Dhamaka: recensione del thriller indiano Netflix
Dal 19 novembre su Netflix 2021 arriva il fiacco remake in salsa curry firmato da Ram Madhvani dell’action-thriller sudcoreano The Terror, Live.
Con Dhamaka di Ram Madhvani la flotta di produzioni indiane entrate a fare parte del catalogo di Netflix si allarga ulteriormente, dopo che il broadcaster a stelle e strisce ne ha acquisito i diritti per poi distribuirlo in direct-to-digital attraverso il proprio servizio di streaming a partire dal 19 novembre. La pellicola, infatti, originariamente era prevista in uscita nelle sale dopo l’anteprima mondiale al 52° International Film Festival of India, decisione abbandonata dai produttori lo scorso gennaio a favore del rilascio in rete a causa delle restrizioni pandemiche.
Dhamaka è un thriller esplosivo solamente nel senso letterale del termine
Scelte distributive a parte, la quarta fatica dietro la macchina da presa di Madhvani ora è a completa disposizione degli abbonati alle varie latitudini, che si trovano a fare i conti con un thriller dinamitardo nel senso letterale del termine. Partiamo dal titolo che rappresenta una vera e propria lettera d’intenti, poiché annuncia che qualcosa di esplosivo è destinato ad accadere nei cento e passa minuti a disposizione. In hindi dhamaka significa appunto esplosione, quella che ridurrà in briciole il ponte Bandra-Worli Sea Link di Mumbai, gettando nel panico l’intera città. Il tutto sotto gli occhi di un ex conduttore televisivo di nome Arjun, da qualche tempo passato alla radiofonia, che assiste impotente alla detonazione dalla finestra dello studio dal quale sta andando in onda, proprio dopo che l’attentatore aveva annunciato l’evento con una telefonata in diretta. Ma anziché rendersi utile e provare a farlo desistere, il protagonista coglie l’opportunità per provare a ottenere nuovamente la popolarità perduta. Inizia così ad intervistare l’autore del gesto, che però non ha nessuna intenzione di fermarsi.
Dhamaka altro non è che il remake in salsa curry di The Terror, Live , al quale l’autore non ha apportato nessuna modifica sostanziale degna di nota
A molti quanto narrato e mostrato dal cineasta indiano risveglierà ricordi ben precisi, legati non a un fatto di cronaca realmente accaduto, bensì a qualcosa che negli ultimi anni ha avuto modo di vedere sul grande o piccolo schermo. Non si tratta però di semplici déjà-vu o di similitudini, come quelle che si possono rintracciare nel film di Giacomo Cimini, Il talento del calabrone, nel quale un uomo a bordo di un’autobomba se ne va in giro per Milano minacciando di farsi esplodere in diretta radio. E nemmeno con altri titoli del passato come Blown Away – Follia esplosiva o Speed. La mente dello spettatore di turno dovrà, infatti, riavvolgere il nastro sino al 2013, anno in cui Kim Byung-woo firmava il suo adrenalinco e tesissimo action-thriller The Terror, Live. Se nel caso del collega italiano si poteva parlare di analogie e variazioni sul tema, al contrario per quanto concerne l’operato del sudcoreano ci si trova al cospetto di una piena compatibilità genetica dettata da corrispondenze drammaturgiche e narrative. Dhamaka altro non è che il remake in salsa curry del film made in Corea, al quale l’autore non ha apportato nessuna modifica sostanziale degna di nota.
Salvo qualche microscopica modifica che non sposta minimamente gli equilibri, il risultato è una copia sbiadita dell’originale
Svelato l’arcano, le carte in tavola sono praticamente le stesse di otto anni fa, motivo per cui la scelta non giustifica, se non commercialmente parlando, lo sforzo profuso dall’autore e dalla produzione nel decidere di riproporre la medesima storia a distanza di un arco temporale così ristretto. Critica che per quanto ci riguarda si può estendere a tante altre operazioni analoghe, a cominciare dai numerosi rifacimenti planetari più o meno fedeli di Perfetti sconosciuti, spuntati come funghi dal 2016 in poi e dei quali si poteva tranquillamente fare a meno. Proporre fotocopie con impercettibili cambiamenti come ad esempio nei remake del film di Paolo Genovese, oppure nel più recente adattamento di The Guilty, ci domandiamo veramente a cosa serva. Messi allo specchio, Dhamaka e la sua matrice sono praticamente identici, salvo qualche microscopica modifica che non sposta minimamente gli equilibri. Il tutto si riduce a uno spostamento dell’azione da Seul a Mumbai e al cast, con il divo bollywoodiano Kartik Aaryan che ha preso il posto di Ha Jung-woo nel ruolo dell’anchorman radiofonico. Niente di più e niente di meno. Il ché toglie qualsiasi interesse nei confronti del film.
Dhamaka è un mero esercizio di stile il cui peso ricade tutto sulle spalle dell’attore protagonista, il divo bollywoodiano Kartik Aaryan
Tutto si riduce a un mero esercizio di stile, tra l’altro nemmeno meritevole di segnalazione (gli effetti speciali non brillano particolarmente in termini di resa), in cui rivediamo per filo e per segno lo stesso spettacolo. Madhvani e il co-sceneggiatore Puneet Sharma si limitano a copiare l’originale, senza mettere nulla di proprio o senza nemmeno provare a inserire qualche elemento nuovo nello scontro tra il protagonista e l’attentatore. Per coloro che hanno visto The Terror, Live è tutto già scritto, compreso ovviamente l’epilogo e tutti i passaggi chiave che conducono ad esso. Quello che alla fonte era dunque un kammerspiel ansiogeno in chiave mistery ad alta tensione, costruito su un crescendo davvero coinvolgente e ricco di colpi di scena, nella versione odierna indiana perde in maniera evidente quelli che erano i suoi punti di forza. Smarriti questi lunga la strada, il resto è ricaduto tutto sulle spalle dell’interprete principale, il giovane Aaryan che, dal canto suo e nonostante l’impegno profuso, non riesce a tenere su l’intera baracca.