Comedians: recensione del film di Gabriele Salvatores
Dalla commedia di Trevor Griffiths il nuovo film del regista premiato con l’Oscar tenta una riflessione sulla comicità nel nostro tempo.
Si può spiegare la comicità? Gabriele Salvatores ci ha provato e per ben due volte a distanza di più di 30 anni. Dal 10 giugno 2021, infatti, arriva nelle sale Comedians, prodotto da Indiana Production con Rai Cinema e distribuito da 01 Distribution, trasposizione cinematografica dell’omonimo spettacolo teatrale diretto dal regista nel 1985 al teatro milanese dell’Elfo, con comici all’epoca alle prime armi come Claudio Bisio, Paolo Rossi, Antonio Catania e Silvio Orlando, e tratto dalla commedia scritta da Trevor Griffiths negli anni ’70.
Comedians – Sei comici in cerca di successo
Protagonisti sono sei aspiranti comici, i fratelli Marri (Ale e Franz), il cinico ebreo Samuele Verona (Marco Bonadei), l’operaio Gio Di Meo (Walter Leonardi), l’emigrato pugliese Michele Cacace (Vincenzo Zampa) e il giovane e ribelle Giulio Zappa (Giulio Pranno), che al termine di un corso serale di stand-up comedy avranno la possibilità di cambiare le loro vite esibendosi per la prima volta in un club di Milano. Alla serata, infatti, parteciperà il talent scout Bernardo Celli (Christian De Sica) che sceglierà uno di loro per un programma televisivo di successo. A un’ora dall’esibizione i sei comici si confrontano con le loro ansie e le loro paure ma soprattutto con il loro maestro Eddie Barni (Natalino Balasso) che ha un’idea precisa di comicità che si scontra con quella dell’esaminatore Celli. Quale strada sceglieranno i sei comici? Quella senza compromessi o quella per raggiungere il successo sicuro?
Piove a Milano, si sente la voce roca e malinconica di Tom Waits e l’atmosfera è cupa: non è di sicuro l’incipit ideale per un film comico, e infatti Comedians non lo è, perché l’ultima fatica di Gabriele Salvatores è un film sulla comicità. Una comicità spiegata, sezionata e vista da due punti opposti: quella del maestro Barni per il quale una battuta deve “illuminare lo spettatore” e deve essere libera da paure, pregiudizi e volgarità, e quella del cinico Bernardo Celli per il quale i comici non devono essere dei filosofi, né tantomeno profondi, perché il pubblico cerca la leggerezza e perché “due risate sono meglio di una”. Divisi tra queste due teorie i sei aspiranti comici arrancano, appaiono da subito come dei “clown tristi”, arrabbiati, frustrati e non hanno la forza catartica che spesso la comicità nasconde dietro battute e situazioni esilaranti. Nemmeno il personaggio dell’outsider, Giulio Zappa, le quali esibizioni si avvicinano più al Teatro dell’assurdo, riesce a scuotere e a raccontare onestamente il presente come il film, almeno sulla carta, tenta di fare.
Comedians di Salvatores ha un’ironia tiepida e non efficace
Il testo di Griffiths riadattato da Salvatores strappa poche risate – a parte un clamoroso botta e risposta tra Balasso e De Sica – e appare “datato”, anacronistico, con pochi riferimenti alla realtà, tanto che spesso viene da chiedersi durante la visione del film in quale epoca vivano i protagonisti dei quali si capisce poco del vissuto che è solo accennato, seppellito da una raffica di battute deboli e da un’ironia tiepida. Gli stessi interpreti, in primis il duo comico Ale e Franz (loro sì, che fanno ridere e riflettere), sono sacrificati dai loro personaggi poco caratterizzati e verso i quali è difficile provare empatia, nemmeno, per esempio, per l’imbranato muratore pugliese stanco di tirare a campare e che rincorre da tempo l’occasione della vita.
Per rispondere alla domanda iniziale, se c’è una lezione che si può imparare da Comedians, e non purtroppo da quella del maestro Eddie Barni che appare come un manuale “stanco” di citazioni, è che la comicità non si può spiegare, ma può essere solo diretta, attuale, incendiaria.