Confessioni di una ragazza invisibile: recensione del film Netflix
Dopo Cenerentola Pop, Ricchi d’amore e Diario segreto di un viaggio a New York, il regista brasiliano Bruno Garotti dirige ancora una volta per Netflix un racconto adolescenziale su una quindicenne vittima di bullismo che ancora fatica ad accettarsi. Confessioni di una ragazza invisibile è disponibile dal 22 settembre.
Tratto dal romanzo omonimo di Thalita Rebouças, prolifica scrittrice di libri per adolescenti, nella vita anche giornalista, presentatrice di programmi tv e volto noto del Brasile pop contemporaneo, Confessioni di una ragazza invisibile è la storia imperfetta di un inizio graduale al passaggio all’età adulta, con protagonista una giovane nerd e impacciata interpretata dalla giovane attrice Klara Castanho.
Confessioni di una ragazza invisibile: trama del quarto film diretto per Netflix da Bruno Garotti
Disponibile su Netflix a partire dal 22 settembre, il film diretto da Bruno Garotti (Cenerentola Pop, Ricchi d’amore e Diario segreto di un viaggio a New York) trova in Tetê l’occasione per riposizionare lo sguardo della commedia teen sulla ragazza meno popolare della scuola, trasferitasi a Copacabana in seguito alla disoccupazione del padre e costretta a convivere coi nonni materni in un appartamento ricolmo di oggetti e di invadenza famigliare. Beffeggiata a scuola per l’origine del suo nome e per le continue figuracce vista la sua insicurezza, a casa la quindicenne avverte il peso dei continui commenti sul suo aspetto poco curato: idiosincratica all’epilazione e riluttante alla piastra per capelli, Tetê si guarda allo specchio chiedendosi perché non sia fra le persone normali, ancora ignara che quella agognata ‘normalità’, in verità, è un concetto tutt’altro che risolutivo.
Sguardo pop sulla ragazza meno popolare
Avanzando con ritmo incalzante e trovate visive come lo split-screen e le grafiche social che irrompono nel realismo naturale della vita quotidiana, Confessioni di una ragazza invisibile non ha la forza straniante e brutale dell’esordio alla regia di Bo Burnham Eight Grade nel mettere in scena le sofferenze odierne della vita ai margini della popolarità, costruendo invece un racconto autoironico e divertito su una giovane donna e i suoi amici outcast Davi e Zeca ‒ rispettivamente interpretati da Gabriel Lima e Marcus Bessa ‒ fra innamoramenti trasognati sul bello della scuola e una festa in stile anni sessanta che rivelerà agli occhi di tutti il vero carattere di Valentina (Júlia Gomes), la bionda e perfida reginetta della scuola.
Mancate occasioni seriali e l’abbraccio finale di Confessioni di una ragazza invisibile
Nonostante giochi molto con alcuni stereotipi fisici e caratteriali di protagonisti di tale filone narrativo, il film di Garotti concentra in novantadue minuti il materiale che avrebbe potuto svilupparsi in una serie tv da almeno dieci episodi, dando così l’opportunità di scandagliare l’interiorità e le esperienze di Tetê, in aggiunta ad una caratterizzazione più approfondita dei tanti personaggi in campo. Limitando l’esposizione al lungometraggio infatti, si ha come la sensazione di un’occasione frettolosa di racconto standardizzato, lasciando inesplorate molte strade alternative che nella serialità a puntate avrebbero avuto una presa maggiore con la fetta di pubblico yound adults a cui il libro scritto dalla Rebouças si riferisce.
Confessioni di una ragazza invisibile rimane allora un film sulla superfice ma non superficiale, una storia personale dalla potenzialità universali, capace di coinvolgere temi urgenti e già sondati negli ultimi anni quali il bullismo scolastico e le diversità, concedendosi momenti di leggerezza ed un finale pacificatorio, per nulla riverso alla vendetta ma alla condivisione di un momento di vita irripetibile capace di gesti visibili di coraggio.