Cannes 2021 – Cow: recensione del film di Andrea Arnold
Andrea Arnold mette alla prova gli spettatori con un documentario ricco di riflessioni.
Il Festival di Cannes 2021 inaugura una nuova sezione, Cannes Première, dedicata a quei film che pur non rientrando nella selezione ufficiale meritano comunque un posto d’onore sulla Croisette. Tra questi titoli troviamo l’ultima creazione di Andrea Arnold: Cow, un documentario su una mucca alle prese con le ultime maternità della sua vita. Descrivere Cow a parole non è semplice, non si tratta di un documentario su un animale o di un approfondimento sugli allevamenti dei bovini. Si tratta piuttosto di un esperimento filmico in cui gli uomini sono tagliati fuori dallo schermo sebbene decidano, di fatto, ogni aspetto della vita di Luma, la mucca protagonista, e delle sue compagne di vita. Definire Luma come protagonista del film non è certo un azzardo, perché è in lei che il pubblico è chiamato a immedesimarsi, è lei al centro della scena e nessun altro, è lei a parlare agli spettatori con i suoi occhi. Gli sguardi e i richiami quando viene separata dai figli appena nati, il fastidio delle visite veterinarie, la sofferenza nei movimenti più semplici per i suoi acciacchi dovuti all’età.
Una mucca in maternità è la protagonista di Cow, il film di Andrea Arnold
Cow guida il pubblico verso Luma, lo porta vicino a lei e lo fa affezionare. Tutta l’operazione narrativa riesce in buona parte grazie a come Andrea Arnold tratta le immagini, riproponendo cioè il suo stile inconfondibile e un linguaggio visivo e musicale afferente più propriamente al film di finzione. Potrebbe far sorridere parlare di quanto si possa essere toccati da un film di un’ora e quaranta minuti interamente centrato su una mucca, ma tant’è, alla fine dei conti Andrea Arnold ce l’ha fatta ancora, facendoci ritrovare gli sguardi persi e lo spaesamento dei suoi personaggi più ionici, anche nei primissimi piani di Luma. Quello che colpisce è infatti quanto la regista abbia saputo includere il suo stile cinematografico in ambito documentario, tanto che, piuttosto che definirsi una ripresa della realtà, Cow trova comprensione nella definizione di film incentrato sullo sguardo di una mucca sul mondo. Un mondo che, forzatamente, risulta limitato a routine quotidiane e a gabbie più o meno strette a seconda del compito da svolgere, uno scorcio di realtà da cui è possibile solo intravedere con molta immaginazione tutti gli spazi aperti che le sono preclusi.
Cow propone un legame con un mondo che ci sembra molto più lontano di quanto non sia veramente.
Andrea Arnold permea di riflessioni le immagini di Cow lasciando al pubblico la possibilità (in realtà un veemente invito) a individuare i punti di contatto tra sé e l’animale al centro della scena. E questo avviene in maniera fluida e naturale, senza bisogno di forzature, guidati appunto dal percorso per noi predisposto da parte della regista stessa. Inevitabile dunque soffrire insieme a Luma, affidarsi alle mani dei suoi allevatori insieme a lei, cercando di comprendere ogni scelta presa al suo posto, anche quando determinante per il corso della sua vita. Dalla Star di American honey a Luma di Cow il passo è relativamente breve, essendo riuscita a riproporre nello sguardo di quest’ultima tutte quelle sensazioni di paura e timore che avevamo amato in Star, uno spaesamento senza sollievo, che si risolve in un susseguirsi infinito di operazioni da fare e da ripetere senza avere realmente modo di capirne i meccanismi e le motivazioni. Andrea Arnold si diverte a mettere alla prova il suo stile cinematografico e i suoi spettatori, rivelando che con i film si può giocare e riuscire a trasmettere qualcosa anche proponendo un mezzo improbabile.