Chupa: la recensione del film Netflix

Alex trova un cucciolo di chupacabra docile e affettuoso, dovrà difenderlo da chi vuole sfruttarne i poteri magici

Chupa è un film distribuito da Netflix il 7 aprile 2023, diretto da Jonas Cuaron e scritto dallo stesso regista con Marcus Rinehart, Sean Kennedy Moore, Joe Barnathan, prodotto da Chris Columbus, Michael Barnathan e Mark Radcliffe.

Chupa: cuccioli e affetti

A Kansas City, il giovanissimo Alex (Evan Whitten) ha perso il padre a tredici anni: la mamma lo manda allora dal nonno, Chava (Demian Bichir). Nella nuova casa, Alex stringe amicizia con i suoi cugini ma soprattutto si affeziona al piccolo animale, che nonostante i racconti che girano sulla sua specie si rivela buono e docile.

Chava, pur con qualche problema di memoria, ha un passato di wrestler, che potrebbe tornare utile dal momento in cui Richard Quinn, uno scienziato senza scrupoli, rintraccia il piccolo chupacabra e vuole impossessarsene per rubargli i poteri.

Di padre in figlio

Capita nelle migliori famiglie: perché è quasi spontaneo e normale che un figlio segua le orme del padre.

Poteva il cinema esimersi dalla regola?

Lost in Translation: il significato del film

Senza voler né poter essere esaustivi: Sofia Coppola non sfigura accanto al padre Francis, con piccoli film dal taglio preciso e autoriale (Il Giardino Delle Vergini Suicide su tutti, ma anche il proverbiale Lost in Translation); Duncan Jones ha portato su schermo le angosce e le ossessioni di papà David Bowie con i suoi Moon e Mute; e Brandon Cronenberg porta alto il nome del genio David raccontando crisi d’identità e cambiamenti sociali attraverso le mutazioni del corpo; mentre restando in Italia Asia Argento ha smarcato il genitore horror cambiando genere, così come Marco Risi con papà Dino, mentre sia Ugo Tognazzi che Luigi Comencini hanno dato vita ad una vera e propria dinastia di cineasti -da Mariasole Tognazzi a Ricky, da Cristina Comencini a Francesca-.

Chupa è allora il primo film di Jonas Cuaron, figlio del più noto Alfonso: peccato che in questo caso il frutto non poteva cadere più lontano dall’albero.

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Non c’è nessuno smarcamento, nessuna ripresa tematica, solo un film per ragazzi e famiglie che non centra mai l’obiettivo e cade un po’ di qua e un po’ di là, partendo benino, continuando male e finendo peggio.

Non è mai bello fare paragoni, men che meno farlo tra artisti consanguinei: purtroppo, non c’è nulla però che possa giustificare l’esistenza di Chupa, dove molto vagamente si intreccia la storia principale con tradizioni e misteri locali, prendendo la leggenda del chupacabra (letteralmente, succhiacapra) e immergendola in una narrazione convenzionale e affettata, dove non c’è nessun’emozione, nessun fremito, nessuna nota di merito.

Il riferimento principale sembra essere anzi Steven Spielberg, con il percorso di formazione denso di atmosfere fantastiche: ma il problema rimane comunque l’accumulo scriteriato di sottotracce che non trovano mai un pieno compimento.

Il legame tra Messico e Stati Uniti, problematico e attuale oggi più che mai, una vena malinconica che intride una favola di accettazione e formazione (e qui si sente lo zampino di Columbus in produzione), rapporti familiari intensi e pieni di suggestioni potenzialmente, e su tutto la “mostrificazione” del diverso, in questo caso del popolo messicano, della sua cultura tradizionale e di regole e valori non più “attuali”.

Chupa: sprechi e potenzialità

Chupa di Jonas Cuaròn è un film che sulla carta ha diverse potenzialità, ma sbraca subito e deraglia senza mettere a fuoco niente. La regia del figlio d’arte è inesistente, gli attori bravi ma si perdono in mille rivoli, tutto il resto naviga a vista.

Un’opera adatta ad una visione distratta in famiglia, e neanche delle migliori.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.2

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