FFF20 – Dave Made a Maze: recensione del film di Bill Watterson
Dave Made a Maze è un film folle e bizzarro a metà fra fantasy, mockumentary e slasher; un labirinto di cartone in cui perdersi e ritrovarsi.
Dave Made a Maze è un film del 2017 scritto e diretto da Bill Watterson e interpretato da Meera Rohit Kumbhani, Nick Thune, Adam Busch, James Urbaniak e Scott Krinsky. Dopo le presentazioni in diversi festival degli Stati Uniti e del resto del mondo, Dave Made a Maze è arrivato anche in Italia grazie al Future Film Festival, dove è stato inserito fra i film in competizione per il Platinum Grand Prize.
Dave (Nick Thune) è un trentenne deluso e insoddisfatto, senza un lavoro e uno scopo da inseguire nella vita, con l’unico conforto della dolce e comprensiva fidanzata Annie (Meera Rohit Kumbhani). Proprio quest’ultima, dopo essersi allontanata da Dave per qualche giorno, lo trova all’interno di una piccola costruzione di cartone in mezzo al soggiorno. Con timore e apprensione, Dave le comunica di essersi smarrito all’interno di un labirinto di cartone da lui costruito, che è sfuggito al suo controllo, ingigantendosi a vista d’occhio e riempiendosi di insidie. Quello che a prima vista sembra un infantile scherzo comincia ad assumere contorni inquietanti per Annie, che raduna una squadra di coraggiosi amici per recuperare Dave. L’improvvisato gruppo di esploratori si avventura così all’interno del minaccioso labirinto, dentro cui si trovano insidie, trappole e sinistre creature.
Dave Made a Maze: un labirinto di cartone in cui perdersi e ritrovarsi
Con una delle premesse più bizzarre viste al cinema negli ultimi anni, Dave Made a Maze cattura immediatamente l’attenzione dello spettatore, trascinandolo in un vortice di umorismo e nonsense che, anche nei passaggi meno riusciti, è sostenuto da un’encomiabile capacità nel giocare con le convenzioni del cinema, con le aspettative dello spettatore e con i limitatissimi mezzi a disposizione del regista Bill Watterson (soltanto omonimo del celebre fumettista).
Quasi 3.000 metri quadri di cartone, un massimo di due stanze del labirinto in cui girare contemporaneamente e un gruppo di attori poco conosciuti ma efficaci nel conferire ai rispettivi personaggi l’umorismo necessario per sostenere un’avventurosa commedia demenziale. Questi i pochi strumenti a disposizione di Watterson, che riesce nell’impresa di mettere in scena il folle frutto della fantasia sua e di Steven Sears senza mai scadere nel ridicolo involontario, infarcendo inoltre il film di trovate narrative e soluzioni registiche tutt’altro che disprezzabili.
L’approccio a metà fra mockumentary, fantasy e slasher conferisce a Dave Made a Maze un margine di manovra pressoché infinito, e Watterson non delude le aspettative, mettendoci di fronte a una serie di gag esilaranti e al tempo stesso sorprendenti dal punto di vista visivo, che spaziano da una stanza letteralmente ricoperta di carte da gioco a corpi mozzati che spruzzano stelle filanti al posto del sangue, passando per un minotauro in carne e ossa (a cui presta il corpo il wrestler John Morrison) e per la trovata più convincente di tutte, ovvero l’improvvisa trasformazione dei personaggi in burattini di cartapesta. Fra omaggi (immancabile quello a Star Wars) e palate di umorismo demenziale, Watterson dimostra una sorprendente conoscenza del mezzo cinematografico, spiazzando continuamente lo spettatore e raggiungendo il non facile obiettivo di fare in modo che la storia e i suoi snodi fondamentali non risultino mai prevedibili o scontati.
Dave Made a Maze mostra il fianco nel momento in cui si prende eccessivamente sul serio
Dave Made a Maze mostra leggermente la corda nella seconda parte, quando una certa staticità di gag e situazioni penalizza il ritmo del film e Watterson commette l’errore di uscire dal seminato e prendersi troppo sul serio. Il risultato è una forzata e fin troppo semplicistica analisi dei giovani adulti di oggi, sempre più privi di sicurezze e punti di riferimento, con il labirinto creato da Dave che diventa al tempo stesso metafora dell’eterna impossibilità di completare qualcosa e sentirsi appagati e simbolo della fuga dalla realtà come una soluzione all’inaridimento della società contemporanea. Giusto poco prima dell’insorgere della noia, Watterson riprende il filo del racconto, conducendolo verso un finale necessariamente fantasioso e inconcludente, come le paradossali esistenze dei suoi protagonisti, per cui non possiamo fare a meno di simpatizzare e parteggiare.
Pur con qualche battuta a vuoto e un arco narrativo dei personaggi estremamente piatto, Dave Made a Maze si rivela un prodotto di puro intrattenimento scorrevole e appagante, che farà la gioia dei cinefili in cerca di visioni non convenzionali grazie alle sue trovate di indubbia efficacia, capaci di prendere il sopravvento sul racconto e celarne i più vistosi difetti. Un film che ci ricorda che la magia del cinema non sta nel budget o nei più potenti mezzi di computer grafica, ma nella capacità di sorprendere lo spettatore e di sfruttare al meglio i mezzi a propria disposizione. Un cinema fresco e sincero, che vi farà venire voglia di prendere in mano carta e forbici e costruire mondi folli e incantati in cui perdersi e ritrovarsi.