Bronx: recensione del film Netflix di Olivier Marchal

Il nuovo ruvido e teso poliziesco firmato da Olivier Marchal ci scaraventa nella Marsiglia odierna per mostrare gli effetti devastanti di una guerra a tutto campo tra la criminalità organizzata, una squadra anti-gang locale e un gruppo di poliziotti corrotti. Disponibile su Netflix dal 30 ottobre. 

Il Bronx è ritenuto uno dei quartieri più pericolosi e malfamati di New York City, motivo per cui nel gergo comune il suo nome viene associato spesso a quelle aree metropolitane dalle quali è meglio stare alla larga, dove le Istituzioni e le forze dell’ordine fanno fatica a fare rispettare le regole e la legge, poiché queste sono dettate e saldamente nelle mani della criminalità locale e non, più o meno organizzata. Viene da sé che Olivier Marchal ha deciso di prenderlo in prestito per tenere a battesimo del fuoco la sua ultima fatica dietro la macchina da presa targata Netflix (disponibile sulla piattaforma dal 30 ottobre), Bronx appunto, nella quale il cineasta francese ci porta tra le strade della Marsiglia odierna per mostrare gli effetti devastanti di una guerra a tutto campo tra i clan impegnati in una sanguinaria faida per il controllo delle piazze di spaccio, una squadra anti-gang locale e un gruppo di poliziotti corrotti.

Bronx: un poliziesco dal fortissimo retrogusto crime e noir, ruvido e senza peli sulla lingua

Si tratta, neanche a dirlo, di un nuovo poliziesco dal fortissimo retrogusto crime e noir, ruvido e senza peli sulla lingua come Marchal ci ha abituati sin dai tempi di Gangsters. Un modus operandi e una cifra stilistica divenuti negli anni un marchio di fabbrica del suo modo di concepire l’audiovisivo attraverso un mix riuscito di tragedia antica nella sfumatura esistenzialista della corruzione e di codici del cinema di genere, dove la violenza nelle sue espressioni sanguinarie non è fine a se stessa ma funzionale alla storia narrata, come William Friedkin e Jean-Pierre Melville hanno ampiamente dimostrato e lasciato ai posteri. Ed ecco che la sua penna prima e la cinepresa poi hanno partorito un’altra declinazione trans-genere e iper-cinetica, ma saldamente realistica, capace di trasudare dramma, illegalità, adrenalina, brutalità e marciume morale. Elementi che, iniettati a dosaggi differenti, hanno alimentato e fatto la fortuna di 36 Quai des Orfèvres, L’ultima missione, Gang Story e della serie Braquo.

In Bronx viene dipinta la “natura morta” di un’umanità votata all’auto-distruzione e alla spasmodica ricerca del potere e della ricchezza a tutti i costi

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In Bronx, il regista transalpino dipinge l’ennesima “natura morta” di un’umanità votata all’auto-distruzione e alla spasmodica ricerca del potere e della ricchezza. Marsiglia diventa come la Miami di Michael Mann una “cloaca” affacciata sul mare, dove fare affari illeciti sulla vita degli altri. Qui va in scena la tradizionale lotta per il dominio in una terra di tutti e allo stesso tempo di nessuno, nella quale si scontrano a colpi di lama, proiettili e pericolosi doppi giochi, forze del bene e del male. Forze che però sono costrette il più delle volte a “penetrare” l’una nell’altra per avere la ragione. Dunque l’universo di personaggi che le popolano non stanno mai perfettamente dalla rispettiva parte della barricata, con i poliziotti che spesso si trasformano in mele marce finendo sul libro paga di qualche malavitoso, agiscono non alla luce del sole o sono costretti a sporcarsi le mani per ottenere dei risultati, che il più delle volte portano a pesanti conseguenze come nel caso dell’epilogo del film di Marchal. Questo per dire che gravitiamo dalle parti di Tropa de Elite o A.C.A.B., laddove José Padilha e Stefano Sollima hanno dipinto dei ritratti fuori bolla e non politicamente corretti delle forze dell’ordine, nei quali i rappresentanti della legge possono essere anche vittime e carnefici di se stessi.

I protagonisti di Bronx sono degli anti-eroi che per provare a sopravvivere decidono di scendere all’Inferno per conquistarsi un posto in Paradiso

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Sin dal suo esordio nel 2002, Marchal ha portato sugli schermi delle storie che hanno come obiettivo principale quello di mostrare e raccontare le due facce della stessa medaglia, con anti-eroi che per provare a sopravvivere decidono o vengono costretti a scendere all’Inferno per conquistarsi un posto in Paradiso. L’autore sa di cosa sta parlando e in quanto ex-poliziotto lo sa rappresentare molto meglio di chiunque altro. Forse per questo al suo cinema, ai suoi script e ai suoi personaggi crediamo e ci appassioniamo, poiché portatori di sprazzi o parti più o meno grandi di verità e realismo, ovviamente romanzati. Bronx non raggiunge le vette di scrittura, di messa in quadro e di recitazione (nel cast figurano anche Claudia Cardinale e Jean Reno) di 36 Quai des Orfèvres, che riteniamo senza dubbio alcuno il punto più alto della filmografia di Marchal, ma resta comunque una pellicola che riesce a tenere a sé il fruitore grazie a un susseguirsi di eventi che sul piano mistery e action (su tutte le scene dell’irruzione armata nel club da parte dei corsi e quella dell’imboscata notturna durante la consegna della partita di droga sulla spiaggia) generano interesse e sussulti degni di nota.      

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3.5
Emozione - 2.5

3.1

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