Cake: recensione
Io sono stata una brava madre.Il macigno che si porta dentro Claire Bennett è troppo grande da sopportare. Il corpo e il volto pieno di cicatrici non fanno che accentuare l’atroce sofferenza con la quale la donna, madre e moglie, deve convivere. Nomination agli Oscar come Migliore Attrice protagonista a Jennifer Aniston, per la sua ottima interpretazione, degna del salto di qualità. Quasi un nuovo esordio per l’attrice americana, che dopo tanta commedia finalmente ottiene un ruolo serio e drammatico con diverse sfumature. Peccato per il finale del film troppo veloce e per la sceneggiatura che non scava a fondo e non incide sulla storia.
Cake, diretto da Daniel Barnz, esce in sala il 7 maggio 2015 distribuito da Warner Bros. Pictures. Il film, tanto atteso, racconta del dolore fisico e morale che tormenta Claire. Un incidente stradale dal quale è salva per miracolo le ha lasciato evidenti cicatrici addosso. Cammina, barcolla e sussulta. In macchina sta sdraiata. È nervosa e piena di rabbia. Ha mandato via da casa il marito (Chris Messina) e ha allontanato gli amici. Con lei è rimasta solo Silvana (Adriana Barraza), la governante. Persino il gruppo di supporto sul dolore l’ha buttata fuori, stanca del suo comportamento e atteggiamento.
Cake si apre durante una riunione del gruppo. La terapista (Felicity Huffaman) chiede alle donne di parlare del suicidio di Nina (Anna Kendrick), anche lei membro. In seguito a questo tragico evento in Claire avviene qualcosa. Nasce una nuova ossessione che la spinge a interrogarsi in modo continuo e spasmodico su vita e morte, esplorando il confine tra pericolo e salvezza. Il suo è un cuore spezzato, ferito e lacerato proprio come quello del marito di Nina, Roy (Sam Worthington). Sono due persone che soffrono. Si incontrano, si conoscono e si supportano. Uno non può, però, salvare l’altra e viceversa. Posso solo farsi coraggio a vicenda, mettendo da parte il senso di colpa per non aver fatto di più, l’una come madre e l’altro come marito.
Cake ruota attorno all’angosciante perdita di una persona cara. Jennifer Aniston è perfettamente nel personaggio, lo fa suo e compie una grande prova attoriale. La scelta di partecipare a questo film potrebbe significare un cambio di rotta. Un cinema più impegnato rispetto alle solite commedie americane. Un tentativo alla Dallas Buyers Club. Se non fosse che il film in sé è debole. Come in Still Alice con Julianne Moore, c’è una donna malata che soffre. Due attrici e due interpretazioni da statuetta, anche se qui manca quel qualcosa in più. Quel coinvolgimento di regia e di scrittura capace di far sentire lo spettatore partecipe al dolore di Claire.
Piccola curiosità. Nel cast artistico compare anche Mamie Gummer che interpreta Bonnie, la ragazza che aiuta Claire nella ripresa fisica. Si tratta della figlia di Meryl Streep, che di gavetta ne ha ancora tanta da fare!