Creed II – recensione del film

Creed II mette in scena lo scontro, i legami familiari e la solitudine del combattente; insistendo sull'iter della resistenza caro alla saga con Stallone, dimostrandosi per certi versi addirittura superiore ai film di Rocky Balboa.

Torna Adonis Creed (Micheal B. Jordan), torna il suo mentore e maestro Rocky Balboa (Sylvester Stallone), torna la fidanzata Bianca (Tessa Thompson), la madre adottiva Mary Ann Creed (Phylicia Rashad), e soprattutto dal profondo passato di Rocky, riemerge il cupo e gigantesco Ivan Drago (Dolph Lundgren), in cerca di vendetta che spera di avere grazie al figlio, il rabbioso e possente Viktor (Florian Munteanu).
Tornano quindi i match, gli allenamenti, gli sguardi di sfida, il ricordarsi perché si sta su quel ring, i drammi ed i fantasmi di un passato che, come sempre nella saga di Rocky e pure nel primo Creed, inseguono i protagonisti e ne assediano il futuro.
Tutto questo e molto di più vi aspetta in Creed II, Diretto da Steven Caple Jr., con una sceneggiatura che è firmata dallo stesso Stallone e da Juel Taylor. 

Creed II – gli eredi di Apollo Creed e Ivan Drago sul ring

Creed II comincia tre anni dopo il match di Adonis contro Ricky Conlan, nel quale il figlio del leggendario Apollo, pur perdendo, aveva fatto capire a tutti di possedere cuore, grinta e talento. Ora, ecco Adonis impegnato in un match valevole per la corona di Campione Mondiale dei Pesi Massimi contro l’imbattuto e rinomato Danny “Stuntman” Wheeler (André Ward). Adonis lo batte, con Rocky al suo angolo e Bianca a sostenerlo, con in fan in delirio, con la sua vita che finalmente sembra aver preso la direzione che lui ha sempre sognato.
Ma in Ucraina, a Kiev, il promoter e organizzatore Buddy Marcell (Russell Hornsby), scruta un giovane gigante dal pugno adamantino e dalla forza titanica. Si chiama Viktor Drago, è il figlio di quell’Ivan Drago che tolse la vita al padre di Adonis, diventò eroe per l’Urss, salvo poi perdere tutto a seguito della sconfitta patita contro Rocky in madre patria.
Scacciati e abbandonati da tutti, poveri, disperati, Ivan e Viktor si allenano assieme, vivono assieme, faticano assieme nella parte più fatiscente della capitale ucraina, con il vecchio campione che guida l’erede in una carriera da peso massimo vincente ma anonima.
Marcell intuisce la volontà di rivalsa e riscatto dei due Drago e getta il guanto di sfida ad un Creed che dovrà fare i conti con ciò che è diventato, ciò che era e capire se e quanto tenga ancora a quel ring e al suo nome.

Con la regia di Steven Caple Jr. il percorso di Adonis in Creed II fa un triplo salto in avanti

Creed II Cinematographe.it

Diretto in modo impeccabile dal giovane Caple Jr., la cui regia capitalizza uno script assolutamente originale, profondo e distante dai cliché di genere, Creed II fa fare al percorso di Adonis Creed un triplo salto in avanti, lo coinvolge in una storia che ne sublima più che la figura di pugile, quella di uomo, di anima persa costretta a confrontarsi con i fantasmi di una vita mai avuta. Creed II è quindi un film sulla memoria, su come il passato ci condizioni nel nostro percorso di vita ben più di quanto sovente vorremmo; e di quanto a volte sia pericoloso farci influenzare dal suo canto da sirena.
Stallone con la sceneggiatura compie l’interessante e riuscita operazione di porre tutti i personaggi sostanzialmente sullo stesso piano, tutti accomunati da un’identica situazione esistenziale: la solitudine. Sono soli i pugili sul ring, ma anche fuori dal ring, sono soli i loro maestri, le donne della loro vita (madri, fidanzate, mogli che qui hanno una presenza più limitata rispetto al passato), sono soli i guerrieri quando vincono e a maggior ragione quando perdono.

Nessun film, fino ad oggi, aveva mostrato in modo così spietato la solitudine del combattente dentro e fuori dal ring e soprattutto ne aveva gettato la luce su cosa passa un guerriero dopo una sconfitta. “Si è soli e bagnati” spiegava Muhammad Alì, e Creed II ce lo mostra, getta luce sul devastante impatto che ha una sconfitta per chi si allena solo e sempre per vincere, in uno sport dove tutto, nel bene e nel male, appartiene solo ed esclusivamente ad un uomo.
“Quando due pugili salgono sul ring, uno solo merita di vincere” diceva Mike Tyson “Quando sali sul ring devi convincerti che sei tu a meritare di vincere. Devi sapere che il destino ti deve una vittoria perché ti sei allenato più del tuo avversario, hai lavorato di più con il tuo sparring partner, hai fatto più footing, ti sei alzato prima”.
Non fanno male solo le arcate distrutte, i nasi fracassati, la costole in frantumi quindi, ma soprattutto l’aver faticato per niente, il sentirsi falliti, senza scopo. I dubbi, le paure, il corpo che va ricostruito insieme alla mente, all’autostima… tutto questo Creed II ce lo mostra in modo perfetto. Superiore anche a ciò che la saga di Rocky Balboa ci ha donato.

