The Last Guardian: recensione del nuovo gioco di Fumito Ueda per PS4

A nove anni di distanza dal suo annuncio, attraverso un semplice filmato in computer grafica, ed un travagliato priodo di sviluppo cross-generazionale, approda finalmente sulla console di casa Sony The Last Guardian (trailer), l’ultima fatica del visionario game designer Fumito Ueda, nuovo capitolo di una trilogia spirituale iniziata con Ico e proseguita con Shadow of the colossus. Sarò dunque riuscito a ripagare la mirabolante attesa di milioni di giocatori ? Scopritelo nella nostra recensione.

The Last Guardian: la fantastica avventura di un bambino e di un grifone

Chiunque abbia mai avuto il piacere di sperimentare le opere passate di Fumito Ueda sa benissimo a cosa andare incontro. Il noto game designer giapponese, infatti, è riuscito a creare un connubio così perfetto tra videogame ed arte, a tal punto che le sue produzioni sono state inserite nella collezione del prestigioso MOMA di New York.

The Last Guardian condivide gli stessi elementi stilistici e meccaniche di gioco dei titoli precedenti ma si configura come un’avventura a sé stante e, soprattutto, un titolo non adatto a tutti. Coloro che ricercano l’azione sfrenata o le sparatorie a go go di un Call of Duty qualsiasi, farebbero meglio a guardare altrove.

The Last Guardian è un videogame insolito, che richiede un approccio paziente e ragionato e che merita di essere vissuto, momento dopo momento. La trama viene proposta al giocatore in maniera misteriosa, senza premesse iniziali e catapultandolo in “medias res”, nei panni di un bambino che si risveglia all’interno di un castello diroccato in cui giace una creatura fantastica di nome Trico, un incrocio tra un grifone ed un gatto, con la pelle completamente rivestita di piume.

La storia viene narrata interamente da una voce esterna probabilmente appartenente al bambino dall’abito da monaco, ormai divenuto adulto. Sarà suo dovere liberare la creatura dalle catene ed conquistare, in maniera progressiva, la sua fiducia per poter affrontare gli enigmi che si porranno sulla sua strada, e trovare una via di uscita dalle rovine.

Il vero cuore pulsante di questo videogame, dunque, è proprio lo straordinario rapporto che si viene a creare tra i due protagonisti, un qualcosa di così vivo e pulsante mai visto prima all’interno di un videogame.

Trico si comporta come un animale in carne e ossa, dimostrando dei bisogni fisologici come il mangiare ed il dormire, che devono essere soddisfatti dal giocatore per usufruire del suo prezioso aiuto non soltanto nelle difficili sezioni di scalata, come un vero e proprio platform che si rispetti, ma soprattutto per fronteggiare i nemici che appariranno nel corso dell’avventura, dei soldati in armatura che cercheranno in tutti i modi di catturare il bambino.

Fermarsi ad ammirare lo splendido panorama mentre si accarezzano le piume sgargianti di Trico, diventa un’emozione unica che facilmente può essere replicata all’interno del vasto panorama videoludico. Peccato, però, che la solida componente narrativa non possa salvare il videogame  dagli evidenti problemi tecnici di cui è afflitto.

Fumito Ueda aveva progettato questo titolo per un lancio sull’allora Playstation 3, con delle meccaniche pensate appositamente per quella generazione videoludica. Risulta inaccettabile, dunque, proporre dopo nove anni di lunga attesa un videogame che venga limitato da una telecamera ballerina, ai limiti della frustrazione, e da un ritmo molto lento che a tratti potrebbe disorientare anche il giocatore più paziente.

Molto spesso, infatti, incapperete in delle situazione in cui bisognerà attendere che Trico faccia la prima mossa, senza alcun aiuto che compaia a schermo. L’evidente antitesi tra un comparto tecnico obsoleto ed una profondità artistica volutamente ricercata, risulta uno dei fattori da non sottovalutare ai fini di una valutazione oggettiva.

Dal punto di vista grafico, inoltre, sebbene The Last Guardian mantenga i 30fps garantiti dal team di sviluppo, possono presentarsi dei cali di frame rate ed effetti di aliasing alquanto fastidiosi, nelle zone più anguste dell’ambientazione. Lodevole, invece, il comparto sonoro costituito da brani suonati dall’orchestra filarmonica di Londra e creati dal maestro Takeshi Furukawa.

Il giusto elemento per accompagnare l’epica avventura dei due protagonisti, tra salti ed esplorazione di dungeon. Saggia la decisione di mantenere immutata, in lingua giapponese, la voce narrante del bambino protagonista, ovviamente accompagnata dagli indispensabili sottitoli in italiano.

The Last Guardian è un ottimo esempio di poesia videoludica, purtroppo minato da evidenti problemi tecnici e strutturali

Anche la longevità è uno dei punti carenti, assestandosi sulle dieci ore e non fornendo spunti di rigiocabilità attraverso modalità aggiuntive. Come asserito in apertura di recensione, però, questo titolo merita di essere giocato in maniera parsimoniosa, senza alcuna fretta di voler portare a termine l’avventura. Per fare un’azzardata metafora culinaria, The Last Guardian si configura come un pregiato vino d’annata, non adatto a tutti i tipi di palati.

Il finale di questo titolo, invece, rappresenta un crescendo di emozioni che esemplifica alla perfezione quello che un videogame dovrebbe essere ovvero un medium artistico e narrativo, nel senso proprio del termine.

The Last Guardian era divenuto, al pari di Final Fantasy XV, un videogame mitologico ancor prima che venisse pubblicato, atteso come un miracolo da parte dei videogiocatori che molto spesso hanno dimostrato le proprie frustazioni dinnanzi ai continui rimandi. Purtroppo Fumito Ueda non è riuscito a reggere sulle proprie spalle il notevole peso delle aspettative, configurando un prodotto finale tecnicamente datato ma al tempo stesso ricolmo di una vena artistica che non abbiamo riscontrato in alcun titolo uscito quest’anno.

Nonostante i difetti, però, siamo di fronte ad una favola videoludica che merita di essere provata da tutti, soprattutto per premiare il coraggio di uno sviluppatore ceh ha voluto sdoganare un’industria sempre più caratterizzata da mere operazioni commerciali.

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