Doppio passo: recensione del film d’esordio di Lorenzo Borghini
Claudio è "il Capitano" della Carrarese, squadra appena promossa in serie B: tutto sembra perfetto per lui, ma qualcosa all'improvviso si incrina...
Doppio passo è il film drammatico che segna l’esordio al cinema del regista Lorenzo Borghini, distribuito in sala dal 12 ottobre 2023, prodotto da Garden Film in produzione con Solaria Film, in co-produzione con Nebel Productons, in collaborazione con Rai Cinema.
Il montaggio è di Theo Putzu, la fotografia di Tommaso Alvisi, mentre la sceneggiatura sempre di Borghini insieme a Cosimo Calamini.
Cosa succede in Doppio passo?
Dopo che la Carrarese Calcio è stata promossa in serie B con cinque giornate di anticipo, il suo storico capitano Claudio Russo (Giulio Beranek), noto da diversi anni come “Il Capitano” grazie alla sua grande capacità di comunicatore, decide di esaudire uno dei più grandi desideri della sua vita e apre un ristorante con sua moglie Gloria (Valeria Bilello) grazie anche all’ingente prestito del suo amico Sandro Costa (Giordano De Plano).
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Sembra tutto perfetto, quando però qualcosa si incrina: improvvisamente, a Claudio viene comunicato che la squadra non gli rinnoverà il contratto per la prossima annata perché diventato “disutile” in quanto troppo in là con gli anni per giocare ancora. Per l’ormai ex Capitano è l’inizio di un incubo, tutto sempre scivolare sempre più giù, mentre l’amico Sandro assume toni sempre più minacciosi per riavere indietro i soldi.
Area di gioco e passo falso
Doppio Passo, l’esordio alla regia di Lorenzo Borghini, sembra avere chiaro fin dall’inizio l’area in cui vuole muoversi, giocando in sottrazione e costruendo una storia che si impregna pian piano degli umori dei suoi protagonisti. Ma fin da subito qualcosa salta: perché si capisce che il film si poggia insistentemente sulle spalle del personaggio principale, restituendo allora una sorta di desertificazione emotiva dal punto di vista narrativo.
Se Beranek non si tira indietro, è la sceneggiatura che da subito mostra i suoi punti deboli, ovvero far capire dalla primissima svolta dove si andrà a parare, e sbagliare ogni colpo per dare il ritmo, sfalsando i tempi.
E allora si fa fatica a partecipare alle traversie di Claudio, tra ammiccamenti ad un’attualità stringente e drammaticamente reale e sbandamenti di genere: a furia di tenere un basso profilo, Borghini perde il filo del discorso e tutto sembra sfilacciarsi, mentre la storia va avanti per inerzia verso il buco nero che si intravede dall’inizio.
E a niente servono qualche bel passaggio, un finale interessante (un primissimo piano insitito, lunghissimo, di Beranek, che sa reggere lo sguardo in camera) e l’apparizione come al solito bollente di un sempre enorme Bebo Storti, se poi la Bilello lavora col freno a mano, le ramificazioni di trama si dissolvono e convergono verso il già visto, la noia emerge prepotente minuto dopo minuto.
“La crisi di un uomo che ha perso il lavoro”, per come lo stesso autore descrive il suo film, purtroppo allora sembra una scusa per riempire un vuoto pneumatico di sintassi, di messa in scena, di direzione degli attori.
Doppio Passo: valutazione e conclusione
Doppio Passo è un film senza infamia e senza lode e, per questo, dimenticabile. Attori così così, storia vista mille e una volta almeno da Match Point in poi, fotografia e apparato tecnico nella media: tutto piatto, tutto normale, tutto senza battiti o senza scossoni. Il tempo dei titoli di coda, e si è già dimenticato tutto.