Diario di uno scandalo: recensione del film di Richard Eyre
In Diario di uno scandalo una particolareggiata complicità fra due insegnanti londinesi porterà a una sequela di vicissitudini che celeranno un inverosimile scandalo; a lasciare increduli sarà l’inaccettabile omertà palesata dalle due protagoniste, che sfocerà drammaticamente in un disarmante epilogo.
Una sublime rappresentazione filmica di come trasgredire possa essere un valido elemento di condivisione fra due persone fisiche; Diario di uno scandalo di Richard Eyre è il lavoro più degno sulla vulnerabilità dei sensi, sul mero rapporto di condivisione di uno scandalo, sulla quasi accettazione di una “benevola” incoscienza.
La duplice fragilità esistenziale – elemento su cui si fonda totalmente il film – porterà a un angosciante epilogo che vedrà la malsana condivisione come un vero e proprio mezzo di distruzione. La folle pretesa di un’illusoria amicizia manifestata da un’austera e solitaria Judy Dench – quasi affetta da misantropia – nei confronti di un’espansiva e seducente Cate Blanchett, totalmente succuba delle fatalità.
Attraverso una più che accettabile regia, Richard Eyre “intona” un’ode all’incoscienza più sfrenata, facendo scorrere in maniera del tutto tenue, un bieco gioco ricattatorio apparentemente inibito, solamente per dar rilievo ad una tanto insensata, quanto morbosa, complicità fra due persone che vivono una profonda depressione esistenziale.
“La disgrazia di una appaga clamorosamente l’esistenza dell’altra…”
I mezzi di seduzione in Diario di uno scandalo sono molteplici, ben congegnati e profondamente incisivi, coinvolgendo a questa distopica trasgressione lo stesso pubblico spettatore. La capacità di Eyre nel “deliziare” chi guarda attraverso una “quasi accettazione” del proibito, ottimizza notevolmente il valore intrinseco della pellicola.
Le interpretazioni di due grandi attrici assorte in una storia assolutamente fuori dal comune – romanzo di Zoe Heller adattato dal celebre sceneggiatore Patrick Marber – e il “ricamo registico” nelle quali sono “avvolte”, appagano – termine appropriato in tal caso – i cinefili più esigenti; un malsano compiacimento vero e proprio, dentro e fuori lo schermo, che riesce a “contaminare” universalmente.
Diario di uno scandalo può vantare un’incisività quasi inedita, che angoscia ma al contempo stesso intriga.
La simulazione di un’amicizia, di una confidenza del tutto macabra, la “fasulla” persistenza di un sentimentalismo che non esiste, manifestata unicamente per l’ottenimento di un interesse personale del tutto contestabile. Senza mezzi termini, con “vorace” drasticità, Eyre epiloga la vicenda, senza dare speranza a nessuna delle due protagoniste. Procrastinare il disagio esistenziale senza cessarlo se non per mezzo della tediosa e già citata incoscienza.
Il clamore con cui si accoglie il terribile concetto ideologico di questo film appare evidente. Il voler tentare di razionalizzare ciò che non potrà mai essere razionalizzato; provare a giustificare la depressione non combattendola ma alimentandola con espedienti assurdamente lesivi per qualsiasi esistenza. Diario di uno scandalo non cessa con una morale di speranza bensì con una disarmante “sconfitta”, che non vede vincitori ma solamente perdenti.
Diario di uno scandalo è un film diretto dal regista Richard Eyre. Tratto da un romanzo di Zoe Heller sceneggiato da Patrick Marber. Nel cast Cate Blanchett, Judi Dench, Michael Maloney, Tom Georgeson, Joanna Scanlan, Juno Temple, Shaun Parkes, Andrew Simpson, Bill Nighy, Philip Davis, Anne-Marie Duff.