Bread & Roses: recensione del documentario di Sahra Mani
La regista Sahra Mani dirige un documentario coraggioso che sfida l'islamismo radicale talebano.
Il 22 novembre 2024 arriva su Apple TV+ il documentario Bread & Roses di Sahra Mani, già regista di A Thousand Girls Like Me (2019), film attraverso il quale prende di petto le storture della società afghana, in particolare quelle del sistema giudiziario, adottando una prospettiva femminista.
Con la caduta di Kabul per mano dei talebani, nel 2021, la situazione per le donne peggiora ulteriormente. Mentre le truppe statunitensi, dopo un’invasione durata vent’anni, con la quale avrebbero dovuto portare una fantomatica democrazia, abbandonano l’Afghanistan, il paese scivola nuovamente sotto la legge della shari’a e di una delle più retrive e radicali interpretazioni dell’Islam.
Per la popolazione femminile significa la fine della possibilità di andare a lavoro, di studiare e di avere un minimo di autodeterminazione. Mani decide allora con Bread & Roses di raccontare la storia di tre donne, una dentista che perde la possibilità di esercitare, un’attivista che scappa in Pakistan e un’altra che rimane a Kabul. Le tre donne fanno parte di un gruppo di protesta non violento, che subisce la repressione più spietata da parte delle autorità.
Bread & Roses. Un documentario femminista
Sahra Mani segue queste tre donne con grande partecipazione, mostrandoci il loro lato umano, le loro vicende personali e le loro tribolazioni, eppure non perde mai di vista la situazione generale. Pone sempre l’attenzione dello spettatore sui fatti della storia politica del paese e delle categorie di pensiero patriarcali su cui si regge l’ideologia talebana. Lo fa grazie a una serie di immagini estrapolate da cellulari e fotocamere che restituiscono la presenza della violenza nella quotidianità. Ci mostra, da un lato, donne e ragazze spaventate, mentre alle loro porte i calci delle milizie talebane si fanno sempre più pressanti. Strade invase da uomini dal volto coperto e con le armi in pugno, che aggrediscono donne inermi, sospinti da un perverso, e fin troppo abituale, matrimonio fra ideologia reazionaria e religione – si ricordi, a mero titolo esemplificativo, che i nazisti avevano scritto sulle proprie cinture la frase Dio è con noi, mentre i nazionalisti sionisti ritengono la Palestina una loro proprietà, in quanto terra promessa loro da Dio.
Dall’altro lato, invece, attraverso un simile mix di immagini di bassa e alta qualità, come in una sorta di doppio/nemesi dell’orrore, la regista ci racconta la forza della sorellanza, della solidarietà femminile, che si erge contro la bestia islamista. Si tratta di immagini in cui le donne si supportano, mettono a nudo i propri sentimenti, oppongono alla violenza delle armi i loro corpi. Immagini che ci restituiscono volti, che, cinematograficamente, divengono territori, paesaggi dell’anima di una nazione martoriata prima dagli invasori occidentali e ora dagli islamici radicali.
Bread & Roses: valutazione e conclusione
Ancora una volta il cinema mostra la sua capacità di andare oltre la verità apparente di una situazione, per estrapolarne una realtà più profonda e universale. Mani raccontandoci il proprio paese, finisce per parlarci di un tema attuale in tutto il mondo: quello del rapporto fra tradizioni di potere millenarie e donne. In altre parole, senza fronzoli e baracconate pop, ci pone davanti alle conseguenze del potere di questa entità che ultimamente appare un po’ ovunque nella cultura popolare audiovisiva: il patriarcato, incarnato qui dal potere politico/religioso. E ce lo racconta non solo da una prospettiva femminile, ma da una prospettiva di lotta femminista, in quanto l’occhio che riprende e mostra, per una volta female gaze, diventa arma con cui attaccare e intaccare la struttura epistemica stessa del radicalismo talebano.
Quest’ultimo, infatti, vorrebbe nascondere, coprire, addirittura eliminare la possibilità per l’essere umano di rappresentarsi attraverso la riproduzione della figura umana stessa, ribadendo il concetto per cui l’uomo non solo non può direttamente conoscere il divino, ma non può nemmeno pensare di conoscere e riprodurre l’immagine materiale a esso più prossima (quella umana appunto). Ovvero vorrebbe eliminare la possibilità per il soggetto di essere tale, di auto-riconoscersi e dunque di autodeterminarsi in quanto soggetto agente, in grado di creare e ricreare la propria identità. Ebbene in Bread & Roses, tutto questo viene negato dall’occhio femminile del cinema, che produce riproducendo, scopre, mostra e così dona nuovamente una soggettività proprio a quei volti che più di tutti rischiano di essere cancellati, all’interno del contesto sociopolitico afghano, quelli delle donne.