Dolceroma: recensione del film di Fabio Resinaro

Dolceroma è al cinema dal 4 aprile con 01 Distribution: tra genere e grottesco, il film è diretto da Fabio Resinaro con Lorenzo Richelmy e Luca Barbareschi.

È evidente, siamo costantemente concentrati nel ricercare un cambiamento che possa far volgere al meglio il nostro panorama cinematografico italiano. Lo facciamo in occasione di eventi ufficiali, davanti all’ennesima commedia che la distribuzione offre alle sale, di fronte al dramma d’autore che si ripete sempre uguale nei propri silenzi e nei propri girati in interno. È giusto essere esigenti e lo è altrettanto augurarsi di proseguire su di una strada che, nell’ultimo periodo, è stata battuta non solo dalla risata all’italiana (purtroppo non quella che ci rese celebri) e dai melodrammi familiari che, comunque, trionfano al botteghino (vedi A casa tutti bene). Per questo è difficile approcciarsi a un film come Dolceroma. Molto difficile.

Le premesse ci sono tutte: portare il genere in Italia – a questo punto, potremmo cominciare a dire, rafforzarlo -, spingersi aldilà delle convenzioni imposte da schemi prestabiliti a cui devono sottostare le pellicole per poter vedere la luce e delle idee di racconto che possano permettere non solo alla parte della scrittura, ma alla stessa creatività visuale di dedicarsi a qualche respiro in più.

Dolceroma – Tra cinema, metacinema e industria dello spettacolodolceroma cinematographe.it

Un piano, dunque, di punti a favore per la pellicola di Fabio Resinaro, che si presenta singolo per l’occasione abbandonando momentaneamente il duo formato insieme all’altro Fabio, il Guaglione con cui lo scorso anno ha presentato l’avveniristico Ride, girato con sole GoPro e diretto da Jacopo Rondinelli, e con cui si è fatto conoscere alla regia e alla sceneggiatura con Mine nel 2016. Ma queste componenti non sono sufficienti nell’interezza del film, che nella propria complessità mescola una montagna russa di accadimenti, che ne disvelano ogni volta un nuovo elemento, dal più apprezzabile al meno necessario.

È tra il cinema, il metacinema, la realtà e l’industria dello spettacolo che va posizionandosi Dolceroma. Il mestiere del protagonista? Scrittore, ovviamente, declinato alla funzione di sceneggiatore quando il suo libro viene acquistato dal produttore più influente del mercato italiano. Oscar Martello (Luca Barbareschi) promette allo sprovveduto Andrea (Lorenzo Richelmy) un grandioso successo, ma toccherà al ragazzo organizzare al meglio il lancio di quello che potrebbe essere il tonfo della sua carriera, tra l’infatuazione per l’attrice protagonista Jacaranda (Valentina Bellè) e i debiti “artistici” con cui risarcire la camorra.

Dolceroma – Spingersi oltre i propri limiti. Troppo.dolceroma cinematographe.it

Se ai protagonisti nel film è richiesta una buona dose di strategia, è quest’ultima più di tutte a scricchiolare nelle dinamiche del film di Resinaro, che svolta continuamente la direzione presa per ricercare la via più adeguata, imboccando a volte quella ideale e perdendosi negli incroci più intricati in altre. È pur vero che Dolceroma persegue la regola che per tutta la pellicola si prefissano i personaggi: spingersi oltre il limite, vedere fino a dove si è disposti a rischiare per la propria riuscita. Una filosofia che si adatta precisamente al film, che preferisce mettere il turbo e sfondare fuori strada piuttosto che lasciarsi ingabbiare da sbarre prefabbricate.

Decisione più che dignitosa, in corrispondenza soprattutto a quella volontà di rinnovamento che si tenta di percorrere, e che trova la maniera di funzionare quando è il grottesco a sovrastare la storia, a visualizzare il baraccone che contiene il peggio del cinema e che alimenta la propria parte più malsana – curioso notare come il soggetto del film sia ideato proprio da una figura, Fausto Brizzi, che ha dimostrato di essere posizionata all’interno di quella porzione di spazio. Ma quando le cose, sia per l’opera che per i protagonisti, cominciano a diventare serie, è lì che il film perde quell’ironia sfrontata, che da film di potenziale trasgressione lo fa mutare in ammassamento di trovate che avrebbero dovuto avere il coraggio di finire come erano iniziate, ossia assecondandone la follia, con una spinta sull’acceleratore della cialtroneria.

Dolceroma – Tra Barbareschi e Richelmy, il dolce del film di Fabio Resinarodolceroma cinematographe.it

Un lavoro di sceneggiatura di cui va notata, però, la struttura narrativa, nella creazione di continui conflitti a mandare avanti la storia, troppo spesso basici e spesso inconsistenti nel nostro cinema, invece qui ben delineati non solo per l’appoggio che pongono sulla base del romanzo da cui si ispira, Dormiremo da vecchi di Pino Corrias, ma per i fili che li vedono collegati tra loro. Come anche è da ammirare il tratteggio dietro al personaggio del produttore Oscar Martello e la sua interpretazione da guascone che gli dà Luca Barbareschi – attore nonché produttore di Dolceroma -, di un pompaggio e una libertà tale da renderlo espressione della cinematografia romana più verace, vorace e perfettamente cafona. Così anche per Lorenzo Richelmy, all’estremo opposto del personaggio di Barbareschi eppure più simile all’uomo che nelle apparenze, un ruolo che cambia la presenza solitamente divampante dell’attore e lo costringe a una fisicità statica e paranoica, che delinea tutt’altro lato inesplorato del giovane interprete.

L’eco di un must come Boris e il riproporsi dell’utilizzo degli effetti speciali di cui Fabio Resinaro non è nuovo, ma che stavolta eccedono in un’estetica in alcuni casi troppo artefatta e poco accattivante – a fronte del montaggio di Luciana Pandolfelli, vero creatore di efficacia visiva. Dolceroma è, così, tra i tentativi meno indicativi del genere italiano. Ma, alla fine, pur sempre di tentativo si tratta.

Dolceroma, prodotto da Casanova Multimedia e Rai Cinema, sarà nelle sale dal 4 aprile, distribuito da 01 Distribution.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.5