Creed II e la solitudine del combattente

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Creed II parla però anche di altro, parla del maturare, del prendersi una responsabilità, di capire che non conta solo il traguardo ma il percorso che si è fatto, porta ad un livello inedito in questa saga spin-off, il concetto di cambiamento. Non siamo mai ciò che eravamo, bene o male cambiamo, negli anni diamo sempre meno peso a certe cose e sempre più ad altre. Ribellarsi a questo non serve.
Oltre a questa tematica, vi sono disegnate con mano aggraziata quelle della paternità, della vendetta, del perdono, del sangue che chiama sangue fin dall’alba dei tempi. Il tutto al servizio dell’ennesimo (ma proprio per questo da sempre amato dal pubblico) iter di allenamento che anche qui è adattamento, scoperta di qualità e virtù sconosciute al protagonista.

Rocky verrà coinvolto in prima persona da un Ivan Drago invecchiato, ingrigito, incattivito, e dovrà guidare l’allievo contro un avversario che, a ben vedere, risulta forse il personaggio più interessante di tutto il film.
Perché, a dispetto della grande abilità, intensità e umanità portate da Micheal B. Jordan al suo Adonis, per lunghi momenti il vero dominatore della scene è proprio Viktor, nel quale Stallone ha sapientemente riversato gran parte di quelle caratteristiche che aveva il suo eroe agli fine degli anni ’70, più diverse in comune con altri personaggi epici della saga del pugile di una Philadelphia, che qui non è più la sola protagonista, anzi non lo è la città ma lo è la palestra, la casa, il deserto, sia esso quello fatiscente dell’est Europa o quello del Nevada.

Florian Munteanu: il vero dominatore di Creed II, molto più simile a Rocky di quanto lo sia Adonis

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Viktor porta con sé una rabbia ed uno stile di combattimento aggressivo ma inconsueto propri di Clubber Lang, la stazza e la potenza del padre, ridotto qui a relitto sopravvissuto alla propria debacle, ma anche un’immaturità, un bisogno di successo e riconoscimenti materiali che per certi versi lo ricollegano anche a Tommy Gun.
Ma, ed è questo il fatto incredibile, è anche molto più simile a Rocky di quanto lo sia Adonis, visto il suo essere solo, povero, disgraziato, disprezzato da tutti, persino da quella spietata madre (una rediviva Brigitte Nielsen) per la quale o si torna con lo scudo oppure si può anche evitare di tornarci sopra.
Eppure si scopre coraggioso, deciso a non mollare, pronto a morire su quel ring piuttosto che a fallire e perdere la sua possibilità di riscatto. Così come era Rocky.
Sorprendente la chimica tra il pugile amatoriale Munteanu e un Lundgren viscerale e dolente, che mettono in scena un rapporto padre e figlio tra i più veri e realistici per ciò che riguarda il mondo della boxe, così com’è per chi la conosce storicamente.
La loro fragilità, la loro disperazione e pena vengono esaltate mano a mano in un film che ha le migliori scene di combattimento (intese come realistiche e tecniche) mai create nelle due saghe precedenti, per quanto alla fin fine pure questo Creed II non sia esente da difetti.

Creed II, al netto dei difetti, continua a insegnare che l’importante non è vincere, ma resistere ai colpi

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A voler essere pignoli, Micheal B. Jordan è ben poco credibile fisicamente come peso massimo al giorno d’oggi, distante da quel gigantismo dell’est Europa che proprio Rocky IV (con l’apparire del colossale Ivan Drago) anticipò ben prima che i colossali fratelli Klitschko (loro veramente ucraini, pazzesca profezia cinematografica) dominassero la categoria negli ultimi 15 anni. Oggi come oggi i pesi massimi sono praticamente tutti sopra il metro e novantatre, molti sui due metri abbondanti e quasi tutti sopra i 110 chili.
Lasciare il tutto tra i massimi leggeri (come nel primo Creed) avrebbe donato quel grammo di verosimiglianza in più che male non fa.
Forse Stallone si è fatto prendere un po’ la mano, così come si è dilungato un po’ troppo nello script sulle dinamiche familiari, rendendo il film forse venti minuti più lungo di quanto doveva essere. La parte sonora poi, da sempre il pezzo forte per la saga, è qui abbastanza sottotono.

Ma si tratta di peccati veniali ed in fondo perdonabili ad un film intenso, intelligente, mai bolso o retorico, anzi anti-retorico, che sovverte il vecchio principio dell’American Dream come successo materiale e continua con il sottolineare una visione della vita come sfida non nel colpire ma nel rialzarsi, rimettersi in gioco, resistere a ciò che la sorte ti scaglia addosso.
Paradossalmente se vi sarà un seguito, privo di Rocky Balboa come ha anticipato Stallone, più che il nero Adonis il pubblico forse vorrà rivedere proprio Viktor. Ma questo, se mai avverrà, sarà un’altra storia.

Creed II, distribuito da Warner Bros., è al cinema dal 24 gennaio 2019.

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Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 3.5

3.5