TFF36 – Copia originale (Can You Ever Forgive Me?): recensione
Melissa McCarthy si lancia in una prova inedita: è la protagonista del biopic Copia originale, un film divertente e toccante.
Farsi conoscere è sempre la qualità più ragguardevole in qualsiasi mestiere. Avere talento, certo, è importante. Ma è poi una componente così fondamentale? Copia originale – Can You Ever Forgive Me? nella versione americana – è la risposta che tutti i sognatori non vorrebbero conoscere e il piacere di chi sa fare dell’ambizione la sua virtù principale. Tratto da una storia vera, in quei primi anni Novanta di una New York che pullula di circoli intellettuali e cacciatori di fama più che di dote, il film di Marielle Heller narra della parentesi galeotta della scrittrice Lee Israel, che di apparire non ha mai avuto desiderio, ma di poter vivere del proprio dono sì.
In tempo di crisi, lavorativa e umana, le biografie pubblicate della donna non hanno l’appeal giusto per i gusti snobistici e divinatori degli editori di Manhattan, che preferiscono vendere le stelle della carta stampata piuttosto che porre attenzione sulle capacità dei propri scrittori. Non che la Israel avesse, in tutto questo, l’atteggiamento giusto. Indisposta e scontrosa, Lee si rifugia nella propria miserevole condizione di vita rifiutando ogni minimo suggerimento datole, vuoi perché troppo distante dalla sua visione ideale della letteratura, vuoi perché bloccata nella sua armatura caustica e velenosa, costruita proprio per far in modo da non poter mai esporsi alle benché minime critiche. Non che già non ne ricevesse, ma il mettersi a nudo in quella maniera potrebbe solo peggiorare le sue cose.
Copia originale – Il talento sotto mentite soglie di Lee Israel
Basato su eventi reali, riportati dalla scrittrice stessa nell’omonima nell’autobiografia del 2008, Copia originale sono i sotterfugi per allontanarsi tanto dagli altri quanto da sé. Una personalità che mise il suo talento a disposizione sotto mentite spoglie e, non ultimo, intraprese la via dell’illegalità per riuscire a pagare l’affitto a fine mese. Un film ironico sulla figura scostante della donna, che si mette in scena con l’appiglio tagliente e sincero che ha caratterizzato la vita della scrittrice. Nonché irriverente come le memorie da cui è tratto, dietro cui la Israel non ha più potuto nascondersi.
È il 1991 e Lee Israel (Melissa McCarthy) non sta messa affatto bene. Le sue biografie hanno avuto successo, ma il tempo passa e con lui le preferenze del pubblico, il che fa intendere alla donna che probabilmente nessuno potrà interessarsi alla sua nuova opera su Fanny Brice. Come se, comunque, riuscisse a completarla. In preda ai debiti e senza il supporto della sua agente, Lee troverà il modo per guadagnarsi momentaneamente da vivere, entrando nel mercato del collezionismo e falsificando lettere di personaggi ben noti. Un rientro di denaro che le era davvero necessario, nonché un riconoscimento indiretto verso il contenuto di quelle lettere, che non può che considerare altro se non tanti suoi piccoli capolavori.
Copia originale – L’ottima scrittrice criminale di Melissa McCarthy
Sfatta, alcolizzata e poco incline all’igiene: nei panni – a volte parecchio sporchi – di Lee Israel ecco una Melissa McCarthy che, con sorpresa, ci apre al suo lato duro e, senza alcuno sforzo, drammatico. Un aspetto della propria sfera di abilità che sembra essere rimasto nascosto quasi al pari della bravura della Israel, che la McCarthy interpreta non perdendo quella vena naturale di comicità che l’ha accompagnata fino ad ora nella sua carriera. Se inizialmente la protagonista sembra perfetta per rientrare nei canoni che noi tutti le riconosciamo, viste le continue battute amare e l’atteggiamento sarcastico che contraddistingueva Lee dal giro degli scrittori di quelli anni, osserviamo come poi l’interprete si immerga con vulnerabilità nei momenti di debolezza della scrittrice statunitense. La toccante manifestazione di una sensibilità più lontana dall’attrice, che invece riporta tutta la solitudine, l’indignazione e i muri innalzati dalla letterata criminale. Ottima in contrapposizione con la verve effemminata e fanciullesca del compare Richard E. Grant, omosessuale libertino e stralunato che conquista con la sua inaffidabile personalità.
Una riflessione su cosa comporta il talento e il coraggio che ci vuole per mostrarlo. Di mantenere il proprio orgoglio, ma sapendolo modellare, adattandolo alle condizioni indicate, ma permettendo comunque, al mondo, di far conoscere il proprio nome. Contraffare le lettere non era certo il sogno di Lee Israel, per quanto le abbiano data molta più soddisfazione di quanto siano riuscite a fare la biografie. Ma attraverso l’inganno seppe che avrebbe potuto farcela senza eclissarsi dietro a nessun altra firma e, soprattutto, persona. E, dopo questa sua digressione criminosa, aveva anche la storia giusta con cui farlo. Divertente, corrosiva e personale.
Copia originale (Can You Ever Forgive Me?) è in uscita nelle sale italiane dal 28 febbraio 2019 con 20th Century Fox.