Calibro 9: recensione del film di Toni D’angelo con Marco Bocci

La recensione del sequel di "Milano calibro 9" diretto dal regista di "Falchi". Disponibile dal 4 febbraio sulla maggiori Tvod.

Quella che viviamo è l’era dei remake, dei sequel e degli spin-off. Ebbene sì, il mondo del cinema affronta la sua fase nostalgica, e come ogni percorso ha un inizio e una fine. Ma noi stiamo ancora vivendo questo viaggio. Calibro 9 di Toni D’angelo è proprio figlio di quest’anima volta indietro, al passato. Il regista napoletano rievoca uno dei masterpiece del poliziesco noir all’italiana del secolo scorso: Milano calibro 9 di Fernando Leo. Presentato fuori concorso alla 38esima edizione del TFF – Torino Film Festival, il film è un dichiarato omaggio all’opera di Leo, nonché diretto sequel.

La trama del film

Calibro 9 cinematographe.it

Marco Bocci è Fernando, figlio di Ugo Piazza, un avvocato penalista dagli agganci malavitosi. La sua è una vita al limite, e non ha paura di sporcarsi le mani con loschi affari. Cresciuto dalla madre Nelly (Barbara Bouchet) per essere un uomo diverso dal padre, Fernando sembra ripercorrere i passi di chi l’ha preceduto. Quando gli si presenta davanti un affare davvero redditizio, non batte ciglio e agisce subito. Ma quando di mezzo ci sono cento milioni di euro e la ‘ndrangheta le cose non posso che andare veramente male. Da qui in poi per il famoso figlio di Ugo Piazza la strada sarà solo che in salita, e il mistero dei soldi scomparsi lo porterà a confronto con un mondo complesso, fatto di poliziotti corrotti, malavitosi in guerra e potenze politiche.

Un omaggio al Milano calibro 9 di Fernando Leo

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Non è solo il titolo ad avvicinare Calibro 9 all’opera madre, ma immagini di repertorio, nomi e inquadrature. Il film è stato scritto, in collaborazione con Luca Podelmengo e Marco Martani, da Gianluca Curti, figlio di quel Ermanno Curti che produsse proprio Milano calibro 9. Gli sceneggiatori riempiono la storia di rimandi al passato, a partire dal protagonista che si chiama Fernando e il poliziotto sulle sue tracce, Di Leo. Nelly Piazza è interpretata ancora una volta da Barbara Bouchet e Michele Placido sostituisce Mario Adorf nel ruolo di Rocco Musco. Il film esordisce con vecchie immagini di repertorio, che mostrano il passato, il caso Ugo Piazza e il volto asciutto di Gastone Moschin. Il coinvolgimento emotivo degli ideatori è palpabile.

L’esaltazione splatter che ricorda Quentin Tarantino

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Il film sembra voler ricalcare l’originale, rifacendosi agli stilemi narrativi e registici del noir all’italiana; mimesi ed innovazione convivono in Calibro 9. Laddove Fernando Leo lavorò per sottrazione, Toni D’angelo lavora per esaltazione. L’Ugo Piazza di Moschin era asciutto e risoluto, in contrasto con la recitazione sopra le righe del resto dei personaggi. Allo stesso modo costruì la sua storia, fatta di contrasti e sottrazioni. La recitazione di Bocci, invece, è posta allo stesso livello di quella dell’intero cast. Non sembra esserci differenza, anche morale, tra lui e la Maia di Ksenia Rappoport. Come dicevamo, D’angelo lavora per esaltazione, e trova in Quentin Tarantino un maestro. Le scene “splatter” del film di D’angelo sono un vero e proprio rimando al cinema del regista di Knoxville. Ma non solo, alcune inquadrature e l’intrigo internazionale collegano Calibro 9 agli ultimi 007. Prima fra tutte l’inquadratura sulla barca, un chiaro rimando a quel Skyfall con Daniel Craig. Al di là di questo, al film sembra mancare qualcosa, quel brio che caratterizza le produzioni di questo genere. Per buona metà del film la narrazione è piatta, e a tratti soporifera. L’intro di presentazione dei vari personaggi copre buona parte della storia, per poi trovare il proprio climax con alcune scene d’azione. Ma sono poche, e l’eccitazione si esaurisce facilmente. Il doppio finale viaggia su binari tranquilli, fino ad un ottimo plot twist che ammanta di una nuova aura l’ambiguo personaggio di Bocci, creando l’ultimo parallelo con il film di Leo. La mela, forse, è cascata lontano dall’albero.

Leggi anche: EXCL – Calibro 9: Marco Bocci è in trappola nella clip del film

Calibro 9: ciò che poteva essere e non è stato

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Ardua è la sentenza che ricade su chi rianima i morti. Basta chiederlo a J. J. Abrams con il suo Star Wars, a Denis Villeneuve e a Blade Runner 2049 o a Luca Guadagnino e al suo Suspiria. O la va, o la spacca; raramente ci sono vie di mezzo. Calibro 9 è lontano dalla perfezione, certo, ma qualcosa di vivo e vero risiede in esso: la volontà di raccontare e mettersi in gioco. Il film di Toni D’angelo sembra essere spaccato a metà, tra queste volontà e quelle del mercato italiano. Perché è proprio qui che risiede la trappola, e dove purtroppo il regista sembra cascarci dentro. È il racconto intimistisco classico tanto caro al cinema d’autore italiano, inserito in un contesto che non lo richiede. Un tratto a cui si aggiunge un altro elemento dissonante, la colonna sonora. Costruita su ottimi synth e bassi, certo, ma estremamente in contrasto con il tempo dell’azione; musica e scene viaggiano su binari opposti. Spogliato delle atmosfere cupe e angosciose dell’opera madre, Calibro 9 perde gran parte della sua anima; l’azione ha vinto sull’introspezione. Ma, al netto dei suoi difetti, il film è un prodotto interessante. Perché, come dicevamo, in esso risiede comunque la volontà di sperimentare ed uscire da quella comfort zone che caratterizza il cinema nostrano, e che quindi apre le porte ad un qualcosa di diverso e nuovo.

Calibro 9 è prodotto da Minerva Pictures, Rai Cinema e in co-produzione con la belga Gapbusters. Verrà distribuito sulle maggiori Tvod e su Sky Primafila il 4 febbraio.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 1.5
Sonoro - 1
Emozione - 1

1.6