Venezia 74 – Brutti e cattivi: recensione del film di Cosimo Gomez
Brutti e cattivi è un caper movie dalla comicità dark che indaga sulla disabilità senza pietismi, ma con ironia e comicità.
Brutti e cattivi (qui il trailer), esordio alla regia di Cosimo Gomez, è un film in concorso nella sezione Orizzonti della 74ª Mostra del Cinema di Venezia, in uscita nelle sale a partire dal 19 ottobre con 01 Distribution.
Protagonisti di questa laida commedia sono un manipolo sgangherato di persone che progettano una rapina in banca, tra cui il Papero (Claudio Santamaria) ex circense senza gambe, Ballerina (Sara Serraiocco) senza braccia ma con una grande padronanza di gambe e piedi, Pliss (Simoncino Martucci) un rapper gangster nano e Giorgio Armani detto il Merda (Marco D’Amore) un tossicone con i rasta e la canna sempre accesa.
Questo gruppo di infelici mendicanti un giorno, stanchi della propria condizione infausta, si daranno alle ruberie, consacrando un’esistenza miserabile ad un futuro nel benessere e nel lusso. Ma i soldi facili daranno il via a una serie di sfortunati eventi: mafia cinese, prostitute in schiavitù e vendette personali, che porteranno questa banda di freaks a dover sgomitare per esistere, in un mondo che gli riserva o la pietà o il crimine.
I protagonisti di Brutti e cattivi sono esseri ripugnanti, offensivi e immorali
Brutti e cattivi colpisce senza dubbio per l’estetica, i colori psichedelici, saturi, quasi accecanti, ed è sostenuto da un’idea rischiosa, che osa e tratta un argomento delicato, quale la disabilità, spaziando attraverso tutto ciò che appartiene a questa parola. Non è una semplice disabilità fisica parte del tessuto filmico, ma le avversità della vita stessa, di chi subisce angherie e sopraffazioni senza rimanerne sconfitto. Ed è la reazione forte, viscerale dei protagonisti a essere il perno su cui si fonda una pellicola dissacrante e coraggiosa.
I personaggi vengono presentati come inabili e solitari mendicanti, ma ben presto ci si rende conto di come siano abili a reagire alla loro sfortuna, nei modi più dissoluti o con mezzi totalmente disattesi. I protagonisti sono esseri ripugnanti, offensivi, immorali, viziosi, tutti aggettivi che difficilmente vengono accostati a persone con gravi difficoltà fisiche, perché è ingiusto. Si, questo film è ingiusto, ma in modo anche positivo, trasla il dolore e la compassione attraverso spunti comici, nell’idiozia, nell’avventatezza, nell’assurdo e, perché no, nel trash.
Nel creare questi personaggi malandati tutto ciò che rimane è la caricatura dell’essere umano
Questa raffazzonata armata Brancaleone riprende lo spirito del capolavoro Brutti, sporchi e cattivi, aggettivi che descrivono esattamente i protagonisti e chi li guarda, chi li compatisce e chi ne ride. Le prove attoriali sono decisamente apprezzabili, come anche il tono bizzarro e paradossale di alcune scene. Sicuramente alcuni sketch risultano forzati, poco elaborati e ridondanti, ma non è questo che riecheggia nella mente dello spettatore.
L’idea principe della pellicola – ovvero di approcciare alla sfortuna con ironia beffarda – è giusta, complice un cast meritevole del ruolo che incarna, ma nell’insieme c’è qualcosa che non funziona. Ed è proprio la storia a risentirne. Nel creare questi personaggi malandati e scorbutici si perde coesione nella trama e la tensione narrativa si dissolve, e tutto ciò che rimane è la caricatura dell’essere umano, tanto reale quanto depravato.
Questo caper movie nostrano ha una potenza e una comicità dark che si sprigiona tutta nella prima parte e lentamente, dopo aver imbastito il clima e l’atteggiamento derisorio e grottesco, sembra esaurirsi, perdendosi in ovvietà e in un consumato happy ending. Un’occasione mancata per il regista di realizzare un’opera irriverente ma che purtroppo sperpera il proprio vigore con una drammatizzazione vincolata, un finale pacato e spento, e pillole di religione, visioni e utopie che dicono troppo di una pellicola che mente sulla propria spietatezza, o forse che eccede in entrambe le direzioni.