C’era una volta il principe azzurro: recensione del film d’animazione
C'era una volta il principe azzurro è il film d'animazione di Ross Venokur che esplora le conseguenze del rovesciamento dei ruoli e degli stereotipi nella fiaba classica.
Era solo questione di tempo prima che il ribaltamento dei ruoli e la revisione degli stereotipi al cinema, generati dal femminismo di nuova ondata, approdasse anche nel campo dei film d’animazione, rovesciando la struttura classica dei cartoni animati “vecchia scuola”. Lo dimostra il recente C’era una volta il principe azzurro (Charming), diretto da Ross Venakur e “interpretato” da Demi Lovato e Wilmer Valderrama, assieme a una fitta schiera di personalità provenienti dal mondo musicale e della Disney (Sia, Ashley Tisdale, Avril Lavigne).
C’era una volta il principe azzurro… o qualcosa di simile
Protagonista del film è il principe Filippo (Philip Charming, in lingua originale), e il suo destino sembra roseo ma, in realtà, è un incubo ad occhi aperti: alla sua nascita, infatti, Filippo è vittima di un sadico maleficio ad opera della malvagia matrigna Nemesi Mal D’Amore, che lo condanna ad ammaliare con il solo potere del suo sguardo ogni donna che incontrerà sul suo cammino. Letteralmente.
Biancaneve, Aurora (La Bella Addormentata) e Cenerentola sono solo tre delle fanciulle cadute nella “trappola amorosa” del principe, ma come in ogni incantesimo che rispetti (sia esso terribile o meno) esiste anche un modo per spezzarlo. In questo caso, Filippo dovrà trovare il vero amore entro il suo ventunesimo compleanno, oppure dovrà bandire per sempre l’Amore dal suo regno. Non è tutto: il padre ha in serbo per lui una grande sfida, che consiste in un viaggio in cui dovrà superare tre prove impossibili. Sul suo cammino incontrerà Lenore, una principessa incapace di provare amore.
C’era una volta il principe azzurro: una riflessione sul ruolo e sul gender nel film d’animazione
C’era una volta il principe azzurro non è certo il primo test cinematografico riferito alle formule e ai modelli classici della fiaba, che nel film d’animazione ha sempre trovato la sua perfetta (sebbene non unica) traduzione nella settima arte. A tal proposito basti ricordare la saga di Shrek, in cui, più che sovvertire gli elementi base, si mirava a demitizzare e “sconsacrare” gli archetipi della principessa, del principe e del tiranno, di mostri sputafuoco e aiutanti parlanti, spingendo al massimo il loro potenziale umoristico. Il film di Ross Venakur, invece, è frutto di una sensibilità contemporanea differente da quella, farsesca, appartenente all’opera di Vicky Jenson e Andrew Adamson, e più improntata alla riflessione sul gender e sul ruolo in epoca moderna. Basta principesse da salvare, tutte corsetti e gonne ampie; ora si vogliono vedere guerriere con spada, pantaloni e ambizioni, e magari nemmeno così tanto sedotte dall’amore. In questo risiede il personaggio di Lenore, opposto al principe protagonista che adesso veste i panni di una “donzella” priva di particolari doti simili al coraggio, o anche solo della tradizionale “virilità” (se questo, poi, ha mai avuto una connotazione precisa); un principe privo di reali abilità o prestanza fisica, e solo in possesso di una facoltà soprannaturale che certamente non pare aiutarlo.
C’era una volta il principe azzurro risulta piuttosto disarticolato e frammentario
Insomma, con queste premesse C’era una volta il principe azzurro avrebbe avuto tutte le carte in regola per poter essere non solo interessante da un punto di vista filmico e, soprattutto, ideologico, ma anche esilarante. Purtroppo, il problema del film di Venokur è che, accantonati iniziali presupposti e idee, rimane ben poco: la folgorazione alla base del soggetto elementare non sembra essere sviluppata con il sostegno di una scrittura solida, in grado di conferire struttura e ritmo alla narrazione. Ed è in questo modo che C’era una volta il principe azzurro si perde, si dilata senza avere un’esatta direzione, annacquato in un mare di situazioni e sketch che, non sprovvisti di umorismo e comicità ma slegati e ridondanti, ne fanno un film piuttosto disarticolato e frammentario.
Il film è al cinema dal 28 febbraio 2019 con M2 Pictures.