Burning- L’amore brucia: recensione del film di Lee Chang-dong
Un affresco sulla solitudine dal ritmo compassato ma efficace nella resa visiva. L'ultimo acclamato film di Lee Chang-dong è un film imperdibile.
In concorso al Festival di Cannes 2018 e rappresentante della Corea del Sud per la categoria Miglior Film Straniero agli Oscar 2019 , Burning- L’amore brucia è il sesto film da regista per Lee Chang-dong. Con un passato da scrittore e regista teatrale e insegnante di letteratura coreana, sfrutta tutta la sua tecnica e lo stile aggraziato e minimale dirigendo un’opera fortemente improntata sul dramma personale dei suoi interpreti. Un viaggio distruttivo che sembra non raggiunga mai una sua conclusione, con monologhi dettati dal silenzio tombale delle location. Un’eterna contraddizione fra rumore fragoroso degli animi in conflitto e direzione impeccabile e perfettamente impostata: questo è Burning.
Burning – L’amore brucia: i tempi narrativi sono scanditi da una solida intesa fra i protagonisti
Partendo da un soggetto tratto dal racconto breve di Haruki Murakami, Granai Incendiati, Chang-dong mette in scena un romanzo cinematografico. Dalle poche pagine a disposizione da esaminare, il regista coreano segue le dinamiche di tre persone distinte ma affette dallo stesso problema: essi abbracciano una vita discrepante rispetto a quella che vorrebbero avere; come risultato la solitudine si manifesta e diviene un morbo contagioso capace di prendere possesso della cinepresa.
Jong-su (Yoo Ah-in) è un fattorino con aspirazioni letterarie. Un’esistenza sedentaria dipinge le sue giornate spente e senza sbocchi lavorativi. Un giorno incontra Hae-mi (Jeon Jong-seo) facendo una consegna. È l’inizio di una love story molto particolare, nella quale verrà coinvolto anche Ben (Steven Yeun), un uomo tanto ricco quanto misterioso. Il triangolo amoroso si tramuta in un gioco al massacro, dove il singolo individuo è spezzato e non segue una bussola precisa. Nel riprendere i tre attori immortalandoli in frame evocativi, Chang-dong alla regia cerca di tendere loro la mano ma riceve in cambio un netto rifiuto, come se dovessero scontare un’inevitabile pena lunga l’intera durata di film.
Un film dai forti contrasti
Si predilige un ritmo placido, a fuoco lento. Burning è un bruciante dramma che nasconde dei connotati thriller lungo il percorso. Si scava dentro le inquietudini di una pluralità di persone che rimangono bloccate in scompartimenti, in classi sociali predefinite. I rapporti interpersonali vengono messi a repentaglio da parole non dette, da ricordi offuscati, bugie bianche e metaforiche verità. Jong-su nutre in sé una gelosia incontrollabile, con l’arrivo di un terzo componente che viene paragonato al Grande Gatsby: Ben per lui è un jolly intraducibile, pieno di segreti che non verranno mai svelati.
Una gelosia che proviene da un incurabile invidia, essendo Jong-su un giovane neo-laureato in scrittura creativa confinato nella città diroccata di Paju. Un ragazzo guidato da speranze pronte ad essere infrante che si mette in paragone con un affabile e affascinante uomo in carriera. Hae-mi invece è una danzante nube ricca di fittizie sfaccettature, che scuote gli animi dei due interpreti maschili senza mai prendere una decisione effettiva. Tre personaggi vagano indisturbati tra l’ambiente rurale di Paju e il distretto di Yongsan senza una meta prefissata. Burning trova una sua dimensione nelle dualità che ci rappresentano. Tra ricchezza e povertà, presenza e assenza, dovere e piacere: tutto è doppio e tutto può doppiamente ingannare gli occhi e il cuore.
Burning- L’amore brucia: la regia è un occhio indiscreto che agisce in totale silenzio
Chang-dong è esprime tutta la sua amarezza nei confronti delle vittime del racconto indugiando su piani ravvicinati e soggettive sfocate. La regia funge da grido strozzato incapace di dare una svolta al lento incedere del film. Non resta che lasciar posto al silenzio parlante, all’atmosfera desolata che in realtà sprona i protagonisti a rivelare il loro essere, la loro sostanza informe. Il mostro che risiede in loro è la sensazione di abbandono: sintomi e sensazioni velate di disagio, paura e angoscia scandiscono i tempi narrativi, rafforzando il solido e immacolato intervento registico.
Il film è un sistema a circuito chiuso difettoso che trova nel cambio di registro il colpo di scena ideale. Burning sa come e quando colpire lo spettatore, incapace di prevedere gli esiti di una raffigurazione disincantata della solitudine. Il finale risulta in tal senso sia rivelatore che devastante: le contrapposizioni vengono appianate da un confronto acceso e lo spiraglio per liberarsi dall’esclusione e dall’assoggettamento si allontana notevolmente dall’obiettivo della macchina da presa. L’esperienza letteraria di Chang-dong si evolve, con dilatazioni e location distorte in grado di sviscerare le emozioni di giovani ragazzi già stanchi di combattere o di affermarsi.
Burning: trailer e poster USA del film coreano di Lee Chang-dong
Le musiche vengono archiviate per gran parte di girato. La parola viene concessa ad una sceneggiatura animata dalla volontà di irrompere nel rapporto instabile che si crea fra Jong-su, Ben e Hae-mi, con questi dotati di voci flebili e di una forza interiore da riscrivere in corso d’opera. È una storia abbozzata, dal tratto leggero e morbido, suggerita piuttosto che raccontata in atti ben definiti. La regia e la fotografia si servono della struttura narrativa atipica per disfare dalla radice l’anonima quotidianità che caratterizza i suoi interpreti principali, conducendoli in un vortice demolitore degno di essere immortalato.
Burning- L’amore brucia è prodotto da NHK e Pine House Film ed è distribuito in italia dalla Tucker Film. L’uscita è prevista nelle sale il 19 Settembre.