Death to 2020: recensione del mockumentary Netflix
Dai creatori di Black Mirror un Netflix Original Comedy Event sotto forma di mockumentary per ripercorrere gli highlights nefasti di un’annata da dimenticare.
Scherzarci su è per molti un modo per esorcizzare una delusione, l’arrivo di una cattiva notizia e persino un trauma. È quello che hanno provato a fare i creatori di Black Mirror con Death to 2020, un Netflix Original Comedy Event che getta uno sguardo comico su un anno che noi tutti vorremmo dimenticare il più presto possibile, cancellandolo per sempre dalla mente e dalla storia.
Death to 2020: un Netflix Original Comedy Event che getta uno sguardo comico su un anno che noi tutti vorremmo dimenticare il più presto possibile
Ma il 2020 è uno di quegli anni destinato a rimanere a lungo e impresso a caratteri cubitali nella storia e nella memoria collettiva, un anno che ha messo a dura prova l’essere umano lasciandogli addosso cicatrici indelebili e ferite ancora aperte. Motivo per cui ironizzare su un’annata come quella che ci siamo appena messi alle spalle, solo temporalmente, è un’impresa piuttosto rischiosa da portare a termine, specialmente se l’eco drammatico degli eventi che abbiamo vissuto non si è spento e difficilmente si spegnerà nel breve periodo. Di conseguenza, il progetto audiovisivo scritto e prodotta da Charlie Brooker & Co. per il broadcaster statunitense, affidato alla regia della coppia formata da Al Campbell e Alice Mathias, è paragonabile alla passeggiata di un elefante in una cristalleria. Tuttavia la folta e pluridecorata compagine britannica ha deciso di non tirarsi indietro, raccogliendo una sfida davvero titanica, di quelle dalle quali si può uscire con tutte le ossa rotte.
Le “armi” di intrattenimento di massa utilizzate in Death to 2020 sono la manipolazione dei materiali di repertorio e la satira più o meno pungente
A conti fatti le ossa sono riuscite a portarle a casa integre, anche se l’operazione in sé non ha riscosso consensi unanimi e popolari, a cominciare da quelli di una larga fetta di pubblico che non è riuscita a digerirla. Del resto, le probabilità di un rigetto erano piuttosto elevate e di questo gli autori ne erano coscienti sin dall’inizio, mettendo da parte le vicende distopiche che hanno fatto la loro fortuna. Il tentativo è passato attraverso la realizzazione di un mockumentary che ha riletto in chiave comica e fake gli highlights nefasti che hanno segnato un anno di tumulti, rivolte, rabbia, insulti, disastri e divisioni. Un anno che ci ha messo a dura prova, ma che ci ha anche insegnato un bel po’ di cose. Le “armi” di intrattenimento di massa utilizzate in Death to 2020 sono la manipolazione dei materiali di repertorio e la satira più o meno pungente, senza peli sulla lingua e politicamente scorretta, con le quali si è provato ad affondare la lama affilata dell’ironia negli occhi e nei cuori degli spettatori di turno.
Davanti alla galleria degli orrori del 2020 la voglia di scherzare passa in un battito di ciglia
Verrebbe anche da ridere in certi passaggi della timeline, ma solo quando il bersaglio di turno sono le malefatte di Donald Trump, l’election day o situazioni più soft (vedi quando la finta Regina Elisabetta II interpretata da Tracey Ullman si schiera a favore di The Crown). Quando il mirino degli autori si sposta invece sulla morte di George Floyd, sulle proteste del movimento Black Lives Matter, sugli incendi in Australia e soprattutto sulle cronache pandemiche, la voglia di ridere ti passa in un battito di ciglia. Quella che scorre sullo schermo è un’autentica galleria degli orrori che, seppur raccontata attraverso dei finti commentatori disinformati (giornalisti, professori di storia, scienziati, sociologi, youtubers, cittadini comuni e via dicendo) dietro i quali ci sono le performance di volti noti del cinema (tra cui Samuel L. Jackson, Hugh Grant e Lisa Kudrow) e la voce narrante di Laurence Fishburne, resta tale e toglie la voglia di scherzare. Se il modo di mettere in scena è dichiaratamente falso, così come il tono utilizzato e i personaggi chiamati in causa, quello che viene rievocato è tutto tranne che falso e il solo vederlo in una carrellata lunga settanta minuti fa tanto male e non fa sorridere per niente.