Chocolat: recensione del film di Lasse Hallström
Con l’arrivo dei primi freddi, torna la voglia di coccolarsi e gratificare il palato con qualcosa di sfizioso come una fumante tazza di cioccolata calda; sorseggiando questo inebriante elisir, la mente corre automaticamente alla straordinaria pellicola del 2000 per la regia di Lasse Hallström, candidata a ben cinque premi Oscar: Chocolat. Il film, tratto dall’omonimo romanzo del 1999 di Joanne Herris, usa una sapiente ironia per rappresentare il cioccolato come peccaminosa tentazione, in grado di sconvolgere e ribaltare l’apparente quieto vivere di una piccola e religiosa comunità.
Siamo nella Francia del 1959: Vianne (Juliette Binoche), affascinante madre single, si trasferisce insieme alla figlioletta Anouk (Victoire Thivisol) nel piccolo e grazioso paese di Lansquenet, dove decide – noncurante delle prescrizioni del periodo quaresimale – di aprire una sontuosa cioccolateria artigianale. Come se ciò non bastasse ad assicurarle l’ostilità dei bigotti abitanti del luogo, Vianne non si reca alle funzioni religiose e preferisce la compagnia di un gruppo di nomadi di passaggio, fra i quali spicca l’attraente guida degli zingari: il bel Roux (Johnny Depp).
Vianne possiede, oltre ad una sapiente maestria nel confezionare deliziose praline, un’innata capacità di entrare in contatto con i desideri e i gusti altrui, riuscendo ad indovinare con un solo sguardo quale cioccolatino si addice maggiormente alla personalità del cliente e tribolando in questo intento solo con la persona che le interessa di più conoscere… proprio Roux.
Chocolat: recensione del film di Lasse Hallström con Juliette Binoche e Johnny Depp
Ben presto, il comportamento “sovversivo” della donna comincia a provocare una serie di reazioni isteriche fra le istituzioni del piccolo centro, il cui fervente moralismo rischia di essere messo in ginocchio dai modi affabili con i quali la donna riesce a convertire sempre più cittadini ai piaceri del cioccolato. Inoltre, la ritrovata libertà di espressione dei desideri veicolata dall’abbandono ai piaceri del palato, dà inizio ad una serie di ribellioni familiari, in cui le donne decidono di smettere di subire soprusi e violenze da parte dei loro mariti e le coppie assopite ritrovano la passione, sotto gli occhi sconvolti del cattolicissimo sindaco, il conte De Reynaud (Alfred Molina).
Il Primo Cittadino decide allora di scatenare una vera e propria guerra contro coloro i quali si rifiutano di rientrare nei “ranghi” e tornare alla vita di prima, ma dovrà fare i conti egli stesso con il cioccolato e il suo potere di risvegliare i desideri repressi…
Chocolat si affida ad una fotografia fiabesca e alle capacità attoriali di un cast straordinario per mettere in scena, attraverso una sceneggiatura brillante, i temi del bisogno di desiderabilità sociale e del rifiuto del diverso (che è poi l’anticamera del razzismo); Vianne, in realtà, porta a Lansquenet una ventata di positività e ritrovato benessere ma viene completamente fraintesa dagli abitanti, trincerati dietro la sicurezza e le assurde promesse di una religione che garantisce salvezza in cambio di frustrazione dei desideri e odio verso il prossimo. Ad appoggiarla solo Roux che, abituato da sempre a vivere ai margini della società, aiuterà la donna a difendersi dal degenerare degli attacchi, trovando nell’amore l’unico motivo valido per fermarsi e cominciare una nuova vita. La ritrovata libertà da vincoli autoimposti diventa così in Chocolat la chiave per vivere la vita all’insegna del piacere e del rispetto per gli altri, celebrando anche l’amore per Dio attraverso l’apprezzamento delle gioie della vita che lui stesso ha creato.