Venezia 74 – Downsizing: recensione del film con Matt Damon
Rimpicciolire per salvare se stessi e il mondo, questo il consiglio di Downsizing, il film d'apertura del Festival di Venezia, diretto da Alexander Payne che, pur partendo col piede giusto, non soddisfa appieno le aspettative.
Venezia 74 si apre nel segno dell’attualità e dell’impegno ambientale con Downsizing (di cui potete vedere qui il trailer), favola ecologista diretta da Alexander Payne (Nebraska, Paradiso amaro) con Matt Damon come protagonista assoluto e una nutrita schiera di star del cinema e della tv (fra gli altri Christoph Waltz, Kristen Wiig, Laura Dern, Neil Patrick Harris, Udo Kier e Jason Sudeikis) a fargli da sparring partner insieme alla vietnamita Hong Chau, vera e propria sorpresa della pellicola.
Rimpicciolire per salvarsi: la favola ambientale di Downsizing
Lo spunto di partenza del film è semplice ma intrigante, e decisamente in linea con il contesto politico e ambientale in cui ci troviamo. Per contrastare la crescente sovrappopolazione e il progressivo scarseggiare delle risorse energetiche e alimentari, un pool di scienziati norvegesi mette a punto una tecnica denominata downsizing, ovvero il rimpicciolimento su base volontaria di un essere umano fino a una dimensione di pochi centimetri, con conseguente ingente risparmio in termini economici e di fabbisogno energetico mondiale.
Dopo le prime reazioni di scherno, molte persone decidono di eseguire l’intervento, organizzandosi in vere e proprie comunità di minuscoli, ovvero città efficienti e moderne lunghe pochi metri, e tessendo lodi al progetto con i loro conoscenti. Convinti dal passaparola e dall’allettante stile di vita possibile all’interno delle comunità di minuscoli, il terapista Paul Safranek (Matt Damon) e la moglie Audrey (Kristen Wiig) decidono di sottoporsi al downsizing, ma le cose prenderanno ben presto una piega peggiore di quanto preventivato.
Downsizing getta ben presto al vento le proprie ottime potenzialità
Nel corso della prima parte di film, Downsizing convince con una buona fantascienza sociale, ricca di buoni spunti comici e forte di intriganti quanto inquietanti scenari futuristici di un’umanità trasformata in persone in grado di stare sul palmo di una mano, potenzialmente non lontana da quella pensata da Richard Matheson nel suo seminale Tre millimetri al giorno.
Nell’affiancare le persone normali al crescente popolo di minuscoli, Alexander Payne getta le basi per una riflessione politica e sociale sulla diversità e sulle insidie del progresso, fortificate da un paio di scene di forte impatto visivo e da un sempre convincente Matt Damon. La seconda metà della pellicola getta però al vento le ottime potenzialità in termini di approfondimento fantascientifico e di caratterizzazione dei personaggi, afflosciandosi in una favola moralista e ricca di buoni sentimenti, che perde ben presto di vista il focus del racconto ed è resa godibile soltanto dall’ottima verve comica dei comprimari, fra i quali spiccano la già citata Hong Chau e il solito incontenibile Christoph Waltz, sempre a rischio di rimanere imprigionato nel personaggio di Hans Landa ma protagonista delle battute più riuscite e folgoranti del film.
Downsizing appassisce nel moralismo e nella celebrazione dei buoni sentimenti
Alexander Payne cede alla tentazione di mettere al fuoco tutta la carne possibile, accartocciando il racconto in un mix di catastrofismo, commedia e satira sociale, privo di una riflessione coerente e unitaria sullo situazione attuale e sul destino dell’umanità e ridotto a una sequenza di situazioni casuali e paradossali in cui viene coinvolto il protagonista. Il film scivola così sempre più dal dramma fantascientifico alla commedia, indebolito ulteriormente da qualche lungaggine di troppo e da un didascalico finale che celebra il prevedibile trionfo della retorica e dei buoni sentimenti. Nell’unica vera e sconsolata metafora di Downsizing, a rimpicciolire in maniera disarmante, oltre agli esseri umani, è lo stesso film, che, pur attestandosi su livelli più che accettabili per un prodotto di intrattenimento, si rivela una grande occasione persa per portare la riflessione cinematografica sulla situazione energetica e ambientale a un livello più alto, e quindi più utile.
Un passo indietro nella carriera di un regista come Alexander Payne, che sembra non riuscire mai a spiccare definitivamente il volo, e anche per la stessa Mostra del Cinema, che dodici mesi fa si aprì trionfalmente con La La Land.