Downton Abbey Series Finale: recensione
Dopo sei stagioni e 52 episodi, la serie british per eccellenza giunge al termine: Downton Abbey si è conclusa con il tradizionale episodio natalizio il 25 dicembre 2015. Uno special da 93 minuti, da gustare tutto d’un fiato come un film, ambientato a cavallo tra il 1925 e il 1926, che chiude brillantemente ed elegantemente le vicende della famiglia Crawley e servitù. Iniziato nel 2010, il period drama Downton Abbey ha percorso quasi 13 anni di vita inglese, partendo dall’affondamento del Titanic nel 1912, e giungendo agli anni venti, mostrando, episodio dopo episodio, i cambiamenti sociale ed economici in atto nell’Inghilterra dei primi decenni del novecento.
Il finale di Downton Abbey è speranzoso e rivolto al futuro
Lo special natalizio continua le vicende dell’episodio otto, con Mary (Michelle Dockery) che vive felicemente il suo matrimonio con Henry (Matthew Goode), mentre la sorella Edith (Laura Carmichael), dopo essere stata respinta da Bertie (Harry Hadden-Paton), per via della figlia di cui non ha mai rivelato l’esistenza, sembra essersi rassegnata a una vita infelice e solitaria. Così parte il ‘piano’ di Mary per far ricongiungere Edith con Bertie, grazie alla complicità di Henry. I due amanti si uniranno in matrimonio proprio l’ultimo dell’anno, ma non sarà l’unico lieto evento a cui assisteremo. I coniugi Crawley, Robert (Hugh Bonneville) e Cora (Elizabeth McGovern), rimangono il punto fermo di Downton Abbey. Innamorati, per il nuovo anno si augurano nuove speranze e sopratutto serenità, dato che la famiglia si è allargata. Nonna Violet (Maggie Smith) è invece il punto morale di Downton Abbey: con il suo humor sagace, restia ad accettare la modernità, sorprende il pubblico per l’ultima volta quando non giudica il suo domestico per fare il doppio lavoro di giornalista di notte e cameriere di giorno. Inoltre, Violet ha finalmente accettato Cora non solo come “l’estranea, l’americana” ma cedendole il timone della famiglia Crawley. Del resto, i tempi stanno cambiando (la prima apparizione del phon per capelli è la subplot dell’episodio).
Per quanto riguarda la servitù, dopo tante sofferenze e ansie, la felicità giunge per Anna (Joanne Froggatt), che partorisce il figlio che aspettava da Bates (Brendan Coyle) nella camera da letto di Lady Mary; invece Carson (Jim Carter), a causa dell’avanzare del Parkinson, è costretto a lasciare il proprio lavoro di maggiordomo, riconoscendo il valore di Thomas (Rob James-Collier) al quale cede il posto; il valletto ritorna così a Downton Abbey, lasciando la nuova mansione che odia. Infine Daisy (Sophie McShera) conosce finalmente cos’è l’amore, crescendo e maturando (con un taglio di capelli che lascia a desiderare).
Downton Abbey ha descritto sagacemente la differenza tra alta società e servitù, due mondi che, nel finale di serie, vanno a incontrarsi e le cui barriere vengono ormai buttate giù. Ne è un esempio lampante Lady Mary che aiuta Anna a prepararsi per il parto nella sua camera, e togliendole scarpe non si cura del fatto che lei è la padrona e l’altra la sua ancella incinta. Uno dei punti di forza della serie, d’altronde, è sempre stato questo: affrontare i cambiamenti sociali in rapporto alle relazioni tra padrone e servo. Nessun finale drammatico per chi si aspettava, ad esempio, la morte di nonna Violet (unica nota dolente è ‘solo’ la malattia di Carson), anzi Julian Fellowes opta per un finale felice, speranzoso, rivolto al futuro e alle nuove generazioni, come a ringraziare i telespettatori fedeli e a concludere degnamente il percorso straordinario di ogni personaggio. Bellissime, infine, le parole conclusive di Lady Violet che insieme alla contessa Dowager accetta finalmente il cambiamento mentre brindano al nuovo anno: “Andiamo verso il futuro, non indietro nel passato.” “Se solo ne avessimo la possibilità!”