Captain Marvel: recensione del film
Brie Larson è irresistibile nei panni di Captain Marvel, l'eroina alla ricerca di se stessa e che regala momenti di action e ironia.
È il supereroe che tutti stavamo aspettando. Anzi, la supereroina. È la donna che cambierà il destino degli Avengers. È un’arma per chi non può contenere il suo potere. Captain Marvel è la sorpresa che tutti attendevano, personaggio e film correlato. Un’esplosione corroborante, una preferenza di espressione e racconto che sa conciliarsi con i dettami dei film fumettistici. Un film quanto mai anomalo nella propria posizione di intermediario tra Avengers: Infinity War e Avengers: Endgame, eppure abilissimo nel ritagliarsi il proprio spazio nell’indipendenza più totale, libero dal peso di dover essere un ponte tra i due attesissimi prodotti e sapendosi fare pellicola da ammirare di per sé.
Un’operazione che giova all’incontenibile protagonista, che si ritaglia un posto non solo nell’universo di successi Marvel, ma lo acquista con la consapevolezza di offrire intrattenimento di alto livello combinato ad una narrazione tutta sviluppata nei sottotesti, nelle intuizioni che spetta al pubblico saper ricavare. Con una qualità di action e di effettistica digitale che ne fa un lavoro di attenta fattura. Una resa data senza andare a discapito della mano registica di Anna Boden e Ryan Fleck, quadrata quando bisogna attenersi al marchio degli studios, ma che non rinuncia a firmare un certo stile personale, tra l’estrema velocità dei combattimenti – e i suoi movimenti di macchina – e l’agilità di saper entrare nel vivo della missione della sua eroina.
Captain Marvel – Il binomio tra identità e intrattenimento
Sono gli anni Novanta e Vers (Brie Larson) non sa come controllare i propri poteri né come abbia fatto ad acquistarli. Membro della Starforce capitanata dal colonnello Yon-Rogg (Jude Law), la donna si ritrova spedita sul pianeta C-53, la Terra, cercando il modo di scovare gli Skrull infiltrati per annientarli. Ma è proprio in un universo sconosciuto che riscoprirà la sue origini, rimaste per troppo tempo sopite e risvegliate grazie ai tasselli di un quadro molto più grande di cui fa parte.
È una guerriera imbattibile quella che vediamo sul grande schermo. Lo si percepisce fin dal principio, un attimo prima di renderci conto di trovarci già immersi nella storia di Captain Marvel. Perché il film inizia così, come se ci fossimo sempre stati dentro, coinvolgendoci immediatamente in un racconto che determinerà le sorti di un intero mondo cinematografico. Sarà perché oramai, con i film Marvel, siamo come in un flusso omogeneo che sembra non avere fine, sarà perché è volontà del film stesso volerci in campo fin dal suo principio. È però chiaro, proprio dai primi minuti, che rimarremo incollati a Captain Marvel finché non sopraggiunge la sua fine.
Merito della sceneggiatura curata dai cineasti assieme ai collaboratori Geneva Robertson-Dworet e Jac Schaeffer, ma ancor più di una regia che sa incanalare su di sé l’attenzione, concedendo anche alla propria protagonista di poter mostrarsi da subito nei propri caratteri. Brie Larson è irresistibile come Captain Marvel. Spigliata, sicura e incredibilmente ironica, all’attrice vincitrice dell’Oscar l’armatura dona tanto quanto l’emotività che sa aggiungere alla forza dei propri poteri, la stessa che nel film potrebbe causare la sua sconfitta, ma che la rende la versione più reale di se stessa. Una ricerca dell’identità che sostiene il personaggio di Carol Danvers, ma che sa ben bilanciarsi con la propria controparte di puro entertainment.
Captain Marvel – Il discorso sul femminile che tutti avremmo voluto
Gioco delle parti che Captain Marvel presenta con una continuità costante, non perdendo mai di vista la componente supereroistica che deve contraddistinguerla, ma sostenendo tesi sulla famiglia, l’ambivalenza della guerra, il saper riconoscersi e su quel messaggio di femminismo che si presumeva il film dovesse riportare. E così è stato e la Marvel lo ha saputo fare al meglio, eliminando convenevoli, dilungamenti e discorsi di sorta, ma presentando il femminile come base da cui partire in sottofondo per poi colpire con dura semplicità. Nelle decisioni di un padre, nell’impossibilità di poter diventare un eroe, negli occhi di una bambina che osserva eccitata il cielo. Tutto esplicitato senza quasi rendercene conto e per questo destinato a diventare palese e d’ispirazione, come il succedersi dello sguardo in macchina della protagonista nelle varie età, nelle diverse cadute. Una sequenza che, nella prolungata occhiata che giunge diretta allo spettatore, trafigge e commuove.
Come una raffica di fotoni infuocati, Captain Marvel colpisce per la limpidezza del manifesto al femminile e la capacità di integrarlo ad un blockbuster che aggancia e non molla la presa, inaugurando la nuova invincibile coppia formata da Captain Marvel e Nick Fury – un ringiovanito Samuel L. Jackson – e appassionando fino alla sua conclusione. Che, sappiamo tutti, essere poi solo l’inizio.