Dolittle: recensione del film con Robert Downey Jr.
Abbandonato il ruolo di Tony Stark con Avengers: Endgame, Robert Downey Jr. viene coinvolto in un progetto che pesca a piene mani dalla serie di libri del Dottor Dolittle scritti da Hugh Lofting. Una pellicola che, inizialmente, doveva assumere contorni dark e prettamente per adulti, ma la Universal Pictures era contraria a questa operazione. Il cambio netto di tono e atmosfere ha influito pesantemente sulla fase di post-produzione e il battage pubblicitario ha cominciato a puntare i riflettori esclusivamente sull’attore di punta. Si preannunciava un disastro colossale a livello di storia proposta e resa in termini di sviluppo su schermo, ma complessivamente si tratta di una pellicola rivolta ad un pubblico di giovanissimi piacevole da seguire. Dolittle è in uscita nelle sale italiane il 30 Gennaio 2020, distribuito da Universal Pictures.
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Dolittle: una grandiosa avventura bussa alle porte del protagonista
Con una splendida sezione animata che apre il film, Dolittle ci mostra fin da subito un protagonista affranto, che piange ancora la scomparsa di sua moglie Lily (Kasia Smutniak) durante un viaggio ai confini del mondo. Viene ritratta una squadra che ha sempre rivolto attenzioni ai più disparati animali, bisognosi di compagnia e rifugio. Un intero maniero è dedicato all’accoglienza e alla cura di questi, ma il dottor John Dolittle (Robert Downey Jr.) decide di interrompere l’attività e rimanere in totale isolamento, con i suoi compagni di fiducia: il pappagallo Polynesia (Emma Thompson nel doppiaggio originale), l’orso Yoshi (John Cena), il cagnolino Jip (Tom Holland), lo struzzo Plimpton (Kumail Nanjiani) e il gorilla Chee-Chee (Rami Malek).
Dolittle (2020): guida al cast e ai doppiatori del film
Con l’arrivo di Lady Rose (Carmel Laniado) e del nuovo apprendista Tommy Stubbins (Henry Collett), il dottore si risveglia dalla sua condizione di uomo solitario e decide di intraprendere un viaggio diretto verso un’isola leggendaria, per ottenere un antidoto prezioso riservato alla Regina D’Inghilterra Victoria (Jessie Buckley), gravemente malata. Si seguiranno anche le vicende del dottor Blair Budfly (Michael Sheen), un membro della corte reale che vuole prevalere sulle ricerche di Dolittle e superarlo in ingegno attraverso la comunicazione diretta con gli animali.
Dolittle: la pellicola punta esclusivamente sulle interazioni con gli animali
Dolittle è un film che ha sofferto di molti ritocchi e modifiche in sede di sceneggiatura e nella lunga fase che segue la fine delle riprese. Il risultato è da ritenere miracoloso, per quanto discutibile a livello registico ma sopratutto di montaggio. Stephen Gaghan in cabina di regia si lascia trasportare dal coordinato team degli effetti speciali, che riempie la scena con un ampio campionario di animali esotici. Ci si affida completamente a loro e alla performance eccentrica di Robert Downey Jr. Salvato da un doppiaggio impeccabile nelle mani di Angelo Maggi, l’attore rimane ben ancorato nei suoi standard di personaggio magnetico, dalla battuta pronta e incline a infondere una vena prettamente umoristica nella trama.
L’avventura che si segue non ha uno spunto originale e non brilla per genialità e invenzioni visive degne di nota. Quello che viene mantenuto compatto è il rapporto che si evolve fra il dottor Dolittle, l’aiutante Stubbins e i teneri compagni di viaggio. Inizialmente restii a lavorare come una squadra, il film spinge i suoi interpreti a collaborare per un obiettivo comune senza lasciare indietro nessun membro chiave. Per un film chiaramente destinato ad una fascia di pubblico molto giovane, il messaggio incentrato sulla solidarietà e sull’atteggiamento di comprensione che si traduce in atto gratuito e genuino è ben inserito all’interno della narrazione.
Dolittle: nessun impronta stilistica ma tanto cuore da percepire
Viene esposta, da un punto di vista puramente critico, una battaglia intestina fra intenzioni iniziali e resa finale. L’epica avventura da trasporre con componenti horror e uno sguardo maturo ha lasciato spazio ad una transizione efficace con uno svolgimento in parte semplicistico. Si notano palesemente degli ingenti tagli per rendere il film accessibile e con tre atti ben distinti: si introduce il personaggio di Downey Jr e il conflitto interiore causato dalla scomparsa della moglie, uno spiraglio dalla quale emergere per rivolgersi non solo agli animali ma anche ai suoi simili senza toni sgarbati, e delle piccole parentesi dedicate agli irresistibili co-protagonisti, con paure da affrontare e imperfezioni da sorvolare a testa alta.
I sentimenti genuini hanno la meglio su una produzione claudicante e senza una confezione formale da premiare. La mano del regista è praticamente inesistente: non vi è alcuna impronta riconducibile al nome che troviamo in cima al progetto, Stephen Gaghan. Si tratta di una pellicola che non offre una tecnica di travolgente bellezza, né squarci visivi da ammirare. Dolittle riesce a ricomporsi grazie ad un cast d’insieme che si ritrova a dover valorizzare un copione fin troppo superficiale e mancante di svolte narrative. Un’impresa da definire titanica, che va sfociando in una rappresentazione vivace e calorosa del dottor Dolittle.