Blood & Gold: recensione del film Netflix di Peter Thorwarth

Un divertissement sanguinolento e superficiale che ammiccando ai modelli cinematografici western e inevitabilmente pulp e fumettistici di autori quali Tarantino, Rodriguez, Miike e Vaughn, fa di tutto pur di non trovare una propria voce, accontentandosi di gigioneggiare e mal replicare toni e stili narrativi visibilmente fuori dalla sua portata, sgonfiandosi quasi immediatamente e risultando privo di attrattiva e concretezza

Blood & Gold - Cinematographe.it

Com’è possibile che un autore tedesco non possa amare autori cinematografici imprescindibili e immortali del panorama internazionale come Takashi Miike, Quentin Tarantino, Robert Rodriguez e Matthew Vaughn? Infatti, non è possibile.

Però, è possibile che un autore, in questo caso Peter Thorwarth, cineasta tedesco cui dobbiamo film come L’onda, Bang Boom Bang, Blood Red Sky e Not My Day, ami gli autori precedentemente citati all’eccesso, immergendosi in quell’idea di cinema ricchissima di riferimenti pop – e non – svanendo al suo interno, nel fiacco, ingenuo e per certi versi infantile desiderio di replicarla, senza tuttavia lavorare su di un proprio immaginario, o visione.

Thorwarth infatti non arresta il suo cammino nemmeno di fronte all’evidenza di una mancanza di strumenti autoriali necessari, così come ad una limitazione di budget che non soltanto risulta essere poca cosa anche se presente, ma distruttiva se assente, come in questo caso.

Così, replicare una precisa idea stilistica e voce autoriale spiccatamente personale e nient’affatto identificabile con un discorso di nazionalità cinematografica univoca – basti pensare ai modelli di riferimenti Tarantiniani, inevitabilmente italici, nonché asiatici e francesi – non può che condurre rapidamente il risultato di tale volontà, all’interno di quell’enorme contenitore generalmente definito come dimenticatoio.

Al di là dei meriti e demeriti di Blood & Gold, risulta inevitabile considerare che il dimenticatoio appena citato è stato capace nel corso di moltissimi anni di cinema ed evoluzioni autoriali di riportare in auge voci apparentemente dimenticabili, divenute via via cult, seppur in più di un caso, proprio per via di quegli stessi demeriti capaci precedentemente di affossarne qualsiasi possibilità di riuscita di carriera e sviluppo filmografico.

Guardando dunque a Blood & Gold distribuito internazionalmente da Netflix, non resta che attendere il momento durante il quale qualcuno o qualcosa ne identificherà meriti di salvezza, o nel caso peggiore di derisione, poiché inevitabile dirlo, il film sembra prestarsi piuttosto volontariamente alla stessa, raggiungendo un grado di tale comicità o superficialità da apparire sorprendente, perfino allo spettatore meno accanito e appassionato del cinema di Tarantino, Miike, Rodriguez e Vaugn.

Django, Bastardi senza gloria e i topos della demenzialità

La prima parte di Blood & Gold rimanda piuttosto esplicitamente al leggendario western di Sergio Corbucci, Django, che a partire dalla fine degli anni ’60 diviene titolo cardine di un cinema scandalistico in termini di estremizzazione della violenza e dei linguaggi spietati e ferocemente crudi di un west non più assoluto, piuttosto fangoso, nebbioso, solitario e disperato che di lì a poco prenderà piede tra panorama cinematografico italiano e non.

Il film di Thorwarth povero di un proprio immaginario, affonda fin da subito le sue radici nel cinema cult di un autore come Corbucci, mai realmente dimenticato e tornato fortemente in auge proprio perchè amato da voci e sguardi internazionali come quelli precedentemente citati.

Su tutti, a spiccare è Quentin Tarantino capace di omaggiare Corbucci attraverso una propria, riconoscibilissima e specifica idea di cinema, profondamente contaminata e consapevole dei propri riferimenti e conoscenze, tutto ciò che evidentemente manca a Thorwarth.

Heinrich (Robert Maaser), giovane ebreo cui la guerra ha tolto ogni cosa, fugge dale SS in una sequenza d’apertura che se per un attimo sembra lavorare con competenza sul pathos e la tensione, poco dopo diviene altro, appena raggiunta l’impiccagione dello stesso Heinrich, salvato dalla giovane e bella contadina Elsa (Marie Hacke) che senza alcun timore o freno si fa carico dello sconosciuto, portandolo con sé e distruggendo immediatamente la propria salvezza e quella del fratello più piccolo, affetto da Sindrome di Down e perciò ancor più in pericolo.

Il linguaggio narrativo e stilistico della prima parte di Blood & Gold non può che appartenere al western più classico, facendo di tutto pur di replicare quello stesso immaginario seppur calato in territorio tedesco, tra fuga dalla morte a causa di un incontro fortuito, conseguente ripresa e feroce ricerca di vendetta, portando con sé sottotrame amorose e drammatiche introspezioni psicologiche.

Eppure qui il film sorprende, poiché se venduto come vengeance movie, Blood & Gold non sembra affatto interessato a muoversi lungo quella traccia narrativa. Non vi è infatti vendetta, piuttosto fuga continua e inseguimento di una propria salvezza in una realtà incredibilmente spietata e letale, trattandosi del periodo conclusivo della Seconda Guerra Mondiale.

Periodo durante il quale i tedeschi, o meglio, i soldati tedeschi, si muovono un po’ consapevolmente e un po’ no, tra incapacità di gestire la fine e incessante ricorso alla violenza, pur di sfogare quella rabbia a lungo inespressa e resa definitivamente libera allo scoppiare della guerra.

Da qui in poi si affollano sottotrame che intrecciano tragici destini familiari, a ricerca di un nuovo inizio di vita grazie ad una fortuna in oro nascosta in una piccola e dimenticata cittadina della Germania raggiunta per tale scopo – o leggenda – da una spietata truppa delle SS, capitanata dal temibile e sfigurato Von Starnfeld (Alexander Scheer), il villain del film francamente poco interessante, poiché superficialmente caratterizzato, se non del tutto ignorato, a metà strada tra il Teschio Rosso (Hugo Weaving) di Captain America – Il primo Vendicatore e l’Hans Landa (Christoph Waltz) di Bastardi senza gloria, di entrambi, soltanto l’apparenza.

Blood & Gold: valutazione e conclusione

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Blood & Gold ha un unico grande merito, quello di riflettere con sorprendente efficacia sulla possibilità di rileggere Django e Bastardi senza gloria attraverso i topos e gli stilemi del cinema demenziale, soffermandosi su dettagli fieramente non-sense di sguardi, accadimenti ed emozioni talmente fuori luogo e sopra le righe rispetto al contesto cui appartengono risultando incredibilmente esilarante.

Un film senz’anima e senza cervello, la cui componente action, fatta di violenze, esplosioni e sangue risulta essere tristemente povera, così come ogni altro elemento del film, veicolandolo ancor più rapidamente verso il disastro insalvabile.
Blood & Gold è disponibile su Netflix a partire dal 26 maggio 2023.

Regia - 1.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 1.5
Recitazione - 1.5
Sonoro - 1.5
Emozione - 1.5

1.5

Tags: Netflix