Cetto c’è, senzadubbiamente: recensione del film con Antonio Albanese
Cetto c'è, senzadubbiamente è il terzo capitolo che vede il Cetto La Qualunque di Antonio Albanese salire sul trono d'Italia.
Cetto c’è. Senzadubbiamente. Cetto è tornato dopo un periodo di sette anni lontano dagli spettatori è pronto nuovamente a farsi accogliere dagli italiani non più solamente come sindaco, non più solamente come parlamentare, bensì come legittimo erede al trono delle due Calabrie. Dopo aver pontificato su Marina di Sopra, dopo aver scombussolato i piani alti della Capitale, La Qualunque è destinato a legiferare come sovrano della dinastia dei “Buffi”, a richiedere quei pieni poteri che, potrebbe sembrare una finzione o una follia, ma è una realtà ben più vicina al costume politico del nostro Paese di quanto la fantasia voglia farci pensare.
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Così Antonio Albanese ritorna con la propria maschera che, con Qualunquemente nel 2010 e Tutto tutto niente niente nel 2012, aveva trasposto cinematograficamente i vizi, le bassezze, le mancanze, i soprusi, le indecenze e l’immoralità del popolo italiano, ingraziandosene la fiducia proprio in virtù di quella efferatezza e rispecchiandone, con una satira che può o meno conquistare, le più inammissibili nefandezze. Cosa che, il linea con il proprio spirito, Cetto e il regista Giulio Manfredonia, nelle file dei sostenitori del personaggio fin dalla prima pellicola, vogliono tentare attraverso la veste da monarca del malfidato calabrese, allineandosi ancora una volta con il trambusto quotidiano della nostra Italia e tentando di riportane, nella durata di un film, il malcontento e la contemporaneità che, in tal periodo storico, va caratterizzandola.
Cetto c’è, senzadubbiamente – Non basta un trono per essere re…
Invece, però, di farsi specchio riflettente di un sentimento comunitario, di criticarne con la spocchia del personaggio le ingiustizie e i paradossi, Cetto c’è, senzadubbiamente incanala tanta confusione al punto da renderla parte integrante della propria struttura narrativa. Di far albergare quello stesso scompiglio, respirabile nell’aria, anche all’interno della storia che l’attore protagonista e il co-sceneggiatore Piero Guerrera hanno voluto raccontare.
La commedia di Giulio Manfredonia, ma ancor più il Cetto stesso di Antonio Albanese, sembrano accusare un assente entusiasmo per il terzo capitolo della “trilogia d’u pilu”, che partendo come la favola di un giovane nato da una relazione incresciosa e scopertosi poi principe, finisce per non essere più né analisi della situazione pubblica nostrana, né rimprovero verso una condizione di sconsideratezza che era contraltare per l’auto-valutazione di noi stessi come persone, ma, soprattutto, come cittadini.
Per quanto il parodistico modo di fare del leader Cetto possa incontrare, ogni qualvolta, il favore o l’astiosità del pubblico, in questa occasione il suo ripetere se stesso non tocca mai picchi di assurdità o turpitudine tale da far pendere l’asticella da una delle due parti, lasciando piuttosto spazio alla piattezza di un personaggio che, mai nella sua intera esistenza, lo era stato, indebolendo ulteriormente la pellicola e rendendo il futuro re statico come la trama in cui deve andare ad integrarsi.
Cetto c’è, senzadubbiamente – La democrazia non ha funzionato, ma non solo quella
Se il tema della sovranità e della corona sul territorio italiano potevano rivelarsi fonte zampillante di idee con cui esaminare le contraddizioni della contemporaneità, il film sfrutta l’escamotage fiabesco per cadere nelle solite consuetudini di un racconto a corte, non riuscendo ad esplorare ciò che, veramente, avrebbe potuto portare alla nazione, limitandosi alla rozzezza spicciola del protagonista e al suo essere inadeguato in qualsiasi contesto. Perdendo, inoltre, quella palette cromatica sempre evidente nella messinscena dei precedenti film di Cetto La Qualunque, conformandosi così a qualsiasi altra commedia.
Nell’universo di Cetto c’è, senzadubbiamente non è solo la democrazia a non aver funzionato, ma anche la storia, le intuizioni, i personaggi di contorno, il presupposto che fa credere di poter procedere alla realizzazione di un film avendo solo come punto di partenza un trono da dover occupare. Il fallimento della Repubblica che è anche fallimento della pellicola, per un monarca da cui si sarebbe aspettato ben altro. Assolutissimamente.
Cetto c’è, senzadubbiamente, prodotto da Wildside, Fandang e Vision Distribution, sarà in sala dal 21 novembre, distribuito da Vision Distribution.