Companion: recensione del film di Drew Hancock

Companion, regia di Drew Hancock, con Sophie Thatcher e Jack Quaid, è un horror fantascientifico dagli accenti satirici che parla di relazioni umane, d'amore, di verità e menzogna. Dal 30 gennaio 2025 in sala.

La prima cosa da dire su Companion è che non è facile da etichettare; è un buon punto di partenza. Scritto e diretto da Drew Hancock, in sala in Italia dal 30 gennaio 2025 per Warner Bros. Pictures Italia, il film corre sul filo di un citazionismo (cinematografico e non, anche letterario) piuttosto dettagliato per raccontarci una storia sospesa tra puro spettacolo, riflessione e lavoro sui generi. È fantascienza, è thriller, ha una propulsione sadica e sanguinolenta che lo avvicina al perimetro dell’horror – anche se di horror standard non si può parlare – ma è anche e soprattutto un’emblematica, perversamente ironica, commedia sentimentale. Fatica a tenere insieme tutto, si vedrà poi il perché, ma non è trascurabile e ha un bel cast: Sophie Thatcher (Yellowjackets), Jack Quaid (The Boys), Rupert Friend, Megan Suri, Lukas Gage e Harvey Guillén.

Companion: non è la solita storia d’amore

Companion; cinematographe.it

Il dove e il quando di Companion sono volutamente fuori fuoco. Lo spettatore deve accontentarsi del poco che riceve, quanto a informazioni, ma non è un problema perché basta per stare al passo del film e delle sue ambizioni, più solide sulla carta che nell’esecuzione (ma questa è un’altra storia). Companion coltiva l’idea di un futuro non troppo lontano – dall’asettica, retrò e soffocante eleganza –e tecnologicamente evoluto, che parla alle paure del nostro presente. Un futuro popolato da macchine, talmente perfette da rimpiazzare l’uomo e oltretutto con una certa difficoltà nel distinguere le prime dai secondi. Questo è il tempo del film. Lo spazio è una casa elegante da qualche parte nei boschi. L’isolamento serve alla storia per preservare la paura, la suspense, la graffiante ironia, e conservarne intatta la purezza.

La villa appartiene a un riccone russo molto equivoco, Sergey (Ruper Friend). Ha organizzato un weekend di svago in compagnia dell’amante Kat (Megan Suri) e di due coppie: Eli (Harvey Guillén) e Patrick (Lukas Gage), Iris (Sophie Thatcher) e Josh (Jack Quaid). Il film è la storia di Iris e Josh, soprattutto di Iris. Il primo incontro, il tenero imbarazzo, la fiducia in un amore che saprà superare qualsiasi prova, il sesso: c’è proprio tutto. Iris è una persona ragionevole, pulita. Il suo sentimento non è un compromesso, ama con trasporto e sincerità. Non sa come affrontare i dubbi e le doppie verità del suo ragazzo, perché è diversa da lui. Letteralmente.

Companion poggia il suo racconto – ibrido nei temi, fluido nella forma, maliziosamente divertito – su un colpo di scena veicolato con studiata noncuranza per massimizzarne l’effetto: Iris non è una di noi. È un robot, modellato sui gusti, gli orientamenti e le preferenze degli umani cui dovrà dedicarsi anima e corpo. Un altro modo di dirlo è che Iris è una macchina del sesso, una schiava tecnologicamente sofisticata, ignara della sua condizione (l’acquisizione di consapevolezza è la molla che ne scatena la volontà di emancipazione) e modellata per non sopraffare volontà e desideri del partner. La ragazza finisce tra le mani del creativo e moralmente ambiguo Josh, che ha mire criminali e ne hackera le abilità per farle fare il lavoro sporco al posto suo. Le cose non andranno come sperava il disonesto boyfriend. Iris prende coscienza di sé e del mondo che la circonda e comincia una singolare, violenta, autoironica lotta per l’emancipazione.

Premesse e risultato finale non combaciano del tutto

Companion cinematographe.it

La città delle mogli (romanzo) incontra Io, robot (romanzo) che incontra Westworld (film e serie Tv) che incontra… la commedia sentimentale tipo. C’è un bel frullato di influenze a strutturare temi e arco narrativo di Companion. Il film è sempre in bilico tra atmosfere e suggestioni tipiche di un cinema di genere intelligente e provocatorio (anni ’70 o giù di lì) e pretese spettacolari più superficiali e innocue, in una parola dannatamente moderne. Drew Hancock scrive e dirige un horror, uno sci-fi distopico, un date movie satirico dalla doppia morale.

Ambizioso nelle premesse, perché non è da tutti usare le forme e l’accattivante (specie per un pubblico giovane) appeal del cinema d’intrattenimento per parlare di emancipazione (sentimentale e non), dello squilibrio di potere inerente a ogni relazione, del rapporto uomo-macchina e della distinzione, filosoficamente centrale e molto ambigua, tra realtà e artificio. Timido e un po’ inconcludente nei risultati, perché oltre l’azione stereotipata – non è questo il punto, per il film, e il difetto si perdona facilmente – e un ritmo discontinuo, Companion non ha interesse a sviluppare le sue riflessioni. In parte è prevedibile, considerando la spettacolarità della proposta; colpisce comunque l’indisponibilità a lavorare sull’ambiziosa premessa per valorizzarne il potenziale drammatico. Sarebbe a dire, tutto quello che dalla premessa si può tirare fuori per costruire una buona storia.

Companion è un film anacronistico nel richiamo a un cinema e a una letteratura capaci di coniugare genere e riflessione, moderno nella riluttanza a offrire al suo pubblico qualcosa di più di un intrattenimento autoindulgente. C’è molto, nel film, di didascalico e bidimensionale, e poche occasioni (il robot che “gioca” con le sue abilità per tirarsi fuori dai guai) in cui si ha davvero voglia di usare l’alterità di Iris – non è umana e le sue emozioni hanno una purezza e un’integrità che contrastano con il cinismo e la doppiezza di chi le sta intorno – per costruire una storia originale, popolare nella vocazione allo spettacolo, intelligente nel pensiero e ambiziosa nelle pretese. L’eleganza della confezione, il suggestivo ponte tra ansie del presente e la fotografia di un distopico futuro, la riflessione su amore, potere e realtà, cedono il passo a un intrattenimento che si tradisce un po’. Un film solido e frustrante, perché sceglie di limitarsi pur potendo fare altrimenti.

Companion: valutazione e conclusione

C’è una bella alchimia tra la rassicurante esteriorità e la dolce insicurezza di Sophie Thatcher – man mano lascia spazio a una padronanza e un controllo della situazione sempre più marcato – e l’apparentemente innocua goffaggine di un Jack Quaid qui in versione maschio tossico, immaturo e dalla mente fervida. Companion e Drew Hancock sfruttano l’ingegnosa premessa per quello che può offrire a un livello puramente superficiale; il risultato è un film coraggioso a monte ma timoroso a valle. L’intrattenimento è di buona qualità, l’idea di fondo apprezzabile, ma la partita (cinematografica) tra riflessione e spettacolo si conclude con una limpida vittoria per il secondo. Servirebbe maggiore equilibrio, a volte un buon pareggio è tutto quel che serve.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.6