Cry Macho – Ritorno a casa: recensione del film di e con Clint Eastwood

Una ex star di rodeo, un ragazzo scapestrato e... un gallo da combattimento: il nuovo film di Clint Eastwood è una parabola sulla redenzione e sull'importanza della semplicità.

Quante volte, nel corso degli ultimi quindici anni, abbiamo deciso che la carriera di Clint Eastwood fosse giunta al capolinea? Sicuramente con l’accoppiata Invictus – L’invincibile (2009) e Hereafter (2010), arrivati dopo Gran Torino (2008) e ritenute all’unanimità opere minori; ma anche in seguito all’uscita di Jersey Boys (2014), in cui l’impronta del cineasta sembrava totalmente assente. Clint, però, ci ha sempre smentiti, continuando a realizzare lavori potenti e pienamente consapevoli. Film in grado, più di ogni altra cosa, di riflettere con disincanto sul suo stesso statuto di artista.
Ci ritroviamo così a pensare a Cry Macho – Ritorno a casa come al capitolo conclusivo di una sorta di trilogia, formata dal sopraccitato Gran Torino e da The Mule – Il corriere (2018). Tutte pellicole in cui il Nostro si mette orgogliosamente in scena, mostrando senza filtri l’invecchiamento del suo corpo sempre più fragile. E Cry Macho finisce per essere esattamente come il suo autore: un prodotto fragilissimo, ostinato e saggio, che chiede al pubblico una essenziale scelta di campo, nel momento in cui attraversa con noncuranza una serie di non trascurabili vuoti di sceneggiatura e incoerenze narrative.

Cry Macho: come destrutturare un’icona (e vivere felici)

Cry Macho - Cinematographe.itTratto da un romanzo di Nathan Richard Nash del 1975, Cry Macho è rimasto per oltre 40 anni un progetto cinematografico in qualche modo “maledetto”, passato persino tra le mani di Arnold Schwarzenegger (che nel 2004 dovette abbandonare l’idea a causa dello scandalo che portò al divorzio da sua moglie). Lo stesso Eastwood ci aveva già provato nel 1988, rinunciando all’ultimo perché impegnato sul set di Scommessa con la morte. Un adattamento spinoso, modellato oggi dallo sceneggiatore di fiducia Nick Schenk sulla figura di Eastwood. La storia è poco più che un pretesto: il cowboy tutto d’un pezzo Mike Milo deve attraversare il confine dal Texas al Messico e recuperare Rafo, il figlio tredicenne ribelle del suo boss, salvandolo dalle grinfie di sua madre Leta, che lo vuole con sé per semplice ripicca, ignorandolo del tutto.

Il viaggio prevede anche la presenza del gallo da combattimento di Rafo, chiamato Macho. Davanti ai nostri occhi si srotola un delicato road movie, un western sentimentale oltraggiosamente datato e volutamente scadente. I personaggi sono figurine prive di spessore, ed è francamente impossibile credere sia al fatto che Clint interpreti un 70enne di cui tutte le donne si innamorano sia alla sua chimica con un ragazzino che accetta di buona lena tutti i suoi insegnamenti rinunciando in mezza inquadratura al presunto ruolo di sovversivo incontrollabile. Il patto che viene richiesto con lo spettatore è qui totalizzante, estremo: Cry Macho è un gioco ironico, autoreferenziale, in cui il “cavaliere solitario” smette la sua armatura e destruttura per intero la sua icona, la sua leggenda.

Clint Eastwood e l’etica della normalità

Cry Macho - Cinematographe.itE forse, proprio nel momento in cui abbiamo iniziato a pensare che la vena artistica di Clint non si sarebbe mai esaurita, è proprio lui a comunicarci in qualche modo la fine della sua parabola, consegnando al pubblico un prodotto tanto sbilenco e impreciso quanto crepuscolare e testamentario. Un possibile commiato riassunto già appieno nel titolo, quell’ossimorico “macho che piange” che essenzialmente sbeffeggia i topoi maschili / maschilisti che l’attore-regista una volta incarnava e a cui occasionalmente capita ancora di aggrapparsi. Non ci sono (più) stranieri senza nome, l’uomo senza macchia e senza paura che attraversa il west è un ricordo che sbiadisce all’orizzonte.

Del resto, come il protagonista ricorda spesso al ragazzo, “Tutta questa cosa del macho è sopravvalutata”. Eastwood, a 91 anni, continua a dirigersi e osservarsi, studiandosi e imparando cose nuove di sé. Non è poco, umanamente parlando; può esserlo però – per i detrattori – a livello cinematografico. Ma la limpidezza della messinscena e l’ingenuità della vicenda sono destinati comunque a spiazzare, così come la morale lineare e basilare sulla necessità delle cose semplici, e sul perseguimento di ciò che davvero vale nella vita. Si tratti anche solo di un sonnellino sotto un albero, o di un ballo con la persona di cui ci si sta innamorando.

Il film è disponibile dal 4 gennaio 2022 per l’acquisto e il noleggio su Apple TV, Amazon Prime Video, Youtube, Google Play, TIMVISION, Chili, Rakuten TV, Microsoft Film & TV e a noleggio su Sky Primafila e Mediaset Infinity.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.1