Clown: recensione
Nell’immaginario popolare il clown è sempre stato visto come una figura gioiosa e ridicola ma, come spesso è accaduto nel corso degli anni cinematografici il suo essere è stato pesantemente travisato in qualcosa di mostruosamente famelico e aggressivo. Così come per le bambole anche i clown hanno avuto il loro capovolgimento di personalità (vedasi IT – Il pagliaccio assassino) finendo in una triste spirale di morte e paura. Clown è l’ultimo film appartenente a questo filone dissacrante, diretto da Jon Watts e prodotto da Eli Roth. Nella sua totalità il film sverna tutto il suo più cliche superando addirittura le soglie dello splatter arrivando a coinvolgere in maniera triste e alquanto disarmante dei bambini all’interno di scene alquanto truculente. Non ci spavetiamo del fatto che il regista abbia coinvolto direttamente i più piccoli nel massacro, ma quello che lascia innumerevoli quesiti è il perché di questa scelta, forse ne abbiamo trovato uno, il fine giustifica i mezzi in maniera più sciovinistica possibile.
Durante la festa di suo figlio, un uomo, per non deludere l’amato dalla defezione del clown decide di entrare nei panni di un costume rinvenuto in una cantina di una casa in vendita (l’uomo è un impresario immobiliare). Apparentemente il costume sembra non volersi “staccare” di dosso, all’inizio l’evento viene colto con ilarità e stupore e molto lentamente le sensazioni scalano di tono finendo nell’evolversi in malinconia e disperazione. Sarà l’inizio di un incubo senza precedenti, quel costume, apparentemente innocquo cela la pelle di un terribile demone che ama impossessarsi delle sue vittime per procacciarsi ciò che tanto ama: la carne dei bambini. Una volta che ne avrà trovati cinque si sentirà sazio e abbandonerà il corpo del malcapitato.
Se apparenemente possiamo trovare delle connessioni con il genere splatter più classico, Clown di Jon Watts si configura più come un film che ha bisogno di mettersi in mostra obbligatoriamente, che come qualcosa che voglia realmente innovare un genere che già più volte abbiamo definito stanco e spossato di idee. Il leit-motiv della pellicola è chiaro, il mostro deve mangiare, dunque abbiamo un soggetto che compi un’azione, la pellicola si basa solo ed esclusivamente sulla decantazione più barbarica e tremenda possibile di codest’azione. Ne scaturisce un menù al sangue dove la portata principale sono i bambini, a soccombere però sono la trama (pesantemente scontata e chiusa di fatto dopo 10 minuti) e la recitazione che tocca molto spesso punti eccessivamente bassi. Scarso