Cocoricò Tapes: recensione del film

Un film ricco di storia dell'Italia, attraverso testimonianze dirette e immagini di repertorio estremamente evocative.

Cocoricò Tapes, per la regia di Francesco Tavella ha vinto il Premio Sebastiano Gesù OFF15 all’Ortigia Film Festival 2023 per il Concorso internazionale Documentari in una giuria presieduta da Giulia Cosentino e Pierfrancesco Li Donni e composta dagli allievi CSC, Centro Sperimentale Cinema. La vittoria della pellicola è stata decretata in base “all’attenzione impiegata nella ricerca e nell’uso d’un archivio ampissimo per vastità e provenienza. Per la coerenza stilistica di un racconto insieme collettivo e intimo, che riesce a fondere pop, underground ed erudizione in una neo-mitologia di profonda efficacia emotiva. per la capacità di trattare con dignità e onestà la complessità storica di un panorama culturale tra i più controversi degli ultimi decenni, che esplora le terre ignote del divertimento affrancandosi dalle retoriche dei chiaroscuro”.

Un documentario di trasgressione, libertà, un repertorio di immagini proibite raccolte tramite testimonianze dirette ed indirette, Cocoricò Tapes fornisce alle nuove generazioni uno spaccato di vita dell’Italia anni ’90, quella del clima underground e della movida sfrenata. La pellicola si svolge e si sfalda in un racconto tenace, provocante, un racconto d’altri tempi che offre una fotografia impensabile del Bel Paese. Francesco Tavella, con un piglio registico magistrale ed inusuale al contempo, fa del racconto italiano un profondo solco estetico nella narrazione di un panorama celato, appartenente al recente passato eppure simbolo di un’epoca completamente diversa.

Cocoricò Tapes, il documentario di Francesco Tavella racconta uno spaccato di Italia nascosta e proibita

Cocoricò Tapes recensione - cinematographe.it

Libertà, trasgressione, un luogo in cui essere se stessi senza giudizio, un vero e proprio purgatorio dell’underground italiano. Una dimensione abissale frequentata da esseri d’istinto, mossi dalla musica e dal tamburo battente di una vita sfrenata, gelosamente tenuta nel petto di una folta schiera di ballerini, star, semplici cittadini in cerca di sesso, esistenza, respiri profondi e suoni assordanti. Il celebre locale aperto subito dopo la caduta del Muro di Berlino, nell’89, nel cuore pulsante di uno dei luoghi satolli di movida della costiera romagnola, Riccione, attira a sé e raduna un bestiario umano ed un caleidoscopio antrologicamente ineccepibile.

Il regista Francesco Tavella ricerca il proibito senza ostentazione, semplicemente raccogliendo il materiale offerto da chi quegli anni ’90 di libertà, moda, sesso e trasgressione li ha vissuti in prima persona, fondendosi e confondendosi con i frequentatori del locale stesso, il Cocoricò. Un luogo che di borghese aveva solo l’apparenza ma accoglieva tutte le differenze, appianendole nella piena accettazione del diverso, dell’anticonformista, e diventava un pastiche umano di colori, profumi, antiche immagini che vengono dal profondo di un’epoca di benessere e droghe.

La grande discoteca diretta da Loris Ricciardi è un cluster di eccezioni, di eccessi, di colori e fogge, un grosso utero pullulante di rinascita. L’Italia degli anni ’90 esce fuori nella sua fluorescente ricerca di libertà, di deliri, l’assenza totale di limiti che diventa una proteiforme espressione di quieta e pacifica rivoluzione.

Cocoricò Tapes raccoglie le testimonianze di un paese che non esiste più

La pellicola raggiunge il massimo dell’efficacia quando raccoglie le vivide testimonianze della popolazione che brulicava all’interno del Cocoricò, dando spazio alla fantasia di vestiario, comportamento, danza, unione strane e ingiudicabili.

Al Cocoricò nessuno si sentiva a disagio, chiunque era protagonista“, racconta un testimone. Un altro aggiunge: “Lì riuscivi a essere te stesso. E forse, dopo una, due, venti volte che riuscivi a essere te stesso lì dentro, riuscivi a essere te stesso anche fuori“. La testimonianza più vivida del film parla di un luogo infernale ma vero, tangibile, ricco di umanità bestiale: “Il Cocoricò era fatto di gente svalvolata, tutti mezzi matti, completamente esauriti, ma gente vera“. Usando immagini e video di repertorio, mischiate alle talking heads, la pellicola riforma un pensiero e un’atmosfera in modo efficace, potente, emblematico. Si tratta, senza dubbio, di un lavoro meticoloso che vale la sua ora e mezza di durata, lasciando gli spettatori affascinati e affamati, in attesa di saperne di più.

Cocoricò Tapes: conclusione e valutazione

Un documentario che riproietta su schermo, tramite VHS proibiti ed immagini d’archivio che sembrano provenire da un film di Kubrick, Cocoricò Tapes racconta in modo magistrale lo spirito dell’Italia post-caduta del muro di Berlino. La scorsa epoca culturale ed umana era ricca di diversità, in una tragressione che andava oltre le contemporanee concezioni di inclusività, tolleranza e gender.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3