Catturandi – Nel nome del padre: recensione della prima puntata
Molto bene, ma ci si aspettava di più. Questo il primo pensiero al termine di Catturandi – Nel nome del padre, la nuova serie tv in sei puntata in onda su Rai1 e diretta da Fabrizio Costa.
Catturandi – Nel nome del padre presenta bene tutti i personaggi e si propone di raccontare un punto di vista nuovo nella lotta tra Stato e mafia: quello dei Catturandi, squadra d’élite della Polizia deputata all’arresto dei grandi latitanti.
La vicenda si apre con Palma Toscano (Anita Caprioli) nello studio di uno psicologo, dove è costretta ad andare poiché è rimasta ferita durante un’azione di polizia. A partire dal racconto della donna si costruisce la storia che vede da subito l’azione protagonista con la squadra dei Catturandi impegnati a bloccare il latitante Sciacca.
A causa di qualcosa andato misteriosamente male viene arrestato Toni Cannizzaro, il vice capo della squadra. A quel punto Palma diviene capo della squadra, con l’intenzione di proseguire a tutti i costi l’inseguimento a Sciacca.
Palma allora, in un raro momento di serenità – appare da subito come una donna tormentata – decide di rilassarsi con una passeggiata per Palermo. Conosce Valerio (Massimo Ghini), un uomo simpatico con il quale trascorre una bella serata e una notte d’amore.
Nel frattempo che si sviluppano le vicende di Palma, seguiamo anche Tito Vergani, un uomo d’affari, che vive a Milano con la sorella Sofia, esperta di informatica, il quale arriva a Palermo con la figlia Alina. Vuole finanziare l’ampliamento di un parco eolico e lo assiste l’avvocato Ruggero Mazzamuto (Leo Gullotta), un perfetto rappresentante del mondo corrotto palermitano. Tito nel frattempo cerca di riallacciare con sua figlia un rapporto da troppo tempo trascurato. Ma su di lui grava una minaccia mafiosa. L’uomo che minaccia Vergani è Turi Vastano.
L’episodio torna, dunque, di nuovo su Palma, la quale è, insieme alla squadra, sulle traccie dell’autista di Sciacca, tale Palazzolo, che non solo perderanno di vista mentre è a uni distributore di benzina, ma addirittura aggredirà Palma, colpevole di una fugace distrazione.
Quando ritorna a lavoro, il colpo di scena, il vice questore che la sostituisce adesso è Valerio Vento, l’uomo simpatico conosciuto per caso. A quel punto Palma viene relegata ad un lavoro di monitoraggio, anche per via della sua saluta, e ci rimane controvoglia, fin quando non si mette sulle tracce di Palazzolo autonomamente.
Palma mette di nuovo a rischio l’azione e se stessa, trovando per altro il ricercato già morto. A quel punto tra lei e Valerio occorre un chiarimento, lei si sente messa da parte dalla squadra e scopre anche che lui è sposato. Dopo un litigio lei ritorna operativa e di nuovo sulle tracce di due uomini probabilmente collusi alla mafia.
L’episodio si conclude con Palma dallo psicologo, dove ricorda che la distrazione che l’ha fatta perdere nell’azione contro Palazzolo aveva a che fare con suo padre.
Una trama confusa e debole quella di Catturandi, dove in gioco sono messi insieme vari elementi presi dalle varie narrazioni che negli ultimi anni si sono susseguite sugli schermi televisivi.
In Catturandi – Nel nome del padre sono buone le interpretazioni, ma non sufficientemente compenetrate nella storia. Le linee si mescolano troppo, facendo perdere il nodo centrale delle vicende che coinvolgono i protagonisti.
Si sarebbe potuto optare per un ritratto di donna decisamente meno ipocrita e qualunquista, con un racconto decisamente più realistico.
Staremo a vedere stasera se alcuni punti verranno chiariti e se la trama prenderà una piega più convincente.