Brian e Charles: recensione del film con David Earl

Brian e Charles mescola umorismo, sentimento e un pizzico di fantascienza per parlarci di amore, amicizia, solitudine. Dal 31 agosto 2022 nelle sale italiane.

La combinazione di humor britannico, bei sentimenti e una vaga ma solida impronta sci-fi finirà per polarizzare i giudizi su Brian e Charles più di quanto sarebbe necessario. La campana suonerà per qualcuno, per altri invece no. Volendo tirare le somme, il film, diretto da Jim Archer, ha tutto per essere una delle commedie più calibrate e divertenti dell’anno. Chi si ne allontana lo fa a suo rischio e pericolo. Un buon grado di originalità, una premessa interessante, gli ingredienti dosati con perizia. Si aggiunga anche una certa disinvoltura nel mettere in piedi l’operazione che è tutto tranne che casuale.

Brian e Charles cinematographe.it

Non è un caso, proprio no, perché David Earl e Chris Hayward (è lui dentro la lavatrice) sono legati al film da una doppia promessa; attori, certo, ma anche sceneggiatori. Una storia che parte da lontano. Spettacolo teatrale, prima, cortometraggio, sempre per la regia di Archer, poi, quindi Brian e Charles. Nelle sale italiane dal 31 agosto 2022 per Lucky Red e Universal Pictures International Italy. Completano il cast Louise Brealey e Jamie Michie. Ora, concluse le presentazioni, sotto con il robot.

Brian e Charles: la strana coppia

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A quanto pare, gli inverni in Galles sono proprio come uno se li immagina. Brian (David Earl) da quelle parti c’è nato e continua a viverci ma la cosa non sembra aiutarlo per niente, anzi. L’ultimo inverno, in particolare, lo lascia particolarmente giù di corda. Solo e senza scappatoie, la depressione sul pianerottolo, Brian decide di spezzare il monotono, sconfortante ritmo delle sue giornate portando alle estreme conseguenze quella creatività torrenziale che da sempre è il suo segno distintivo. Inventore tuttofare piuttosto audace e spericolato, per istinto e perché non c’è niente di meglio da fare, l’ultima “creazione” è diversa dalle altre e non solo per la complessità dell’operazione, ma anche per la posta in gioco.

Brian è oppresso dal fardello di una solitudine importante. Un po’ Geppetto, un po’ Robinson autodidatta che Venerdì se lo fa da solo, un po’ dottor Frankenstein dopo un paio di whisky di troppo, Brian trova in Charles (Chris Hayward) il più insperato degli antidoti. Charles, Charles Petrescu, un nome fantastico, se lo sceglie il robot da solo dando prova di una robusta propensione all’autodeterminazione. Brian e Charles è la cronaca delle peripezie di una coppia strana e adorabile, incrocio di affinità e fame di sentimenti. Charles ha una curiosità insaziabile, parla con toni impersonali ma dentro è dolcissimo, si muove insieme con goffagine e un certo stile, è per Brian tante cose insieme, figlio, amico e fratello.

A tratti la relazione fra i due somiglia proprio a quella di un padre con un figlio. Brian è il genitore apprensivo che ha paura del mondo e cerca di preservare il figlio dalla tentazioni e dai pericoli, senza riconoscere fino in fondo l’egoismo della proposizione. Charles ha voglia di mordere la vita ma non sa valutare i rischi. In un paesino del Galles rurale anche la minima deviazione dagli standard può mettere nei guai, figuriamoci una lavatrice parlante. C’è il bullo di zona (Jamie Michie) che ha messo gli occhi su Charles e questo è un grosso problema. Bisogna andare in suo soccorso, per questo Brian cerca l’aiuto di Hazel (Louise Brealey), di cui è innamorato, ricambiato ovviamente, ma i due sono troppo timidi per combinare alcunché.

L’amore, l’amicizia e la solitudine raccontati con umorismo e senza essere cinici

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L’impronta formale della storia è quella di un mockumentary (film di finzione girato come se fosse un documentario) appena abbozzato. Il Brian che conosciamo nella prima parte del film le tenta tutte pur di non soccombere allo sconforto e alla solitudine, addirittura ingaggia un dialogo serrato con la troupe immaginaria che dovrebbe documentare ogni istante della sua giornata e la polvere di stelle del suo genio squinternato. La soluzione narrativa/strutturale dona al film freschezza, questo vale soprattutto all’inizio, perché man mano che la relazione tra i due protagonisti procede, Brian e Charles tende a mettere di lato le audacie formali per concentrarsi sui sentimenti. Scelta condivisibile con un fondo di rimpianto.

Brian e Charles non porta alle estreme conseguenze la parentesi mockumentary perché il suo focus e il suo discorso guardano altrove, peraltro giustamente. Peccato comunque, perché l’idea era interessante e in fin dei conti inespressa. Appunto marginale per un film sovversivo quasi senza volerlo, che racconta l’amore, l’amicizia, il bisogno e la necessità di un contatto tra le persone ma non per questo si piega al cinismo imperante. Neanche insegue la scorciatoia ruffiana del sentimentalismo. I suoi temi li sceglie e li coccola con empatia, delicatezza, una gran voglia di non prendersi troppo sul serio e una certa aria distaccata e serafica che è molto, molto inglese.

Il cast adatta il passo al mood di Brian e Charles e ne irrobustisce l’umorismo dolce e malinconico con un racconto sentito delle debolezze, delle fragilità ma anche della forza incrollabile di persone comuni che sanno vivere la vita col cuore al posto giusto. David Earl e Chris Hayward non faticano a definire le cordinate umoristiche e sentimentali di una storia che li accompagna da tanto, hanno un’idea chiara del ritmo e del tono e sanno cosa fare con l’originalità della premessa, supportati dalla freschezza e dalla vitalità della regia competente di Jim Archer. Risate, emozioni e la voglia di andare fuori schema sono, a conti fatti, una buona ricetta.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.1