Venezia 80 – Con la grazia di un Dio: recensione del film di Alessandro Roia
La recensione dell’opera prima di Alessandro Roia, interpretata da Tommaso Ragno e Maya Sansa. Presentata alle Giornate degli Autori della Mostra del Cinema di Venezia 2023.
Anche il nome di Alessandro Roia si va ad aggiungere a quelli presenti nella lunghissima lista di attori e attrici passati dietro la macchina da presa. Dopo avere vestito e svestito i panni di moltissimi personaggi del piccolo e grande schermo, tra cui quelli del Dandi in Romanzo criminale – La serie al quale deve la sua notorietà, il richiamo irresistibile delle sirene lo ha spinto a tentare all’età di 45 anni l’avventura della regia. Bisogna vedere però se si è trattato di una parentesi oppure se questa andrà avanti nel tempo. Nel frattempo l’attore capitolino ha messo la sua firma in testa ai credits di Con la grazia di un Dio, il cui battesimo di fuoco in attesa dell’uscita nelle sale è andato in scena nel programma delle Giornate degli Autori della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia 2023.
Con la grazia di un Dio è la storia di un uomo tormentato e solitario in cerca di vendetta tra i carrugi di Genova
A differenza di tanti che lo hanno preceduto, Roia ha deciso di sfuggire volutamente – e aggiungiamo saggiamente – alla tentazione di ritagliarsi una parte, grande o piccola che sia, nel cast della sua opera prima. Ha potuto dunque concentrarsi interamente sulla direzione e ancora prima sul lavoro di scrittura, portato a termine con Ivano Fachin, recitativamente parlando a professionisti di comprovata esperienza come Maya Sansa, Sergio Romano e Tommaso Ragno. A quest’ultimo ha affidato il protagonista, tale Luca, un uomo dalla natura tormentata e solitaria che dopo venticinque anni di assenza torna nella città natale, Genova, per partecipare ai funerali di un suo amico d’infanzia. Ma mentre tutti i restanti compagni sono convinti che il defunto sia stato vittima di una vita fatta di eccessi che non gli ha lasciato via d’uscita, l’uomo comincia invece a indagare per capire cosa sia realmente accaduto, riportando alla luce fantasmi del passato e una verità scomoda difficile da digerire. Intorno tutto è cambiato almeno quanto lui, compreso il ponte Morandi che ora non c’è più.
Un dramma sotto le cui mentite spoglie emergono i temi e gli stilemi del noir, del revenge movie e del gangster movie
I caruggi della città ligure fanno da cornice a un dramma sotto le cui mentite spoglie emergono con lo scorrere dei minuti temi e stilemi del noir, piuttosto che del revenge movie e del gangster movie. Ed è con e attraverso i codici dei suddetti generi che l’autore costruisce un film dalla natura derivativa tanto nella costruzione quanto negli sviluppi. Il ché lascia presagire dinamiche interne al racconto, disegno dei personaggi principali e secondari, ma anche epiloghi delle one-lines verticali e orizzontali prevedibili e che non lasciano nessun margine a spunti di originalità. La mente del fruitore non a caso viene invasa dal primo all’ultimo fotogramma utile a una miriade di opere che seguono il medesimo copione, percorrendo con la bussola puntate traiettorie narrative e drammaturgiche ampiamente codificate, più volte rimpastate, che appartengono a una letteratura di genere che ha le proprie radici sepolte nella notte dei tempi. Ecco perché lo script di Con la grazia di un Dio, il cui baricentro ruota intorno alla storia di un uomo che “come Achille porta la guerra”, incapace di esprimere i propri sentimenti e costretto a scandagliare l’oscurità che, come tutti noi, si porta dentro, assomiglia tanto e troppo a molto altro. L’elenco in tal senso è vastissimo, con le analogie con film come The City of Violence spuntano come funghi nella memoria degli abituali frequentatori del thriller dalle tinte forti. La cosa di per sé non è da condannare, semmai è l’assenza di qualcosa che possa quantomeno personalizzare l’opera sul versante della scrittura e non farla sembrare un clone che depotenzializza lo sforzo intellettuale, creativo e anche produttivo.
Tommaso Ragno e il resto del cast provano con la loro esperienza a dare spessore ai rispettivi personaggi
Ragno dal canto suo, così come i compagni di set, ce la mettono tutta per alzare il livello e dare spessore emotivo ai rispettivi personaggi, anch’essi modellati per l’occasione rispetto a figure ricorrenti in plot come quelli di Con la grazia di un Dio. In loro, così come in chi li ha diretti, si leggono buone intenzioni e tanta voglia di dare a un’opera che suo e nostro malgrado è costretta a rimanere a malapena a galla, aggrappandosi a quei pochi efficaci momenti di tensione che le impediscono di inabissarsi.
Con la grazia di un Dio: valutazione e conclusione
Dopo diverse esperienze sul grande e piccolo schermo anche Alessandro Roia tenta la strada della regia, una strada che nel suo caso si rivela piuttosto tortuosa. Lo fa con un’opera prima che si alimenta dei codici di genere per raccontare la storia di un ritorno e di una vendetta, quella di un Achille dei giorni nostri di porta “guerra” e scompiglio laddove mancava da decenni. Il risultato è decisamente derivativo, tanto e troppo simile a film che hanno percorso prima le medesime traiettorie narrative e drammaturgiche. L’assenza di qualcosa di personale confina l’esito nel già visto, il ché rende il tutto prevedibile e scontato nella risoluzione. Poche emozioni e tensione centellinata per un dramma vestito da revenge movie e gangster movie che non va oltre la superficie. Il resto è una confezione tecnica basic, ampiamente nella norma, mentre Tommaso Ragno per quello che può tenta con la sua innegabile bravura e il supporto di spalle di valore come Maya Sansa e Sergio Romano, di dare più spessore possibile e sfumature a personaggi altrimenti bidimensionali.