Cobra non è: recensione del film di Mauro Russo

La recensione dell’opera prima del regista salentino, una crime comedy dagli elementi pulp distribuita direttamente on demand su Amazon Prime Video.

La chiusura delle sale causata dalle misure restrittive anti Covid-19, con l’esercizio e la filiera costretti da settimane a un brusco stop con tutto ciò che ne consegue in termini di perdite, sta convincendo sempre più distribuzioni e produzioni nostrane (e non solo) a ricorrere al direct to video e soprattutto all’on demand per dare le migliori occasioni di visibilità possibile ai film presenti nei rispettivi listini. A maggior ragione se le notizie riguardanti la ripresa delle attività sono al momento in ghiacciaia in attesa di futuri sviluppi. Tra quelli che hanno deciso di percorrere questa strada c’è anche il team di Cobra non è, opera prima di Mauro Russo, distribuito da 102 Distribution direttamente su Amazon Prime Video a partire dal 30 aprile.

Cobra non è: un connubio tra la scena musicale rap e lo stile d’impatto, crudo, fortemente rievocativo dei b-movies

Ma prima di avventurarci nell’analisi critica del film in questione va sgomberata dalla mente del fruitore interessato qualsiasi fraintendimento che potrebbe riguardare il titolo, che per chiarezza nulla a che vedere con il celeberrimo e all’epoca scandaloso brano (per il suo testo ironico e ricco di doppi sensi a sfondo sessuale, la canzone suscitò un’iniziale ondata di proteste) scritto da Donatella Rettore sulle note di Claudio Rego nel 1980. Semmai, l’unico collante è la presenza dell’ingrediente musicale nella ricetta in senso lato, che vede il pop della cantautrice veneta cedere il testimone al rap della colonna sonora della pellicola del regista salentino.

Scelta, questa, quasi obbligata per un cineasta che si è fatto le ossa proprio realizzando videoclip per i più influenti artisti del panorama odierno come Fedez, Club Dogo, Salmo, Marracash, Clementino e Rocco Hunt. Ed è da queste innumerevoli esperienze sul e nel campo che Russo è partito per dare forma e sostanza al suo battesimo cinematografico, creando in esso un connubio tra la scena musicale rap e lo stile d’impatto, crudo, fortemente rievocativo (trae ispirazione dai b-movies) e dalla fotografia surreale che caratterizza la messa in quadro. Del resto, il primo amore non si scorda mai e ne sa qualcosa anche Cosimo Alemà, che in ricordo dei suoi illustri, fortunati e lunghi trascorsi nel  videoclip, non appartenenti al solo “mondo” delle barre, realizzò per il grande schermo Zeta.

Cobra non è: un giro di vite che si consuma nell’arco di una notte

Cobra non è - Cinematographe.it

La pellicola racconta di Cobra (Gianluca Di Gennaro) e Sonny (Federico Rosati), rapper e manager cresciuti nel degrado di chissà quale periferia, che hanno trovato negli anni il loro riscatto attraverso la musica. Per risollevarsi da un imminente fallimento, dopo anni di successo, Sonny, all’insaputa del suo assistito, ottiene un appuntamento con un’importante casa discografica e riesce a convincere il capo della major di una fantomatica collaborazione di Cobra con uno dei DJ producer più richiesti: LAZY B (Matteo Baiardi). Questo, contattato dal manager, accetta di entrare in sala di registrazione, ma all’ultimo momento, dopo un incontro per definire il tutto, cambia idea, aumentando la propria richiesta economica.

Cobra scopre che Sonny ha già contattato un vecchio amico d’infanzia, l’unico disposto a concedergli un prestito: l’Americano (Nicola Nocella), divenuto ormai un criminale. Dopo le varie rimostranze del rapper, che ormai è a un bivio della propria vita, i due giungono nella villa dell’Americano. L’uomo accorda il prestito ai due, ma in cambio chiede un favore: consegnare una valigetta a un uomo. Dal momento in cui la valigetta è nelle mani di Cobra e Sonny, i due affronteranno una serie di peripezie, fatte di equivoci caratterizzati da eccentrici personaggi e un passato mai dimenticato, che tornerà in maniera inaspettata, nella vita del rapper.

Cobra non è: una serie di flashback e il classico MacGuffin per alimentare l’architettura drammaturgica

Cobra non è - Cinematographe.it

Il suddetto legame genetico finisce dunque con il dettare le “regole del gioco” al massacro di una crime comedy dagli elementi pulp che si sviluppa nell’arco di una notte attraverso una scansione narrativa non cronologicamente lineare degli eventi sino alla sanguinaria resa dei conti. L’architettura del racconto si compone mediante un palleggio tra il presente e il passato, con una serie di flashback incastonati nella timeline al fine di mettere insieme tutti i tasselli del puzzle. Non è la prima e non sarà nemmeno l’ultima volta che qualcuno ricorre a una simile progressione, di conseguenza è un elemento da registrare ma che non può rappresentare un plus ultra da tenere più di tanto in considerazione ai fini analitici.

Discorso valido da estendere anche alla fantomatica valigetta dal misterioso contenuto che funge da classico MacGuffin di hitchcockiana memoria, utilizzato come da prassi per innescare e alimentare il casus belli al centro del plot. L’appoggiarsi a tali soluzioni drammaturgiche fa però parte dell’approccio derivativo ed evocativo, figlio legittimo del cinema di genere e dei suoi imprescindibili stilemi. Di riflesso, è al contempo motivo di codificata riconoscibilità da un lato e di originalità che viene meno di default. Ma come le migliaia di operazioni analoghe in circolazione prodotte negli anni alle diverse latitudini, Cobra non è di certo non ha puntato tutte le fiche a disposizione sul fattore novità e bisogna prenderne atto.

Ludico intrattenimento e venature exploitation old style scorrono nello script e nella sua trasposizione

Cobra non è - Cinematographe.it

Viene da sé che la mission del progetto è ben altra, con il ludico intrattenimento e le venature exploitation old style che scorrono nello script e nella sua trasposizione come il combustibile che ne alimenta il motore. Entrambi gli ingredienti partecipano attivamente alla ricetta portata sullo schermo dal regista pugliese, qui alle prese con un intreccio non sempre preciso e calibrato di esistenze destinato a implodere in un “bagno di sangue” ultra-cinetico e citazionista che tra proiettili e arti mozzati rende omaggio al cinema di genere degli anni Settanta e Ottanta. Il tutto perennemente e volutamente sopra le righe, tanto nella recitazione quanto nella costruzione dei personaggi e nel design estetico della messa in quadro.       

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 1.5
Sonoro - 2
Emozione - 1

1.8