’opportunità di uscire vivi anche dalle situazioni più disperate. Dal 2018 in poi, invece, c’è stato un cambio di rotta drastico e il Marvel Cinematic Universe ha cambiato pelle, lasciando andare i suoi pezzi da Novanta e leccandosi le ferite nel momento in cui la vita ci ha ricordato come non sembra il bene riesca a vincere sul male, vedasi la tragica e prematura dipartita di Chadwick Boseman. Johansson, così come alcuni suoi illustri colleghi Vendicatori, si sono allontanati dal MCU e va da sé che i loro successori avranno una gran bella gatta da pelare nel raccogliere il loro testimone e tentare di non far rimpiangere ciò che è stato e, in ogni caso, non sarà più.
Quello che è sotto gli occhi di tutti è la crescita del personaggio di Vedova Nera: da Iron Man 2 in poi, Black Widow è stata sempre meno sessualizzata ed è stata invece in grado di ritagliarsi uno spazio sempre più ampio, dimostrando di valere tanto quanto i suoi colleghi più celebri ed osannati: priva di qualsiasi maschera, armatura o scudo, ha mostrato la parte più fragile di sé ma anche i punti di forza che qualsiasi giovane donna, guardando i film Marvel, può prendere come esempio da seguire. Di certo, la sensazione che ormai da mesi attanaglia i fan della Marvel è che la Vedova Nera di Scarlett Johansson meritasse un arco narrativo più lungo, ed il film in uscita nelle sale non fa che confermarcelo, restituendo al pubblico un personaggio ricco di sfumature che ancora tanto avrebbe potuto dare, soprattutto nel futuro verso il quale la Marvel si sta dirigendo, dominato dalle figure femminili, dove Black Widow sarebbe riuscita finalmente ad ottenere un meritato ruolo da leader assoluto.
Ciò che però Black Widow vuol far intendere è che, considerata l’empatia e l’altruismo proprio del personaggio, lei stessa avrebbe desiderato chiudere così il suo cerchio, con un sacrificio estremo che restituisse ai suoi amici ciò che loro hanno dato a lei, ovvero una famiglia ed un futuro degno di essere vissuto. La scena post-credit, poi, che non può che entusiasmare ulteriormente i fan della Marvel che, mese dopo mese, assistono a questo costante incastro di opere cinematografiche e televisive in un multiverso sempre più ampio e voglioso di stupire, dove il sacrificio di Natasha Romanoff non risulterà mai vano.