Conversazioni atomiche: recensione del film di Felice Farina
Conversazioni Atomiche è una docu-comedy, interessante e a tratti complessa, in cui però si sorride, grazie all'inclinazione naturale di Farina per l'ironia.
“Alla fine di tutto la scienza sarà l’atto più elegante che ci lasceremo alle spalle” queste sono le parole che troneggiano sul manifesto di Conversazioni atomiche, il documentario di Felice Farina, distribuito da Istituto Luce Cinecittà, che prende la forma di commedia scientifica in cui il regista Farina e Nicola (Nicholas Di Valerio), il suo cine-operatore, fanno un viaggio alla scoperta della “scienza italiana” per comprendere argomenti spesso difficili, per alcuni a tratti anche noiosi, per altri estremamente affascinanti. Infatti l’opera di Farina più che sviscerare le teorie conversa su di esse con gli esperti come per entrare, a poco a poco, all’interno di una materia spesso ostica. Elementi fondamentali per fare ciò sono il lavoro fatto con la musica, il forte carisma di Farina che non si tira mai indietro (si presta a fare da cavia, quando manca il volontario, nei test di carattere cognitivo), il rapporto tra lui e Nicola, che rappresenta chi capisce poco della materia ma che poi ammette, “forse sto incominciando a capire”.
Conversazioni atomiche: il racconto di un atto d’amore
Conversazioni Atomiche è una sorta di atto d’amore da parte di un uomo alla scienza di cui subisce da sempre il fascino. Questo è un “road movie” in cui il regista tenta di rendere comprensibili e interessanti argomenti che vanno dalle particelle ai buchi neri, dal concetto di relatività a quello di tempo, passando dalla teoria dei quanti alla gravità einsteiniana, in modo da farli propri, facendo in un certo senso divulgazione scientifica.
Il regista si comporta come uno scienziato galileiano che osserva per poi trarre e far trarre le conclusioni, che tutela e esalta l’attività di ricerca, elemento importante, fondamentale per una società. Ciò che colpisce e che vuole mostrare agli altri è quel mix di competenza e passione che emerge da ogni parola, da ogni spiegazione, da ogni gesto di coloro che Farina interroga. Segue il lavoro di ricerca con certosina attenzione, dal di dentro, come esso si attua quotidianamente, nei laboratori, nelle control room degli acceleratori, nelle aule delle università. Mette al centro la pazienza di chi deve attendere, dare tempo, vedere il fenomeno, analizzare e ricominciare tutto da capo, si focalizza sul rigore quello del ricercatore che ama il suo lavoro e non si stanca mai; rigore a cui si collega l’entusiasmo che galvanizza e sprona.
Conversazioni atomiche: il “non si sa” che emerge con forza
Farina usa i “suoi” ricercatori per donare a chi guarda concetti, almeno quelli base, di varie parole chiave della scienza, della fisica, sicuramente non semplici da comprendere senza una mano che accompagni, concetti che devono far parte delle “conoscenze” perché determinano una prospettiva differente.
Conversazioni atomiche lavora intorno a ciò che non si sa, a ciò che sembra impossibile comprendere, eppure alla fine, senza sforzi si viene catapultati in un mondo di elettroni e positroni, di particelle e di buchi neri, tra corpi celesti e “luoghi” mai visti e mai conosciuti, e ad un certo punto si capisce che a tenere insieme il tutto, a svelare ciò che è tenuto nascosto è il ragionamento deduttivo a cui si abbina la necessaria audacia della mente che fa collegamenti ed è in grado di andare oltre.
Conversazioni atomiche: una docu-comedy interessante che squarcia il velo della diffidente ritrosia
Conversazioni Atomiche, impreziosito da filmati d’archivio, da disegni che spiegano il tema trattato di volta in volta, si costruisce su un triplo binario che ha una direzione unica e chiara: aprire dei varchi nella mente dello spettatore; il primo è rappresentato da Nicola che è noi, ancora distaccati da ciò che stiamo per imparare, il secondo è Farina, già avvezzo alla materia, che fa domande per comprendere e capire qualcosa in più e dare una risposta ai propri dubbi e infine gli esperti che con slancio aprono le porte per entrare in un mondo ricco e speciale. Tutto ciò quindi si realizza intorno a tre dinamiche: quella tra Farina e Nicola che diventa un po’ quella tra un “padre” e un figlio che si annoia di fronte alla “pagina” da studiare, quella tra Farina e i ricercatori che vede da una parte chi fa le domande giuste e dall’altra chi risponde nella maniera più semplice e “pop” possibile e infine quella tra Nicola con la sua telecamera – il giovane oltre a guardare con sguardo spaventato, stupito, affascinato, arriva anche a porre domande (chiede se un asteroide potrebbe distruggere la terra) – e i ricercatori.
Anche per questo Conversazioni Atomiche è una docu-comedy, interessante e a tratti complessa, in cui però si sorride, grazie all’inclinazione naturale di Farina per l’ironia, il tono di voce, le espressioni del volto, le battute, l’uso della musica, come già detto; il regista sceglie una strada insolita per un documentario che comunque non lascia indifferente lo spettatore che come un astronauta nell’universo deve adattarsi alla navicella (la materia) perdendo un po’ del vecchio sé (che era meno consapevole) e conquistando nuove “qualità” (nuove nozioni). Dunque chi guarda, a poco a poco, lascia da parte le chiusure per acquisire inediti rudimenti di discipline complesse e spesso ostiche.