Boss Level – Quello che non ti uccide: recensione del film di Joe Carnahan
Boss Level - Quello che non ti uccide è il nuovo film di Joe Carnahan, disponibile dal 19 luglio 2021 su Amazon Prime Video. Nel cast Frank Grillo, Mel Gibson e Naomi Watts.
Vivi, muori, ripeti. Come aggiornare la formula più fortunata del cinema contemporaneo? Semplice: si alza la posta in gioco. Così Boss Level – Quello che non ti uccide, ultimo film Amazon Prime Video disponibile sulla piattaforma dal 19 luglio, arriva sui piccoli schermi come il più difficile dei videogiochi sulla piazza. Proprio così; videogiochi. Perché se c’è una forma a cui il film diretto da Joe Carnaham guarda è proprio l’ambiente a livelli, costruito in un susseguirsi di nemici e quest. E se si sbaglia? Si riparte dall’ultimo salvataggio: quel folle 9 maggio in cui il protagonista interpretato da Frank Grillo continua (e continua, e continua, e continua) a risvegliarsi.
Si parla di tentativi, e ognuno permette al nostro eroe di andare un po’ più in là nelle vicende, alla ricerca di una spiegazione. Non sappiamo bene perché l’industria sia ancora così convinta di questa struttura alla Groundhog day, ma d’altronde proprio Prime Video ha prodotto di recente una delle sue espressioni più riuscite: Palm Springs. Boss Level è però tutto un altro film, e fa dell’esplosione ripetuta, enfatizzata e divertita la propria attrattiva. Ci riesce? Forse sì, forse no: forse la distrazione ha la meglio e dopo l’ennesimo tentativo si guarda oltre la centesima capriola alla ricerca di una trama. E gran sorpresa, la troviamo. Niente di nuovo, ma abbastanza da condurci verso un finale mai più aperto di così. Che sia l’inizio di una saga di loop a firma Amazon?
Boss Level – Quello che non ti uccide, ma quanto è cool morire?
Come dicevamo: un videogioco. Boss Level apre le danze (espressione calzante dato il numero di piroette) con una dichiarazione d’intenti. Musica 8bit, schermata di gioco e scelta del personaggio. È Roy Pulver l’eroe predestinato. Ex soldato con qualche problema d’alcolismo, vive il loop con un disincantato coinvolgimento. Ci ricorda l’inizio di Deadpool 2, anche per un voice over insistito (e spesso superfluo) e un diffuso atteggiamento sarcastico. La vicinanza con l’eroe è tutta nel divertimento delle ripetute morti. Scopriamo infatti che Roy non rivive una giornata qualsiasi, ma il tentativo continuo di loschi individui alla ricerca della sua morte. Ogni killer si caratterizza dalla tipologia di omicidio, e alcuni (come la guerriera cinese) sono davvero simpatici. Anche qui, il cartoon ha la meglio. Non solo perché come per Willy il Coyote poco cambia se ci si schianta contro un muro, ma anche perché il divertimento è tutto lì.
Roy Pulver, veterano tutto muscoli e charme, dona alla formula il giusto stile, per quanto una fotografia priva di profondità fallisca nel mascherare lacune nella CGI. Come dicevamo, il tutto si fa interessante quando lo schema incontra una trama animata da un cast inaspettato. Partiamo dal cattivo: Mel Gibson. Proprio lui, Arma Letale. Affilato e parco di arroganza è il cattivo dai grandi discorsi e dai dubbi moventi. Segue a ruota Naomi Watts, moglie del soldato e scienziata dietro il misterioso loop. Sia ben chiaro: non si capisce granché del perché le cose avvengano e le spiegazioni para-scientifiche hanno il sapore di quella complessità che si è costretti ad accettare perché “così è”. Ma va bene così.
Vivi, muori, impara
E a forza di morire, qualcosa si impara. Anzi: a forza di vivere, qualcosa si impara. In fondo è questo il “grande” insegnamento della struttura alla Groundhog Day. Inutile sperare in molte occasioni, perché ogni giorno può iniziare una nuova vita. E cosa impara il nostro soldato? Ovviamente ad amare, e a smettere di bere. Il figlio mai davvero (ri)conosciuto diventa infatti il centro dei suoi ripetuti tentativi, che d’improvviso si tingono di una metafora degli sforzi genitoriali. E della vita sentimentale in genere. Di mezzo però ha la meglio la piroetta, con la pistola in una mano e la katana (“spada cinese”, pardon) nell’altra. Per salvare la struttura reiterata (e reiterante) basta infatti dimenticarla e affidarsi a uno schema d’azione diretto a mestiere e privo di grandi difetti.
D’altronde, anche quando non dichiarata, la struttura è sempre lì. Dai cinecomics all’action più puro. Anche perché, sennò, i nostri cari John Wick del cinema moderno sarebbero morti tempo addietro. Semplicemente, vivono, muoiono e vivono di continuo; tutto per il giubilo dello spettatore. Boss Level inizia da videogioco e finisce da giocattolone: diverte ma stanca presto. Anche se quel cliffhanger finale vi incastrerà un po’.