Caffè: recensione del film di Cristiano Bortone
Presentato come Evento Speciale all’interno della sezione Giornate degli Autori della 73esima edizione della Mostra Cinematografica di Venezia, Caffè è una co-produzione italiano-cinese-belga che nasce dalla regia di Cristiano Bortone e che rappresenta la sua settima fatica, l’ultima di una serie di lavori che si alternano fra lungometraggi di finzione (di cui Rosso come il cielo, opera che gli valse un David di Donatello Giovani nel 2007 e numerosi riconoscimenti a livello internazionale) e documentari dei quali si ricorda il non troppo recente L’odore della Terra – Ritratti dell’arte contemporanea in Puglia, presentato in anteprima nazionale alla 54esima Biennale di Venezia nel 2012.
La bevanda che conferisce il titolo al film è anche l’elemento principale (ma non l’unico) che salda insieme le tre storie narrate, ognuna delle quali ambientata in un diverso luogo del pianeta.
Si parte dal Belgio, paese in cui Ahmed, un immigrato iracheno, gestisce il proprio negozio: durante alcuni scontri di piazza piuttosto violenti, Ahmed viene derubato di una caffettiera d’argento. Grazie a un documento accidentalmente caduto durante la rapina, l’uomo riuscirà nell’intento di rintracciare il ladro per farsi restituire l’oggetto.
Ci si sposta, quindi, verso il Bel Paese: in Italia, Renzo è un appassionato di aromi di caffè che, un giorno, viene coinvolto e trascinato a rapinare una torrefazione, ma le cose non andranno come previsto e il ragazzo si troverà dinanzi a insormontabili ostacoli. In Cina, infine, Ren Fei è il manager di una fabbrica che rischia di annientare il prezioso paesaggio di una valle nello Yunnan, splendida regione ai confini con il Laos e terra d’origine dell’uomo, che da giovane abbandonò le piantagioni di caffè per cercare fortuna altrove, trovandola a caro prezzo.
Il caffè è l’elemento che lega le tre storie narrate, diverse fra loro ma unite dalla battaglia personale dei protagonisti
Ed ecco che, quindi, il caffè si fa improvvisamente ben più che una bevanda: simbolo di qualcosa che è estremamente prezioso, il quale significato viene (ri)scoperto solo una volta perduto o, ormai, distante nel tempo. Bevanda ricca di odori e sapori (secondo i sommelier ne ha tre, esattamente quante le vicende raccontate e i personaggi coinvolti), il caffè è indiscusso fil rouge, tanto nella propria apparizione come piccola immagine ricorrente quanto, soprattutto, per l’emblema che raffigura, dei tre contesti sociali profondamente differenti che fanno sfondo a ogni “episodio”.
L’intento di Bortone è sincero e chiarissimo: l’autore desidera far luce sulle immense incertezze e dalle ferite generate dai tempi in cui egli stesso vive, tempi in cui vivono anche i suoi personaggi e in cui viviamo, infine, noi spettatori.
È indubbio che Caffè rappresenti, pertanto, un’opera piuttosto ambiziosa, che però, non utilizzando a fondo il rapporto di ognuno dei presenti personaggi con la propria personale piccola battaglia contro qualcosa di immensamente più grande e “fuori portata”, non riesce a fornire un adeguato ritratto di ognuno dei tre contesti che dipinge, dando l’idea che sia fuori portata anche lo scopo stesso dell’opera.
Immigrazione, emergenza ecologica, scontri di ogni tipo fra popoli e culture portatrici di differenti tradizioni fanno da colonna portante dell’opera di Bortone: opera che, sine dubio, resta un’aspra e drammatica riflessione sui numerosissimi temi proposti, ma forse più per la natura di questi – in qualsivoglia modo li si possa o voglia trattare – che per il gusto amaro di una critica portata avanti con lo spirito e l’audacia che servirebbe e che, all’autore, è mancato.
Caffè è in uscita nelle sale cinematografiche il 13 ottobre, distribuito da Officine UBU. Nel cast Ennio Fantastichini, Dario Aita, Miriam Dalmazio, Michael Schermi, Hichem Yacoubi, Koen De Bouw, Zhuo Tan, Fangsheng Lu, Sarah Yimo Li, Babak Karimi, Xiaodong Guo, Qi Xi, Zhang Yuqi, Tongsheng Han.