Crash: recensione del film di Cronenberg

Dal 16 luglio Crash, il controverso film del regista canadese David Cronenberg, torna al cinema in versione restaurata in 4K. Una pellicola dal fascino perverso, un film disturbante sulle psicopatologie della mente umana.

Con la riapertura delle sale cinematografiche sono diversi i film che stanno tornando ancora una volta sul grande schermo per la gioia dei fan nostalgici e di chi magari non aveva avuto occasione di godersi un certo film nel buio della sala. Il prossimo 16 luglio è la volta di Crash, che ha debuttato al cinema nel 1996 diretto dal regista David Cronenberg. Un grande ritorno in versione restaurata in 4K per un film dal fascino decisamente controverso.

Crash: la trama

James (James Spader) e Catherine Ballard (Deborah Unger) sono una coppia con un matrimonio che si potrebbe definire “aperto”. Lui è un produttore cinematografico e lei un aspirante pilota di aerei che alimentano la passione all’interno del loro matrimonio concedendosi rapporti sessuali al di fuori della coppia e scambiandosi i dettagli di queste performance nella loro intimità per un sadico piacere. Un giorno James ha un incidente frontale piuttosto brusco che lo manda in ospedale con multipli ferite a una gamba, mentre delle due persone coinvolte nell’altra automobile una perde la vita. Si tratta del marito di Helen (Holly Hunter), una donna che James incrocia nella corsia dell’ospedale dove sono stati ricoverati. Quel giorno, però, James fa anche un altro strano incontro con un uomo dal volto pieno di cicatrici che mostra un certo interesse per la sua gamba malconcia. Poco tempo dopo essere stato dimesso, James si reca al luogo dove hanno tenuto la sua macchina dopo l’incidente e lì incontra Helen: lui le dà un passaggio e per poco non rischia di fare un altro incidente, ma i due sono attratti l’uno dall’altra in modo inspiegabile e sono anche in un certo qual modo eccitati dal pericolo della guida. Dopo un rapporto sessuale intenso consumato nella vettura, Helen porta James ad assistere a un insolito spettacolo: si tratta di Vaughan (Elias Koteas), lo stesso uomo che James aveva visto in ospedale, un uomo che si diverte e intrattiene il pubblico con uno show – illegale – in cui mette in scena famosi incidenti stradali, come quello che uccise James Dean. Dall’incontro con Vaughan, James e la moglie verranno trascinati in una sorta di setta di persone dedite a una particolare perversione sessuale: tutti sono accomunati dal sinistro feticismo sessuale per gli incidenti stradali e per la lacerazione della carne.

Crash Film Cronenberg Cinematographe.it

Il perverso gioco di Eros e Thanatos in Crash

Tratto dal romanzo omonimo di James Graham Ballard, Crash è un film controverso ma affascinante – nonostante sia proprio il fascino che esercita ad essere disturbante. Al centro della storia ci sono dei personaggi affetti da una “psicopatologia”, come loro stessi la definiscono, piuttosto insolita e distante dalle perversioni sessuali più note. Innanzitutto, James e la moglie sono una coppia atipica, tanto dipendente dal sesso da avere relazioni extra coniugali come una qualsiasi altra attività all’ordine del giorno. Al tempo stesso, questa perversione che condividono ne esalta la distanza interiore: il loro è un rapporto estremamente freddo, fatto di frasi lapidarie e di scambi di avventure erotiche vuote e fine a se stesse, così come fine a se stessi sono i rapporti sessuali tra i due, consumati nel letto coniugale senza nemmeno guardarsi negli occhi. In breve questa attrazione per il sesso che li spinge ad andare oltre la loro unione li farà cadere nella trappola psicologica di un gruppo di persone – di cui Vaughan è una sorta di mentore, di guru – che hanno sublimato il feticismo sessuale nell’attrazione per le macchine e per la mutilazione carnale. Questo è ciò che rende particolarmente disturbante Crash, il fatto che sia estremamente difficile empatizzare con i giochi sessuali macabri dei protagonisti. Dopo la scena iniziale che vede Catherine toccare con il seno nudo il metallo freddo dell’aereo, non è poi così facile trovare altrettanto eccitanti le scene più estreme in cui l’eccitazione dei protagonisti scaturisce dal metallo che dilania i loro corpi resi informi e disarmonici dalle cicatrici della pelle. Cronenberg mette in scena il gioco tra Eros e Thanatos e questa continua pulsione tra vita e morte che Ballard ha descritto nel romanzo – quasi autobiografico, tanto da aver dato al protagonista il suo nome – e lo fa con il suo gusto per l’eccesso e per l’esplorazione delle nuove tecnologie e del loro impatto sulla vita degli uomini portando avanti un’analisi già condotta in Videodrome. Il sesso in Crash non è tuttavia pornografico come ci si sarebbe aspettato dopo aver letto l’intenso romanzo di Ballard, ma al contrario prende dall’osmosi con le macchine la freddezza che lo spoglia di erotismo e lo sublima a un’asettica esperienza.

Crash di David Cronenberg Cinematographe.it

Un sapiente lavoro di regia e fotografia

David Cronenberg si approccia a Crash con una regia particolarmente posata, lenta, che non disdegna continui piano sequenza seppur brevi. Con uno sguardo voyeuristico la macchina da presa segue gli attori girando loro intorno senza stacchi di montaggio, magari riprendendo la scena da un punto fisso che pian piano si avvicina ai personaggi in maniera graduale e mai invasiva. La macchina da presa in Crash è un terzo occhio complice del gioco sessuale del gruppo, una sorta di voyeur tramite cui siamo noi stessi spettatori del loro vortice di passioni sfrenate e sinistre. Un lavoro di regia interessante, mai banale come in qualunque altra opera di Cronenberg che sa dare un tocco di eleganza a un film così compulsivo. La fotografia di Peter Suschitzky ha una duplice veste: più calda quando le luci si posano sui volti umani e quando illuminano i loro corpi e invece estremamente fredda, tendente ai toni dell’azzurro, quando si tratta del metallo e delle automobili. In generale, l’atmosfera è alquanto glaciale nonostante il genere erotico sia quello definito “hot” per eccellenza. Il lavoro della fotografia in questo senso non fa che evidenziare quel freddo vuoto interiore che caratterizza le menti dei personaggi, un vuoto incolmabile che mai potrà essere sanato da qualsivoglia feticcio. Inquietanti e stranianti sono le musiche di Howard Shore che coglie nel senso l’atmosfera giusta a far da sottofondo a questa macabra danza tra Eros e Thanatos. All’altezza delle aspettative è la recitazione degli attori, un cast quanto mai azzeccato con una Rosanna Arquette che nei panni di Gabrielle ricorda un po’ Rose Mcgowan in Grindhouse – Planet Terror.  Un film probabilmente difficile da amare, non uno di quei titoli che vi farà uscire dalla sala dicendo “mi è piaciuto” o meno, piuttosto una pellicola che vi lascerà con un senso di inquieta incertezza e che vi darà a pensare per un po’ prima di poterne apprezzare le finezze tecniche oltre il soggetto. Crash è un film da masticare e poi digerire.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.6