Canvas: recensione del cortometraggio animato Netflix

La recensione del cortometraggio animato di Frank E. Abney III targato Netflix. Nove intensi minuti per raccontare il ritorno alla vita e all’Arte di un nonnino rimasto vedovo e senza ispirazione. Disponibile dall’11 dicembre. 

Di tanto in tanto nel ricco catalogo di Netflix oltre a film, serie, reality e documentari provenienti da tutto il mondo, fanno la loro comparsa delle piccole perle della produzione breve che con i pochi minuti a disposizione riescono comunque a lasciare il segno. Nei mesi scorsi era toccato a Cops and Robbers di Arnon Manor e Timothy Ware-Hill, seguito poi da Se succede qualcosa, vi voglio bene del duo Govier-McCormack, il compito di rubare il cuore degli abbonati. A dicembre, per l’esattezza il giorno 11, è stato il turno di un nuovo e incantevole cortometraggio animato approdare sulla piattaforma statunitense. Si tratta di Canvas di Frank E. Abney III, esperto animatore californiano formatosi e cresciuto nel ventre di madre Pixar che, dopo aver lavorato tra gli altri a film come Coco, Gli Incredibili 2 e Soul, ha deciso di esordire alla regia con uno short che ha tutte le carte in regola per fare breccia nei membri dell’Academy, quel tanto che basta per strappare una nomination alla prossima notte degli Oscar. Staremo a vedere, nel frattempo la visione dell’opera di Abney ha colpito il nostro di cuore, accarezzandolo con una dolcezza e una poesia tali da riuscire a scaldarci anche in queste giornate così fredde di clausura.

Canvas: la poesia invade completamente lo schermo, offrendo al fruitore attimi di grande intensità

Canvas cinematographe.it

Canvas racconta la storia di un nonno che, dopo aver subito un grave lutto, cade in un vortice depressivo che lo porta ad abbandonare la sua grande passione per la pittura. Passione che riesploderà anni dopo grazie alla sua nipotina, che lo aiuterà a ritrovare l’ispirazione e la voglia di dipingere. Un racconto semplice, esile e minimalista, ma capace di portare con sé un carico di emozioni cangianti che dispensano sorrisi e inumidiscono gli occhi e le guance degli spettatori di turno. È proprio sull’onda di un’emozione crescente che il cortometraggio trova il suo apice nella scena del sogno, in cui il protagonista danza con la moglie deceduta. In quel momento la poesia invade completamente lo schermo, offrendo al fruitore attimi di grande intensità.

In Canvas si avverte il calore e si respira l’aria di casa Pixar

In Canvas si avverte il calore e si respira l’aria di casa Pixar. La si respira nella leggerezza della scrittura e del suo modo di veicolare temi universali come il dolore della perdita e l’importanza dei legami. La si respira nel look visivo della confezione, che nello stile dell’animazione utilizzato crea un filo diretto con le produzioni della Pixar Animation Studios, in particolare con il già citato Coco o con perle come Ratatouille, Up o Inside Out. Sia chiaro non raggiunge le stesse vette dei titoli appena citati, ma nel suo piccolo si dimostra un portatore sano di sentimenti e messaggi da prendere e conservare.

Canvas è la dimostrazione che con poco si può dire tanto

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A tratti struggente (il ritrovamento del dipinto da parte della nipotina), delicato come una pennellata su una tela, pittorico in alcune composizioni (vedi il timelapse sul cavalletto abbandonato nel giardino che mostra lo scorrere delle giornate) e leggero come una piuma portata via da un alito di vento, Canvas è la dimostrazione che con poco si può dire tanto. E per dirlo non c’è bisogno necessariamente delle parole, quelle alle quale Abney ha deciso di rinunciare per dare spazio ai silenzi, alle carezze e agli incroci di sguardi. Dunque, niente dialoghi, solo gesti, pochi e centellinati, per accompagnare il percorso di rinascita di un’esistenza che torna ad essere tale. Un ritorno alla vita che coincide con il ritorno della creatività artistica. Un messaggio che oggi più che mai acquista un valore ancora più significativo.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 4.5

3.8

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